Lombardia pronta ad impugnare l’ordinanza. I sindaci battono i pugni sul tavolo e vogliono deroghe. Da oggi, la protesta dei ristoranti che riaprono comunque.
Primi segnali di stanchezza, dopo undici mesi di restrizioni e vita stravolta. La Lombardia, in particolare, non ha preso bene la notizia del ritorno in zona rossa. Secondo il report di ministero della Salute e Istituto superiore di sanità (Iss), i dati la condannano di nuovo a misure rigorose in stile lockdown, insieme a Sicilia e Provincia autonoma di Bolzano.
«Uno scenario fortemente penalizzante – ha dichiarato il presidente della Regione, Attilio Fontana -. Darebbe un colpo devastante a una grossa fetta dell’economia lombarda». Per questo, il governatore si è detto pronto a fare ricorso contro l’ordinanza del ministero della Salute che dovrebbe sancire il ritorno al rosso per la regione.
Non c’è solo l’impugnativa di Fontana. Aria di rivolta monta anche tra i sindaci di alcune città lombarde, intenzionati a chiedere deroghe alla zona rossa. Perché la situazione dei contagi, dicono alcuni di loro, non è uniforme a livello regionale.
«La Lombardia, regione di oltre dieci milioni di abitanti, un sesto del Paese, presenta un quadro epidemiologico molto diversificato – spiega Gianluca Galimberti, sindaco di Cremona -. Ci sono situazioni provinciali di grande sofferenza e altre, come la provincia di Cremona, con indici di contagiosità al di sotto della media regionale e ancor più di quei dei territori che presentano valori superiori a duecento casi ogni centomila abitanti».
Galimberti, dunque, chiederà una deroga, per fare in modo che le aree lombarde in cui il virus corre meno siano risparmiate dalle restrizioni più dure. La lettera a Regione e Governo è già pronta, firmata da Galimberti e dai colleghi primi cittadini di Crema, Stefania Bonaldi, e di Casalmaggiore, Filippo Bongiovanni. Posizioni analoghe sono già state annunciate dai sindaci di Pavia, Fabrizio Francassi, e da quello di Bergamo, Giorgio Gori che, sebbene in quota Pd, non appoggia la decisione del Governo.
Le deroghe richieste interessano soprattutto la scuola: i sindaci chiedono di poter far riprendere ai liceali le lezioni in presenza. Vorrebbero consentire anche alle attività economiche di riprendere fiato: dunque, derogare alla norma che prevede la chiusura di bar e ristoranti in zona rossa.
A questo proposito, oggi è iniziata #ioapro1501, la protesta dei ristoratori in tutta Italia. «Disobbedienza gentile», l’hanno chiamata: c’è chi si limita a un’adesione a metà, apparecchiando simbolicamente i tavoli, ma senza servire la cena e lavorando solo con asporto e consegne; chi, invece, partecipa fino in fondo rialza la saracinesca o resta aperto anche per cena, oltre le 18.
Niente anarchia, tutt’altro. Si riapre con regole perfino più dure di quelle del Governo, come ad esempio la distanza tra i tavoli, raddoppiata rispetto alle normative (per approfondire leggi qui: Ristoranti aperti per protesta dal 15 gennaio).
Al momento, l’eco della protesta ha raggiunto soprattutto alcune regioni, come Emilia Romagna, Toscana, Marche e Lombardia. Gli organizzatori sperano che si allarghi a macchia d’olio a tutto il Paese.
Buona sera
Siamo sottoposti a un accanimento politico e abuso di potere,mirato ad alcune regioni o addirittura città,non essendoci neanche i numeri sufficienti per un emergenza,considerato che usano sempre accumulare quelli dei giorni indietro,sapendo bene che ci sono persone,ormai terrorizzate che si recano continuamente a fare i tamponi i quali non garantiscono un effettivo risultato positivo o negativo,ma le strutture ospedaliere optano per registrare ormai tutti come covid,comprese anche le altre patologie,le quali vengono innazitutto tralasciate e cosi aumentano i decessi ma non di covid i quali sono una piccolissima parte.
Stanno usando tutto questo per instaurare la dittatura,oltre che sanitaria anche militare,visto che mettono in campo anche le forze dell’ordine,la costituzione che ho ben letto,per loro ormai è carta straccia.
Saluti
Roberto