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Rottamazione: molte cartelle a rischio esclusione

28 Gennaio 2021 | Autore:
Rottamazione: molte cartelle a rischio esclusione

Gli atti impositivi emessi con procedure automatizzate sono fuori dalla definizione agevolata: ora, il contrasto passa alle Sezioni Unite della Cassazione.

Potrebbero rimanere escluse dalla rottamazione ter molte cartelle esattoriali: precisamente, tutte quelle emesse in liquidazione automatica, cioè sulla base dei dati dichiarati dal contribuente e, poi, controllati dall’Agenzia delle Entrate mediante le procedure automatizzate.

Il motivo è presto detto: grazie ai controlli automatici [1], il Fisco calcola le imposte dovute basandosi sui dati forniti direttamente dal contribuente  nella propria dichiarazione. In questi casi, l’Agenzia Entrate Riscossione si limita a quantificare l’ammontare del tributo dovuto.

Poi, se il contribuente non ha versato spontaneamente le imposte, quando l’accertamento è diventato esecutivo e si è trasformato in cartella, l’Agenzia si oppone all’accoglimento delle domande di definizione agevolata, che consentono un notevole taglio delle somme da pagare.

Molti giudici, però, la pensano diversamente. Proprio l’altro ieri, un’ordinanza della Cassazione [2] aveva dato torto all’Amministrazione finanziaria, giudicando ammissibile la rottamazione di queste cartelle perché esse hanno comunque la natura di atto impositivo.

Oggi, l’ulteriore novità: la Suprema Corte, vista la presenza di contrasti interpretativi, ha rimesso la decisione definitiva alle Sezioni Unite, ritenendo la questione «di massima importanza» [3].

Sarà così il massimo Collegio dei giudici di piazza Cavour a dire la parola fine sulla complessa vicenda, che ha una notevole portata pratica: molti contribuenti avevano fatto istanza di definizione agevolata per queste cartelle di pagamento scaturite dai controlli automatizzati ma se le sono viste respingere da Agenzia Entrate Riscossione, che ha fondato la sua tesi su alcune circolari (ma questi provvedimenti non valgono davanti al giudice).

Così questi contribuenti respinti sono stati costretti ad impugnare il diniego all’accoglimento. Altri, invece, avevano già proposto ricorso in passato avverso queste cartelle e poi avevano tentato di accedere alla rottamazione in modo da chiudere la lite, ma hanno trovato ugualmente la porta chiusa.

Il problema maggiore è in diritto, ed è dato dal fatto che la legislazione sulla terza edizione della pace fiscale [4], al pari delle precedenti, non ha espressamente previsto – ma neppure escluso – questo tipo di atti dal novero di quelli “condonabili” in definizione agevolata.

Perciò, adesso, sul punto, si registrano decisioni difformi e tra loro contrastanti a seconda dell’inquadramento che ogni giudice tributario dà alla fattispecie. E ciò ha creato un’inammissibile disparità di trattamento fra contribuenti coinvolti in situazioni del tutto analoghe.

Da qui, la decisione di una Sezione della Cassazione di fermarsi e, anziché decidere autonomamente la vicenda, rimettere la soluzione della questione alle Sezioni Unite.

Si tratta ora di colmare il vuoto che esiste tra “atti impositivi“, che implicano una rettifica dei dati dichiarati, e meri “atti di riscossione”, che si limitano a quantificare il tributo dovuto senza alcuna discrezionalità da parte dell’Amministrazione.

Il Fisco sostiene a spada tratta questa seconda interpretazione. La prima nozione, invece, è quella più favorevole ai contribuenti; a suo vantaggio, c’è il fatto che comunque queste cartelle  rappresentano il primo (e spesso l’unico) atto con cui la pretesa fiscale viene portata a conoscenza del destinatario. Dunque, equivalgono, nella sostanza, ad un vero e proprio atto impositivo. Ed allora la possibilità di sanatoria dovrebbe essere ammessa.

La decisione delle Sezioni Unite è attesa nei prossimi mesi: solo allora si conoscerà se le cartelle di pagamento emesse sulla base di procedure automatizzate possono rientrare o meno nella definizione agevolata.


note

[1] Art. 36 bis D.P.R. n. 600/1973.

[2] Cass. ord. n. 1590 del 26 gennaio 2021.

[3] Cass. Sez. V, ord. n. 1913 del 28 gennaio 2021.

[4] Art. 3 e art. 6 del D. L. n. 119/2018, conv. in Legge n. 136/2018.


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