Come gli avvocati mandano in prescrizione un processo


Estinzione dei reati per decorso del tempo: cos’è e come funziona la prescrizione penale? Come fanno i difensori a favorire i rinvii delle udienze?
La prescrizione è una causa di estinzione dei reati: trascorso un determinato periodo di tempo, il giudice non potrà fare altro che dichiarare estinto il reato e, quindi, porre fine al processo. A seguito della riforma entrata in vigore nel 2020, la portata della prescrizione è stata notevolmente ridotta, considerato che, dopo la sentenza di primo grado, un reato non può più essere prescritto. Ciò non toglie, tuttavia, che la prescrizione colpisca ancora molti processi. Secondo alcuni, la colpa di ciò sarebbe imputabile agli avvocati che, ottenendo il rinvio delle cause, favorirebbero il maturare della prescrizione. Come gli avvocati mandano in prescrizione un processo?
Sin da subito, è bene chiarire un aspetto: se in Italia tanti processi finiscono in prescrizione non è solo per via di alcune strategie difensive ma anche (e soprattutto) della lentezza della giustizia nel nostro Paese. A causa di carenza di personale (magistrati, cancellieri, giudici onorari, ecc.) e di una legge che sicuramente non favorisce la speditezza dei giudizi, spesso succede che i processi comincino quando sono già prescritti.
Secondo un calcolo effettuato qualche tempo fa dal ministero della Giustizia, in Italia, oltre il 60% dei processi penali non arriva in aula, ossia cade in prescrizione durante lo svolgimento delle indagini. In casi del genere, gli avvocati non hanno nessuna colpa, in quanto non è in loro potere incidere (se non molto marginalmente) sulla durata delle indagini preliminari. Fatta questa doverosa premessa, vediamo ora come fanno gli avvocati a far prescrivere un reato.
Indice
Prescrizione: cos’è e come funziona?
Prima di vedere come fanno gli avvocati a mandare in prescrizione un processo, è bene spiegare brevemente cos’è e come funziona la prescrizione penale.
Come anticipato in premessa, la prescrizione è una causa di estinzione dei reati: trascorso un determinato periodo di tempo senza che sia emessa una sentenza, il reato si estingue e, di conseguenza, il processo termina.
La sentenza con cui il giudice dichiara la prescrizione non è né un’assoluzione né una condanna: semplicemente, poiché è passato troppo tempo dalla commissione del crimine, non si può più procedere oltre.
Reati: dopo quanto tempo si prescrivono?
Un reato si prescrive negli stessi anni di reclusione che sono previsti come pena massima. Ad esempio, il peculato è punito con la pena massima di dieci anni e mezzo di reclusione: ciò significa che il peculato si prescriverà dopo dieci anni e mezzo.
Per legge, nessun reato si può prescrivere prima che siano trascorsi sei anni dalla data della sua commissione. Ciò significa che il furto semplice, punito con pena massima di tre anni, si prescrive in sei anni, poiché sotto questa soglia non si può scendere.
Solamente per le contravvenzioni, cioè per quei reati minori che sono puniti con l’arresto o l’ammenda (si pensi al disturbo della quiete pubblica, ad esempio), la prescrizione scatta dopo soli quattro anni dalla commissione del crimine.
I reati puniti con l’ergastolo sono invece imprescrittibili.
Prescrizione: quando si sospende?
La legge ha previsto alcune cause di sospensione della prescrizione. Di cosa si tratta? In pratica, al ricorrere di una causa di sospensione, il termine necessario a far maturare la prescrizione si blocca, per poi riprendere successivamente.
A seguito della riforma entrata in vigore nel 2020, il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna.
In pratica, una volta pronunciata la sentenza di primo grado (di assoluzione o condanna che sia), il reato non si può più prescrivere. Ciò significa che oggi, quando parliamo di prescrizione, parliamo solamente del primo grado di giudizio.
Legittimo impedimento: cos’è?
Una delle principali cause di sospensione della prescrizione è il legittimo impedimento del difensore o del suo assistito; si pensi, ad esempio, alla malattia dell’avvocato.
Nell’ipotesi di legittimo impedimento del difensore o della parte, l’udienza non può essere rinviata oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento. Nel caso in cui il rinvio sia più lungo, la sospensione della prescrizione vale solo per 60 giorni che decorrono da quando l’impedimento è cessato.
In pratica, se l’avvocato dimostra di non poter presenziare all’udienza per via di un problema di salute, il giudice potrà rinviare la causa e sospendere la prescrizione per non più di 60 giorni a partire da quando la malattia dell’avvocato sarà terminata (così come desumibile dal certificato medico presentato al giudice). Facciamo un esempio concreto.
