Mantenimento figlio maggiorenne fannullone: ultime sentenze


Cassazione: orientamenti in merito alla permanenza dell’obbligo di versare gli alimenti all’ex coniuge per i figli ormai grandi.
Indice
- 1 Obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni
- 2 Obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non autonomo economicamente.
- 3 Avvio al lavoro e perdita del mantenimento
- 4 Mantenimento dei figli e legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne
- 5 Mantenimento del figlio maggiorenne: dal “diritto ad ogni possibile diritto” al principio di autoresponsabilità
- 6 Onere della prova per il mantenimento al figlio
- 7 Divorzio: limite al mantenimento del figlio maggiorenne
- 8 Diritto del figlio maggiorenne all’assegno di mantenimento dei genitori: limiti
- 9 Mantenimento per il figlio maggiorenne che abbia raggiunto la capacità lavorativa
- 10 Obbligazione gravante sui genitori al mantenimento del figlio, anche maggiorenne: ambito e limiti
Obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni
Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.
Cassazione civile sez. VI, 29/12/2020, n.29779
Obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non autonomo economicamente.
Il genitore separato è tenuto a versare il mantenimento al figlio anche una volta raggiunta la maggiore età nel caso in cui lo stesso non abbia raggiunto l’indipendenza economica per motivi non a lui addebitabili, ma anzi dia prova di starsi impegnando per il raggiungimento della propria indipendenza anche mediante l’impegno negli studi universitari.
Tribunale Napoli sez. I, 30/11/2020, n.8167
Avvio al lavoro e perdita del mantenimento
L’ingresso effettivo del figlio maggiorenne nel mondo del lavoro, con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavorativa a rendimenti crescenti, segna la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l’eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento.
Tribunale Salerno sez. I, 03/09/2020, n.2106
Mantenimento dei figli e legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne
In tema di mantenimento dei figli, la legittimazione del genitore convivente con il figlio maggiorenne, essendo fondata sulla continuità dei doveri gravanti su uno dei genitori nella persistenza della situazione di convivenza, concorre con la diversa legittimazione del figlio, che trova invece fondamento nella titolarità del diritto al mantenimento, sicché i problemi determinati dalla coesistenza di entrambe le legittimazioni si risolvono sulla base dei principi dettati in tema di solidarietà attiva. Ne deriva che, nel caso in cui ad agire per ottenere dall’altro coniuge il contributo al mantenimento sia il genitore con il quale il figlio medesimo continua a vivere, non si pone una questione di integrazione del contraddittorio nei confronti del figlio diventato maggiorenne, rivelando il mancato esercizio, da parte di quest’ultimo, del diritto di agire autonomamente nei confronti del genitore con cui non vive, l’inesistenza di qualsiasi conflitto con la posizione assunta dal genitore con il quale continua a vivere.
Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, n.17380
Mantenimento del figlio maggiorenne: dal “diritto ad ogni possibile diritto” al principio di autoresponsabilità
L’obbligo di mantenimento legale della prole cessa con la maggiore età del figlio in concomitanza all’acquisto della capacità di agire e della libertà di autodeterminazione; in seguito ad essa, l’obbligo sussiste laddove stabilito dal giudice, ed è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Raggiunta la maggiore età, infatti, si presume l’idoneità al reddito, che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore.
Tra le evenienze che comportano il sorgere del diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne non autosufficiente, si pongono, fra le altre: a) la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali, pur non sfociate nei presupposti di una misura tipica di protezione degli incapaci; b) la prosecuzione di studi ultraliceali con diligenza, da cui si desuma l’esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini, che sia ancora legittimamente in corso di svolgimento, in quanto vi si dimostrino effettivo impegno ed adeguati risultati, mediante la tempestività e l’adeguatezza dei voti conseguiti negli esami del corso intrapreso; c) l’essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi, svolti dal figlio nell’ambito del ciclo di studi che il soggetto abbia reputato a sé idoneo, lasso in cui questi si sia razionalmente ed attivamente adoperato nella ricerca di un lavoro; d) la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l’effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, sia o no confacente alla propria specifica preparazione professionale. Ai fini dell’accoglimento della domanda, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Non è dunque il convenuto – soggetto passivo del rapporto – onerato della prova della raggiunta effettiva e stabile indipendenza economica del figlio, o della circostanza che questi abbia conseguito un lavoro adeguato alle aspirazioni soggettive. le concrete situazioni di vita saranno sovente ragione d’integrazione della prova presuntiva circa l’esistenza del diritto, in quanto, ad esempio, incolpevole del tutto o inesigibile sia la conquista attuale di una posizione lavorativa, che renda il figlio maggiorenne economicamente autosufficiente.
