Uno studio internazionale svela in che modo si può neutralizzare la proteina responsabile della diffusione nelle ossa delle cellule maligne del cancro.
Più di dodicimila persone, nel 2020, non ce l’hanno fatta a sconfiggere il cancro al seno. La parabola della mortalità è discendente (-0,8% ogni anno) e le aspettative di vita si sono di molto allungate, ma la ricerca va avanti per progredire ancora sul terreno delle cure.
Uno studio internazionale, cui hanno partecipato anche ricercatori italiani, va proprio in questa direzione. È stato scoperto che un anticorpo monoclonale, chiamato Volociximab, può impedire che le metastasi del tumore si diffondano alle ossa.
Si deve agire su una proteina particolare, la proteina integrina alfa5: è in gran parte da lei che dipende il processo di metastatizzazione ossea. Vuol dire che permette alle cellule maligne del cancro di espandersi nelle ossa.
Il Policlinico universitario Campus Bio-Medico, insieme ai colleghi dell’Inserm di Lione e a team di ricercatori di Amburgo e Parigi, ha fatto prima una serie di esperimenti in laboratorio, in vitro e poi in vivo.
Una volta individuata la proteina si è pensato di inibirne l’azione. In qualche modo e con le dovute proporzioni ricorda un po’ la Spike del Coronavirus: se quest’ultima è il gancio con cui il Covid si attacca alle cellule dell’organismo per infettarle, la proteina integrina alfa5 opera in modo analogo, legandosi alla fibronectina, che è un’altra proteina altamente presente nelle ossa.
«Questo “aggancio”, il primo evento che porta allo sviluppo delle metastasi, viene bloccato dal Volocixamab che si frappone alle due molecole e ferma la propagazione del tumore nell’osso – dichiara Francesco Pantano, dell’Unità di Oncologia medica del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico -. Il risultato è molto promettente anche perché il farmaco è sicuro, è già stato testato e non è tossico».
L’anticorpo monoclonale, dunque, agisce da barriera ponendo un freno a una fase della crescita del tumore. Fase decisiva, perché i processi di metastatizzazione ossea possono essere anche all’origine della recidiva, cioè della ricomparsa della malattia a distanza di anni da una terapia che aveva fatto effetto. Ecco perché bloccarli è fondamentale.