Il 1° marzo Tizio, avvocato, fa pervenire al giudice un certificato medico da cui si evince un forte stato influenzale ritenuto dal medico guaribile in cinque giorni. Il giudice rinvia la causa al 1° settembre. La prescrizione, però, non sarà sospesa per tutto il tempo del rinvio (cioè fino al 1° settembre), ma solo per 60 giorni a decorrere dalla fine della malattia dell’avvocato (5 giorni di prognosi + 60 giorni = 65 giorni di sospensione). Il restante tempo andrà calcolato nel computo della prescrizione.
Se, invece, il giudice ritiene non legittimo l’impedimento (ad esempio, perché la richiesta di rinvio dell’avvocato non è giustificata da alcuna documentazione) allora è libero di sospendere integralmente i termini di prescrizione, cioè ben oltre i 60 giorni previsti dalla legge, fino alla celebrazione della nuova udienza.
Avvocati: come mandano in prescrizione i processi?
Come fanno gli avvocati a mandare in prescrizione i processi? Alcuni difensori, sfruttando le facoltà che la legge loro concede, cercano di far rinviare le cause per “guadagnare tempo”, sperando magari che, nel frattempo, qualche avvenimento consenta di allungare i tempi del processo. Elenchiamo alcuni degli “stratagemmi” per far prescrivere un processo.
Rinvio per legittimo impedimento dell’imputato
Come visto sopra, il legittimo impedimento del difensore o dell’imputato comporta la sospensione della prescrizione per un periodo di tempo non superiore a 60 giorni a partire dal giorno in cui l’impedimento è cessato.
L’impedimento a comparire può dunque essere addotto anche all’imputato. Ed è qui che la legge consente di ottenere un facile rinvio. Infatti, secondo l’ordinamento, è legittimo impedimento anche quello dell’imputato che presenti un certificato medico all’udienza, pur non essendo mai comparso sino a quel momento. Ciò perché, per legge, l’imputato ha sempre diritto di presenziare.
In altre parole, il rinvio della causa può essere chiesto anche dall’imputato ammalato (o impedito a comparire per qualsiasi altro motivo) che però, fino a quel momento, non ha mai mostrato alcun interesse per il processo e che “compare” per la prima volta solo per farsi rinviare la causa. Facciamo un esempio.
Caio è imputato da anni in un procedimento penale. È sempre stato assente alle udienze perché non si è mai curato della propria posizione. Proprio all’udienza finale, fa pervenire al giudice un certificato di malattia. Il magistrato non può fare altro che rinviare la causa.
Ciò significa che egli può ottenere il rinvio del processo per legittimo impedimento.
È vero che un impedimento del genere sarebbe coperto dalla sospensione ma, come visto, questa non può durare più di 60 giorni.
Ciò significa che, se il giudice rinvia l’udienza entro sessanta giorni, allora la prescrizione sarà integralmente sospesa; al contrario, se rinvia l’udienza dopo 60 giorni dalla cessazione dell’impedimento, quel tempo ulteriore servirà a far maturare la prescrizione. Ciò accade molto spesso per via dell’impossibilità dei giudici di fissare udienze a breve termine.
È anche vero, però, che ultimamente la giurisprudenza sta cercando di interpretare il legittimo impedimento in maniera molto più rigida. Di conseguenza, l’imputato che chiede il rinvio ma non adduce a sostegno della propria richiesta una valida, completa e tempestiva documentazione, potrà ottenere al massimo il rinvio dell’udienza con sospensione integrale (e non limitata a 60 giorni) della prescrizione.
L’impedimento per impegno contestuale
Un altro legittimo impedimento che spesso gli avvocati adducono per ottenere il rinvio del processo è quello del contestuale impegno dinanzi ad altro giudice.
In pratica, l’avvocato che, lo stesso giorno, deve presenziare in due tribunali diversi (ad esempio, a Napoli e a Roma in Cassazione), può chiedere il rinvio della causa. Anche in questa ipotesi, valgono le regole del legittimo impedimento visto sopra: il giudice, verificata la fondatezza dell’impossibilità dell’avvocato a presenziare, rinvia la causa e dichiara sospesa la prescrizione per 60 giorni.
Recentemente, la Corte di Cassazione [1] si è espressa in questi termini: l’avvocato che chiede il rinvio dell’udienza deve dimostrare non solo il proprio legittimo impedimento ma anche l’impossibilità di delegare un collega per svolgere la relativa attività difensiva.
In pratica, per ottenere il rinvio dell’udienza, l’avvocato deve non solo documentare il proprio impedimento (malattia, impegno contestuale, ecc.) ma deve anche dimostrare che gli è impossibile farsi sostituire da un collega per delega.
Rinvio per detenzione dell’imputato
Un altro piccolo “trucco” utilizzato dagli avvocati per ottenere il rinvio della causa e sperare nella prescrizione è quello di non comunicare tempestivamente al tribunale che il proprio assistito è detenuto per altro procedimento. Cosa significa? Come detto a proposito del legittimo impedimento, l’imputato ha sempre diritto di presenziare alle udienze che lo riguardano, anche se si trova in carcere o agli arresti domiciliari per un reato che riguarda un altro giudizio.
