Affidamento congiunto: diritti del genitore non affidatario


Ho una figlia di 10 anni con una donna in regime extra coniugale. Siamo separati ed io convivo stabilmente con un’altra compagna da oltre 5 anni. Pur avendo ricevuto una sentenza di affidamento congiunto, la mamma plagia la bimba esortandola a non avere alcun rapporto con i miei parenti e la mia compagnia. Sono spaventato ad affrontare una causa con lei in quanto, in sede di separazione, mi fece raggiungere da un provvedimento restrittivo nel rapporto con la bimba. Come posso risolvere?
Comprendo il Suo stato d’animo e la Sua preoccupazione nell’intraprendere un’azione legale finalizzata a salvaguardare il Suo rapporto con la figlia. Tuttavia, se manca la collaborazione della madre, non esistono altre strade, fuori dall’azione legale, per ovviare a tale problematica.
La via ibrida della stragiudiziale (diffida a firma di legale) potrebbe essere utile a dare alla madre la possibilità di ritornare sui propri passi ed evitare un’altra battaglia tra ex coniugi, che sarebbe dannosa soprattutto per Sua figlia.
Se, però, non dovesse sortire alcun effetto, allora Le consiglierei di agire in tribunale, al fine di salvaguardarsi per il futuro.
Tenga conto che occorrerà avviare il procedimento di cui all’art. 709-ter c.p.c., il quale costituisce un rimedio di natura cautelare, utile in ogni caso in cui vi sia necessità di risolvere controversie insorte tra i genitori separati in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale e delle modalità di affidamento e visita, con cui il giudice del procedimento in corso può disporre i provvedimenti ritenuti opportuni e, in caso di gravi inadempienze e di atti che arrechino pregiudizio al minore (Corte appello Venezia, 21/01/2015).
Infatti, quando il genitore non affidatario viene ostacolato nell’esercizio del diritto di visita al figlio minore, tale circostanza integra lesione di un diritto personale costituzionalmente garantito, e rappresenta un fatto costitutivo del diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, sotto l’aspetto sia del danno morale soggettivo (patema d’animo), sia dell’ulteriore pregiudizio derivante dalla privazione delle positività derivanti dal rapporto parentale.
Nel Suo caso, la ex coniuge in grave e cronica conflittualità con Lei, che anche per eccessivo, immotivato spirito di autonomia, esasperando il proprio rapporto affettivo con la figlia, trasponga nel rapporto parentale la conflittualità predetta viola gravemente i doveri parentali su di lei incombenti.
Come stabilito dalla giurisprudenza di merito, quindi, può disporsi d’ufficio la condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni dell’ex coniuge che abbia ostacolato il funzionamento dell’affidamento condiviso e la tutela della bigenitorialità, assumendo davanti al figlio minore atteggiamenti sminuenti e denigratori dell’altra figura genitoriale (Tribunale Roma, sez. I, 11/10/2016, n. 18799).
In questo caso, il giudice può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:
- ammonire il genitore inadempiente;
- disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;
- disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;
- condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Emblematica in tal senso anche la pronuncia della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo secondo cui, in situazioni come queste, i tribunali dovrebbero prendere misure più dirette e specifiche per ristabilire i contatti fra genitore e figlio (Sentenza del 29 gennaio 2013).
Tra l’altro, avendo già in mano un provvedimento giudiziale che stabilisca i giorni di affidamento paterno, il mancato adempimento di un ordine del giudice comporta la configurazione del reato di cui all’art.388 del codice penale.
Alla luce di ciò, credo che una lettera a firma di un legale, corredata da tutti questi spunti, porterebbe l’ex coniuge a riflettere sulla sua condotta illecita e ad iniziare a collaborare, anche e soprattutto per il bene della propria figlia.
Diversamente, occorrerebbe procedere con le vie più incisive.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Salvatore Cirilla