Il premier ha rinfacciato a Italia Viva di non aver voluto discutere insieme, nonostante ci fossero margini per sedersi intorno a un tavolo e confrontarsi.
Dopo l’attacco di Matteo Renzi è la volta di Giuseppe Conte. Se il leader di Italia Viva vuole parlare chiaro, il presidente del Consiglio sceglie di fare altrettanto. Nella sua replica, seguita agli interventi dei senatori, prima del voto di fiducia, Conte si è soffermato a lungo su quanto recriminatogli da Renzi.
È partito dal Pil. «Non è vero che l’Italia è il Paese con il crollo più forte. I dati parlano chiaro – ha sottolineato il premier -: nel primo trimestre 2020 noi abbiamo avuto lo stesso calo della Francia, -9,5%. Ma noi eravamo già in piena pandemia, contrariamente ad altri Stati europei, dov’è arrivata dopo».
Poi, è entrato nel merito della crisi, di cui addossa ogni responsabilità a Italia Viva che, a detta sua, non ha voluto continuare a collaborare e discutere.
«Il Recovery Plan è stato elaborato durante gli incontri con i ministri, anche di Italia Viva – ha spiegato Conte -. Avremmo potuto metterci intorno a un tavolo tranquillamente. In una maggioranza si discute insieme e nessuno ha la pretesa della verità. Voi avete scelto un’altra strada: quella degli attacchi mediatici. Avete smesso di parlare dentro la maggioranza e cominciato a parlare fuori. Avete preso una strada diversa, non quella della leale collaborazione, anche se non avete mai trovato porte chiuse. Rispettiamo la scelta, ma è davvero la migliore per il Paese, come dite?».
Quanto al Mes, Conte l’ha definito «divisivo». «E comunque è contraddittorio dire alla fine che il Recovery Fund non va bene perché non prendiamo il Mes». Il presidente del Consiglio ha aggiunto che «se i numeri non ci sono, si va a casa. Ma se ci darete la fiducia andremo avanti e valuteremo come rafforzare la squadra». È qui che si è levato qualche coro di disapprovazione dall’Aula.
Alla più dura tra le accuse renziane, quella di «cambiare continuamente idea pur di non cambiare poltrona», Conte ha risposto soltanto alla fine del suo intervento. «Io non mi vergogno di dire che stiamo seduti su queste poltrone. L’importante è essere interessati a sederci con disciplina e onore».