L’imputato che si trova ristretto non può ovviamente abbandonare la casa o fuggire dalla prigione per andare all’udienza: deve necessariamente essere autorizzato dal giudice.
Può dunque accadere che, all’udienza, l’imputato non compaia perché il tribunale non ha provveduto a scarcerarlo per l’occasione. Quando accade ciò, il giudice deve necessariamente rinviare la causa senza poter sospendere la prescrizione: si tratta, infatti, di una responsabilità della giustizia, la quale non si è informata se l’imputato fosse libero o meno.
Che colpa ha l’avvocato in tutto questo? Nessuna. Il difensore, però, è quasi sempre a conoscenza delle condizioni del proprio assistito; pertanto, se egli avesse informato tempestivamente il giudice, magari già all’udienza precedente, questi avrebbe già potuto disporre l’accompagnamento del detenuto per l’udienza successiva, evitando un nuovo rinvio.
Insomma: pur non sussistendo alcun obbligo in capo all’avvocato di informare il giudice circa le condizioni del proprio assistito, può succedere che si tenga il segreto su alcune circostanze che consentono di allungare i tempi processuali.
Rinvio per ascoltare tutti i testimoni
Uno stratagemma per portare per le lunghe il processo può essere quello di presentare al giudice una lista testimoniale praticamente infinita, composta di numerosissime persone. In questo modo, il giudice avrà bisogno di molte udienze per poter sentire tutti i testimoni, con maggiore possibilità che la prescrizione si avvicini.
Va tuttavia detto che è in potere del giudice ammettere solamente i testi più rilevanti e scartare invece quelli ininfluenti. Insomma: il giudice potrebbe tranquillamente rifiutarsi di ammettere tutti i testimoni dell’imputato.
Rinvio per assenza dei testimoni
Sempre per mezzo dei testimoni è possibile ottenere il rinvio del processo senza sospensione della prescrizione.
L’avvocato potrebbe infatti consigliare ai testimoni, regolarmente citati, di non comparire all’udienza. In questo modo, il giudice si vedrebbe costretto a rinviare la causa per assenza testi, senza sospensione dei termini di prescrizione.
È vero che si tratta di uno stratagemma pericoloso, in quanto il giudice ha facoltà di ammendare il testimone assente ingiustificato. Tuttavia, spesso i giudici tendono a non sanzionare il teste che è assente per la prima volta e, anche dopo averlo ammendato, sono soliti ritirare la sanzione se il teste compare all’udienza successiva e adduce un qualche tipo di giustificazione.
Il mancato consenso all’utilizzabilità degli atti
La legge dice che il processo penale deve iniziare e finire davanti allo stesso giudice: è diritto dell’imputato essere giudicato dalla stessa persona che ha seguito l’intero procedimento.
Per la precisione, la legge afferma che alla deliberazione della sentenza concorrono i medesimi giudici che hanno partecipato al dibattimento, a pena di nullità assoluta [2]. Si tratta del principio dell’immutabilità del giudice.
Questa regola vale anche nel caso di giudice collegiale, cioè del tribunale quando è composto di tre magistrati anziché di solo uno: è diritto dell’imputato che sia sempre lo stesso collegio a seguire tutto il processo.
A causa della durata eccessiva dei giudizi, spesso accade che il giudice che sta seguendo un processo venga trasferito altrove, ad esempio in un altro distretto oppure a svolgere una diversa funzione.
In casi del genere, se l’avvocato non presta il consenso all’utilizzabilità degli atti a seguito di modifica nella composizione del giudice, tutto ciò che è stato fatto fino a quel momento va ripetuto daccapo.
In buona sostanza, se il giudice viene cambiato dopo aver sentito i testimoni, il nuovo giudice dovrà ascoltarli nuovamente, a meno che l’avvocato non presti il consenso all’utilizzabilità di tutti i mezzi di prova fino a quel momento raccolti. Inutile dire che l’avvocato interessato alla prescrizione non darà mai questo consenso.
A tal proposito, va però precisato che recentemente la Suprema Corte [3], per evitare inutili perdite di tempo, ha affermato che il giudice può comunque stabilire l’utilizzabilità degli atti in precedenza assunti se ritiene che la loro rinnovazione sia inutile.
Perché i processi si prescrivono?
Alla luce di quanto detto sinora, è chiaro che se i processi si prescrivono la colpa non è certo degli avvocati ma della lentezza della giustizia e, soprattutto, della legge che favorisce i rinvii dei processi anche per inezie.
Ciò che fa l’avvocato per ottenere il rinvio delle udienze si inserisce nell’ambito dei diritti pienamente riconosciuti dalla legge. Dovrebbe dunque mutare quest’ultima per consentire una maggiore speditezza delle attività processuali.
note
[1] Cass., sent. n. 1793/2021.
[2] Art. 525 cod. proc. pen.
[3] Cass. sez. un., sent. n. 41736 del 10 ottobre 2019.
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