Se, pertanto, sussista una condotta caratterizzata da intenzionalità (ad es. uno stile di vita volutamente inconcludente e sregolato) o da colpa (come l’inconcludente ricerca di un lavoro protratta all’infinito e senza presa di coscienza sulle proprie reali competenze), certamente il figlio non avrà dimostrato di avere diritto al mantenimento.
Ne deriva che, in generale, la prova sarà tanto più lieve per il figlio, quanto più prossima sia la sua età a quella di un recente maggiorenne; di converso, la prova del diritto all’assegno di mantenimento sarà più gravosa, man mano che l’età del figlio aumenti, sino a configurare il “figlio adulto“, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate ed all’impegno profuso, nella ricerca, prima, di una sufficiente qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa.
Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, n.17183 [1]
Onere della prova per il mantenimento al figlio
L’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente. Ai fini dell’accoglimento della domanda, pertanto, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro.
Cassazione civile sez. I, 14/08/2020, n.17183
Divorzio: limite al mantenimento del figlio maggiorenne
Ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, il quale non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni. Pertanto, va revocato l’obbligo dei genitori di corrispondere il rispettivo contributo al mantenimento della figlia maggiorenne, fatta salva la facoltà di continuare a supportarla economicamente.
Tribunale Roma sez. I, 07/07/2020, n.9863
Diritto del figlio maggiorenne all’assegno di mantenimento dei genitori: limiti
Il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, non ha diritto all’assegno di mantenimento dei genitori se egli posto in concreto di raggiungere l’autonomia si sia rifiutato in linea con il principio di autoresponsabilità del figlio maggiorenne che non può pretendere la protrazione dell’obbligo di mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.
(Nel caso di specie, si trattava del figlio ventenne che aveva lasciato l’abitazione della madre per una forte conflittualità con quest’ultima e poiché ancora studente, aveva richiesto ed ottenuto il mantenimento).
Tribunale Palermo, 29/06/2020, n.1944
Mantenimento per il figlio maggiorenne che abbia raggiunto la capacità lavorativa
L’obbligo del mantenimento dei genitori consiste nel dovere di assicurare ai figli, anche oltre il raggiungimento della maggiore età, e in proporzione alle risorse economiche del soggetto obbligato, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente. La prova del raggiungimento di un sufficiente grado di capacità lavorativa è ricavabile anche in via presuntiva dalla formazione acquisita e dalla esistenza di un mercato del lavoro in cui essa sia spendibile.
La prova contraria non può che gravare sul figlio maggiorenne che pur avendo completato il proprio percorso formativo o avendo deciso, volontariamente, di interromperlo, non riesca ad ottenere, per fattori estranei alla sua responsabilità, una sufficiente remunerazione della propria capacità lavorativa. Anche in questa ipotesi vanno valutati una serie di fattori quali la distanza temporale dal completamento della formazione, l’età raggiunta, ovvero gli altri fattori e circostanze che incidano comunque sul tenore di vita del figlio maggiorenne e che di fatto lo rendano non più dipendente dal contributo proveniente dai genitori. Inoltre l’ingresso effettivo nel mondo del lavoro con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavorativa a rendimenti crescenti segna la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l’eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento.
Tribunale Perugia sez. I, 01/06/2020
Obbligazione gravante sui genitori al mantenimento del figlio, anche maggiorenne: ambito e limiti
L’obbligazione solidale, gravante su entrambi i genitori, al mantenimento del figlio anche se maggiorenne, sussiste fino a quando questi non abbia raggiunto un’autosufficienza economica, tale da poter provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita (nel caso di specie si trattava di una figlia e la sua qualifica di studentessa universitaria ben faceva intendere che la stessa non fosse ancora economicamente autosufficiente determinando l’obbligo in solido dei genitori di mantenerla fino a quanto la stessa non abbia raggiunto una sua autonomia economica) e tale obbligazione grava su ciascun genitore tenendo conto della situazione economica nonché della capacità patrimoniale e reddituale dei coniugi (nella specie la moglie deve partecipare alle spese per il mantenimento del figlio nella misura del 20% e il padre per il residuo 80% in ragione della maggiore capacità reddituale).
Corte appello Catanzaro sez. I, 12/05/2020, n.437
note
[1] Difformi:
Cass. civ., sez. VI, 29 ottobre 2013, n. 24424
Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2012, n. 1773
Cass. civ., sez. I, 9 maggio 2013, n. 11020
Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2011, n. 19589
Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1858
Cass. civ., sez. VI, 15 luglio 2020, n. 21752