Malattia causata dall’azienda: è fuori dal comporto


La corretta tutela del dipendente da parte del datore di lavoro può ridurre i giorni di assenza ed evitare il rischio di licenziamento.
Non vanno calcolati nel periodo di comporto i giorni di assenza per malattie causate da un comportamento aziendale, comprese quelle collegabili al datore di lavoro e non comunicate al medico aziendale o all’Inail. Lo ha stabilito il tribunale di Busto Arsizio con una recente sentenza. Se ne deduce che un dipendente non può essere licenziato se supera i limiti del comporto per questo motivo.
Come noto, il comporto è quel periodo durante il quale il dipendente in malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, dunque non può essere licenziato, a meno che alla base del provvedimento ci siano una giusta causa o la cessazione dell’attività.
La durata del comporto prevista dalla legge è di tre mesi per chi ha un’anzianità di servizio fino a 10 anni e di sei mesi in caso di anzianità superiore ai 10 anni. Tuttavia, il contratto nazionale di categoria può prevedere delle disposizioni più favorevoli al lavoratore, che prevalgono su quelle dettate dalla legge. Superati questi tempi, il lavoratore rischia il posto.
Nel caso in cui un lavoratore debba restare a casa per una malattia contratta a causa di una condotta aziendale sbagliata, la durata del periodo di comporto può essere superata senza che il dipendente rischi il licenziamento. È il caso di chi costringe il personale a fare quotidianamente parecchie ore di straordinario, oppure a svolgere delle mansioni in modo insano, di chi non controlla che vengano osservate le misure di sicurezza in azienda, ecc. Nel caso specifico esaminato dal tribunale varesino, si trattava di un dipendente a cui era stato chiesto ripetutamente e continuativamente di svolgere in aeroporto le mansioni del fuori banco, cioè il controllo dell’imbarco dei passeggeri al gate, il rispetto delle code, ecc. Questo tipo di lavoro va svolto per ore solo in piedi, sia per questioni di servizio sia per motivi di immagine aziendale.
Per il giudice, il datore di lavoro non ha tutelato in modo sufficiente il lavoratore: avrebbe dovuto, infatti, alternare quella mansione con altre che non comportassero un rischio per la salute del dipendente. In questo modo, il lavoratore avrebbe potuto fare meno assenze per malattia e non avrebbe superato il limite del comporto.
Mi sembra ovvio che l’azienda debba assicurare al lavoratore tutte le misure necessarie per tutelare la sua salute. E’ impensabile che un lavoratore non abbia le attrezzature per prevenire gli infortuni sul lavoro. E magari il lavoratore si ammala per le mancanze del datore e poi gli vanno a piangere anche i giorni di malattia in più. Ma sono impazziti?
Il mio capo ha sempre fatto orecchie da mercante quando gli abbiamo detto di prendere determinate misure per prevenire il rischio di infortuni finché un mio collega non si è fatto male e allora lui finalmente si è attivato ma fino a quel momento niente di niente. Noi ovviamente ci siamo rifiutati di continuare a lavorare finché non ha predisposto tutte le misure necessarie per garantirci lo svolgimento dell’attività lavorativa in totale sicurezza, perché ci siamo preoccupati molto dopo l’episodio del nostro collega