Se mancano i lavoratori dipendenti è esclusa l’autonoma organizzazione rilevante ai fini del pagamento dell’Imposta regionale sulle attività produttive.
Non è tenuto a pagare l’Irap il professionista che, nello studio, non si vale di dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato, ma ha solo praticanti.
A dirlo è stata la Cassazione con una sentenza pubblicata stamane [1].
Ecco quindi un’importante pronuncia della Suprema corte che definisce un aspetto rimasto ancora incerto all’interno dei confini sfuggevoli e indefiniti di questa stravagante imposta.
Secondo i giudici, la presenza di praticanti all’interno dello studio non è sufficiente a configurare quella “autonoma organizzazione” che è richiesta dalla legge ai fini del pagamento dell’Irap. E ciò vale anche se, in ossequio alle norme sulla deontologia, tali praticanti ricevano un compenso in denaro. La questione era già stata affrontata dalla Corte in un precedente dell’anno scorso (leggi nel box “Precedenti favorevoli”).
In verità, però, questa volta la Cassazione non fornisce una motivazione particolarmente estesa e chiara, tale almeno da dirimere ogni possibile dubbio per il futuro. A conti fatti si ha la sensazione di aver perso un’occasione d’oro per poter chiarire, una volta per tutta, gli ambiti soggettivi dell’Irap.
Certo è che si tratta già del secondo precedente, in pochi mesi, che fissa tale principio. Il che, seppur sempre soggetto a revisione, potrà far dormire sonni tranquilli i titolari di piccoli studi professionali.
Anche l’Agenzia delle Entrate [2] aveva abbracciato la stessa interpretazione riconoscendo al tirocinio prevalentemente la funzione di formare il praticante. Poi però gli uffici si erano comportati diversamente e ora la Cassazione ha risolto la contesa.
note
[1] Cass. sent. n. 2520 del 5.02.2014.
[2] Con la circolare 45/E del 2008.
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