Al più tardi domani il premier si recherà al Colle per aprire formalmente la crisi e ricevere di nuovo l’incarico di formare un Governo «di salvezza nazionale».
Domani, martedì, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dovrebbe salire al Quirinale a consegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Conte sarebbe arrivato nella giornata di ieri a questo accordo con la nuova compagine parlamentare che lo sosterrà d’ora in avanti (lui stesso spera fino a fine legislatura).
Il Governo Conte-bis, dunque, ha le ore contate. Ma anche la rinuncia dell’avvocato alla sua carica: le dimissioni per lui avrebbero l’immediata conseguenza di ricevere nuovamente l’incarico per formare il Conte-ter, che potrebbe già contare sull’appoggio di un nuovo gruppo di deputati e di senatori centristi e «responsabili» sotto la guida di Bruno Tabacci. In altre parole: sì ad un altro Governo con Conte, ma solo dopo aver tirato una riga su quello attuale e avere voltato pagina con le dimissioni.
Il piano di Conte, comunque, è più ampio: prevede dopo le dimissioni un appello a tutti (anche al centrodestra) affinché appoggino il suo Governo «di salvezza nazionale». Va da sé che da parte di Lega e Fratelli d’Italia otterrà un secco «no». Meno scontata la risposta negativa di tutto il gruppo di Forza Italia, da dove Conte spera di pescare dei consensi.
In questo modo, peraltro, Conte vuole evitare che si ponga un’altra questione politica giovedì, quando ci sarà il voto inizialmente previsto per mercoledì sulle comunicazioni del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Un voto sul quale questa volta Italia Viva potrebbe non astenersi e su cui il Governo prenderebbe meno voti rispetto a quelli rimediati settimana scorsa per la fiducia, se è vero (come pare) che addirittura mancherebbero dei consensi verso Bonafede all’interno della stessa maggioranza.