Chiusure generalizzate a livello nazionale per almeno un mese: la ricetta degli esperti Ricciardi, Palù e Crisanti al ministro della Salute e al Governo Draghi.
Forse, i sacrifici non sono ancora finiti. In queste ore, si moltiplicano le richieste di chiusure generalizzate o localizzate, da parte di scienziati ed esperti. Altro che riaperture programmate: il ritorno alla normalità è rimandato. Preoccupano la curva dei contagi, il ritardo nel programma vaccinale e l’arrivo di nuove varianti del Covid-19.
Il primo a rompere il ghiaccio è il consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi: «Serve un lockdown breve e mirato, per 2, 3 o 4 settimane, ossia per tutto il tempo necessario a riportare l’incidenza di Covid-19 al di sotto dei 50 casi per 100mila abitanti»; e, intanto, bisogna «tornare a testare e tracciare; vaccinare a tutto spiano», dice in un’intervista a Il Messaggero.
«Mi rivolgo al ministro della Salute Speranza, che ha sempre accolto i miei suggerimenti. Nel Governo precedente, però, trovava un muro, la linea di chi voleva convivere con il virus. Questo ha causato decine di migliaia di morti e affondato l’economia». Ricciardi auspica che «la strategia del nuovo Governo sia “no Covid” e ci riporti alla normalità e alla ripresa economica in tempi ragionevoli» ma segnala il pericolo della variante inglese che «si trasmette più velocemente ed è lievemente più letale», mentre quella brasiliana «può dare origine a reinfezioni».
Da qui, la richiesta di «un nuovo lockdown nazionale, come a marzo 2020», mentre «dobbiamo organizzarci per vaccinare 250-300mila persone al giorno e dobbiamo anche potenziare il sequenziamento».
Sulla stessa linea il virologo Giorgio Palù, presidente dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) che sul Corriere della Sera sottolinea: «Se terremo a bada il virus nei prossimi due, tre mesi, forse usciremo dal raggio della sua minaccia. Le infezioni respiratorie raggiungono il picco in inverno e in primavera-estate si mitigano. Dobbiamo aver fiducia! Spingendo sulle vaccinazioni e rinunciando per qualche altra settimana ad attenuazione di colori e tentazioni di riaperture».
Così per Palù «si può evitare la terza ondata. Siamo in una fase discendente della curva epidemica, anche se lenta. Non è il momento di distrazioni. Fino a che l’abbassamento dell’Rt non sarà significativo tutti noi siamo chiamati a rispettare le misure di protezione individuale ed evitare gli assembramenti». Sul pericolo delle tre varianti che stanno circolando – l’inglese, la sudafricana e la brasiliana – Palù spiega che «rendono il Sars-CoV-2 più contagioso e quindi aumentano il rischio di ricoveri in ospedale e di decessi. La preoccupazione non si può negare. Quindi andrei cauto con la ripresa di scuole superiori e università. Sarebbe ideale poter spostare il calendario in avanti, quando il quadro sarà migliore».
Rincara la dose il virologo Andrea Crisanti in un’intervista a La Stampa: «Il 20% dei contagiati presenta la variante inglese e la percentuale è destinata ad aumentare. Bisognava fare il lockdown a dicembre, prevenendo tutto questo, mentre ora siamo nei guai. Serve un lockdown duro subito, per evitare che la variante inglese diventi prevalente e per impedire che abbia effetti devastanti. E neanche zone arancioni: va chiuso tutto e va lanciato un programma nazionale di monitoraggio delle varianti».
«Dove si trovano le varianti brasiliana e sudafricana servono lockdown stile Codogno, non le zone rosse che sono troppo morbide – avverte il virologo – La Germania continua il lockdown, la Francia pure, l’Inghilterra anche, solo noi pensiamo a sciare e a mangiar fuori. Tutti vogliamo una vita normale, ma non si realizza se non si controlla la pandemia».
Sulle possibili chiusure frena, invece, l’infettivologo Matteo Bassetti: «Il lockdown nazionale è un disco rotto, ci sono altre strategie. I numeri dicono che abbiamo il 5% di positivi, la situazione non è di emergenza. Abbiamo gli strumenti per contrastare la pandemia. Se c’è un aumento dei casi e dei ricoveri si dovrà intervenire a livello locale con le chiusure», dice all’Adnkronos Salute.
Ora, bisogna vedere se nel nuovo Governo a guida Mario Draghi prevarrà la linea degli “aperturisti”, sostenuta soprattutto dal centrodestra, o quella dei “rigoristi” propugnata da buona parte della maggioranza che sosteneva anche il Governo Conte. I primi segnali arrivati fanno capire che l’Esecutivo è orientato alla massima prudenza: ieri pomeriggio, a sorpresa, ha disposto la chiusura degli impianti di sci fino al 5 marzo recependo le preoccupazioni espresse dal Comitato tecnico-scientifico e bloccando la riapertura delle piste che il precedente Governo aveva stabilito per oggi. Una scelta che ha provocato numerose proteste da parte del centrodestra e delle Regioni e che sta aprendo le prime crepe nella maggioranza.