Nel 2011, mia madre ha intestato un immobile alla sottoscritta, pagandolo con degli assegni personali. Nel 2013, purtroppo è deceduta e da allora mio fratello insiste per avere ragione dei suoi diritti successori che sono stati danneggiati dalla predetta donazione. Volevo sapere a chi spetta provare che non è stata una compravendita e dopo quanto tempo scatta la prescrizione del diritto di mio fratello.
Secondo la legge, per stabilire l’ammontare ereditario, all’atto della successione di un defunto occorre considerare non soltanto i beni rimasti (ad esempio, l’abitazione di proprietà, le somme depositate sul conto corrente, etc), ma anche le donazioni compiute in vita dalla persona deceduta. Sul patrimonio così quantificato andranno, quindi, calcolate le quote dovute agli eredi.
Detto ciò, tra gli atti di liberalità in questione vi sono anche le cosiddette donazioni indirette [1].
A tal proposito, è importante precisare:
- che è tale quella di un immobile, allorquando il bene è stato acquistato utilizzando, come corrispettivo della compravendita, il denaro proveniente dal donante [2];
- che i figli del defunto devono conferire agli altri coeredi (discendenti o coniuge del deceduto) le donazioni, dirette e indirette, ricevute in vita dal genitore donante, mediante, ad esempio, imputazione alla propria quota del valore, in denaro, dell’immobile ricevuto [3].
- che anche le donazioni indirette sono soggette ad un’eventuale azione di riduzione, cioè a quel procedimento legale con il quale un erede legittimario, ad esempio un altro figlio, chiede che sia integrata la propria quota minima di eredità [4];
L’insieme delle predette regole spiega, quindi, le vicissitudini di cui parla all’interno del quesito, presumibilmente dovute al desiderio di suo fratello di ottenere la quota a lui spettante sul patrimonio ereditario della madre, evidentemente lesa dall’atto in contestazione.
A questo proposito, deve sapere:
- che è onere della parte che agisce in giudizio dimostrare i fatti che sono a fondamento della propria pretesa. Ciò vale anche nel caso in cui si intenda dimostrare il compimento di una donazione indiretta in luogo di un’ordinaria compravendita [5];
- che l’azione di riduzione, cioè quelle diretta ad accertare e riparare la lesione della quota dovuta all’erede legittimario, si prescrive in dieci anni. Essi decorrono dal momento in cui l’erede è diventato tale accettando, anche implicitamente, l’eredità [6];
- che, alla luce delle circostanze descritte in quesito, non ci sono ancora i margini per poter eccepire, efficacemente, il decorso della prescrizione del diritto vantato dalla controparte, visto che suo madre è deceduta nel 2013;
- che suo fratello ha l’onere di dimostrare che il corrispettivo per l’intestazione dell’immobile è stato versato dalla madre e non dalla sorella acquirente, ad esempio producendo la copia degli assegni oppure invocando una prova testimoniale dei fatti, ritenuta ammissibile in questi casi [7].
A questo punto, avrà sicuramente capito che il diritto di suo fratello è legittimo, non si è prescritto e, pur valutando le eventuali difficoltà che lo stesso potrebbe incontrare nel dimostrare le proprie ragioni, c’è il rischio che la domanda del medesimo possa essere riconosciuta.
Pertanto, considerando che, purtroppo, non esiste la possibilità di impedire a suo fratello di esercitare un proprio diritto e di dimostrarlo nelle sedi competenti, potrebbe non disdegnare l’opportunità di trovare un accordo con la controparte per risolvere amichevolmente la questione.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Marco Borriello
note
[1] Art. 809 cod. civ.
[2] Cass. civ. sent. n. 18541/2014
[3] Art. 737 co. 1 cod. civ.
[4] Art. 809 co. 1 cod. civ.
[5] Art. 2697 cod. civ. – Trib. di Velletri sent. n. 571/2020 – Trib. Torino, Sez. II Sent., 29/01/2018
[6] Cass. Sez. un. sent. n. 20644 del 25 ottobre 2004
[7] Cass. civ. sent. n. 1986/2016 – 19400/2019