Governo: Conte ha deciso sulle dimissioni


Il premier disposto a continuare anche con maggioranza relativa. Dalle 9.30, l’appuntamento per la fiducia al Senato. Atteso lo scontro con Salvini e Renzi.
Giuseppe Conte affronta oggi dalle 9.30, per la seconda volta da quando ha iniziato la sua avventura politica a Palazzo Chigi, la sfida del Senato sulla fiducia al suo Governo. Con due certezze: la prima, che non otterrà la maggioranza assoluta ma che potrebbe sfiorarla più del previsto. La seconda: che subito dopo, l’ex alleato Italia Viva e l’opposizione intera gli chiederanno la dimissioni.
Conte, come ormai è abituato a fare, tira dritto per la sua strada. Sulla maggioranza al Senato, è convinto di non scendere dai 155 sostenitori in Aula e di poter arrivare a 158 circa, su una quota stabilita in 161 senatori per avere almeno la metà più uno dei consensi e poter governare, anche se col fiato sospeso. Se oggi la soglia richiesta fosse più bassa, sarebbe per un caso fortuito, cioè per una presenza meno numerosa di senatori in Aula. Ma ciò che conta è sapere quanto mancherà al presidente del Consiglio per arrivare ai 161 «sì».
Con quei 155-158 senatori, Conte andrebbe avanti a governare. Niente dimissioni, quindi. Sarebbe maggioranza relativa ma spererebbe di convincere ancora qualche indeciso a passare dalla sua parte. In realtà, e a sorpresa, è già successo ieri alla Camera: a Renzi è mancata la lealtà di tre deputati, visto che su 30 parlamentari di Italia Viva si sono astenuti 27.
Un episodio che, se dovesse ripetersi oggi, darebbe più fiato a Conte. Il premier, con la sua maggioranza relativa di almeno 155 senatori, darebbe vita presto al Conte ter e cederebbe la delega dei Servizi segreti, oltre ad allargare la maggioranza ai centristi che lo stanno sostenendo in questo momento così delicato.
Prima che tutto ciò accada, però, Conte deve uscire «vivo» oggi dal Senato. Soprattutto dopo aver affrontato due dei tre avversari politici più duri: dopo lo show di Giorgia Meloni ieri alla Camera, oggi i riflettori si accendono sui «due Mattei», Salvini e, soprattutto, Renzi.