Manovre in corso per puntellare un Esecutivo a un bivio: o si trovano nuovi appoggi oppure no. A quel punto, non ci sarebbero grandi alternative al voto.
Allargare la maggioranza è l’ultima spiaggia, dopodiché lo scenario più plausibile diventa quello delle elezioni. Il Conte-bis lotta per la sopravvivenza. Il senatore Maurizio Gasparri ha pregato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella di «non tenerlo in vita artificialmente», respingendo una sorta di accanimento terapeutico. Proprio quello che Conte & Co. vogliono evitare.
I giallorossi sanno benissimo di essere appesi a un filo sottile. Impossibile non realizzarlo dopo il voto di fiducia al Senato, al netto di ogni dichiarazione postuma e rituale di soddisfazione. Il Governo ha incassato 156 sì che diventano 153 effettivi, se si tolgono i tre voti dei senatori a vita che partecipano solo occasionalmente all’attività parlamentare.
Scivolare a oltranza sul terreno sdrucciolevole dei numeri significa non riuscire a governare e temere di essere in minoranza a ogni votazione. Dunque, via alle nuove reclute: cercansi nuovi sostenitori per comporre una quarta gamba da aggiungere a Pd, 5 Stelle e Liberi e Uguali. Via Italia Viva. O meglio: via Matteo Renzi, mentre tappeti rossi a chi da Iv vuole trasmigrare in maggioranza.
Si accettano transfughi anche dall’opposizione, dove Forza Italia appare l’anello più debole, dopo le defezioni dei giorni scorsi: col Governo hanno votato gli insospettabili Renata Polverini alla Camera e Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin al Senato.
Emorragie da cui potrebbero nascere nuovi gruppi di «costruttori», a Palazzo Madama come a Montecitorio. Ma se la Camera non preoccupa, perché lì la maggioranza assoluta c’è ancora, la priorità è il Senato: basterebbero cinque componenti di questo ramo del Parlamento, secondo Conte, per blindare l’Esecutivo. Ma bisogna accelerare: nell’opposizione, Iv in primis, è iniziata la conta in vista dell’importante appuntamento del 27 gennaio, quando il guardasigilli Alfonso Bonafede presenterà la sua relazione sulla Giustizia.
Lo stesso Bonafede per cui Renzi, già in tempi non sospetti, chiese la sfiducia. Il leader di Iv ha già annunciato che voterà contro e c’è il rischio che i suoi senatori, sommati ai voti contrari dell’opposizione, mandino il Governo in minoranza alla prova del voto.
Dunque: recuperare costruttori entro sei giorni, poi patto di legislatura e rimpasto. È la tabella di marcia che Conte spera di rispettare, come ha detto anche ieri incontrando Mattarella, perché altrimenti diventa difficile immaginare un avvenire per la sua squadra.
Goffredo Bettini, eminenza grigia del Pd e consigliere del segretario Nicola Zingaretti, sono due giorni che lo ripete, intervistato da chiunque voglia spiegazioni nette ed esaustive sul futuro prossimo: «allargare la maggioranza o elezioni, che il Pd non teme, in quanto sbocco naturale della democrazia».
A destra, invece, non solo non le temono, ma le chiedono a gran voce da mesi, visti anche i sondaggi dalla loro parte. Oggi, alle 17, tocca a Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani incontrare il capo dello Stato. Anche con lui insisteranno perché il Paese vada alle urne. Per ora, hanno anticipato che non rilasceranno dichiarazioni, ma stileranno una nota congiunta dopo l’incontro.