Le mutazioni del virus fanno paura perché lo rendono più contagioso, ma non hanno effetti diretti sulla gravità dei sintomi.
La variante inglese del Coronavirus sta diventando quella prevalente in Italia: il 54% delle infezioni attuali deriva da questa mutazione. Lo ha reso noto oggi l’Istituto superiore di sanità (Iss), che sta continuando i suoi approfondimenti in merito, insieme al ministero della Salute, ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler.
È vero che il panorama non è roseo, proprio a causa delle varianti. Ma oggi, durante la conferenza stampa per illustrare il nuovo Dpcm (per approfondire leggi qui: Dpcm di Pasqua: ecco le nuove regole) gli esperti presenti al tavolo hanno voluto comunicare anche dati parzialmente rassicuranti, specialmente il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli.
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Variante inglese e gravità del virus
«La variante inglese rende il virus più contagioso – ha spiegato l’esperto – ma questo maggior potere infettante non si associa a patologie più gravi». Vuol dire che questa mutazione, preponderante rispetto alle altre, non ha il potere di rendere il Covid-19 più aggressivo, quindi di appesantire i sintomi dell’infezione.
Certo, la maggiore gravità può essere indiretta: se dilagano i contagi, statisticamente può aumentare la probabilità di avere pazienti ricoverati o che non riescano a sconfiggere la malattia.
Variante inglese e scuole
Gli esperti confermano anche che le varianti attecchiscono di più su individui giovani, rispetto al ceppo originario. Ma, e questo è l’altro dato che Locatelli sente di sottolineare, «i bambini rimangono fortunatamente risparmiati dalle forme più gravi di Coronavirus». Resta naturalmente il problema di prevenire i contagi, per il motivo di cui sopra: se il virus è più contagioso, l’attenzione va raddoppiata per non contare ancora più vittime e per non sovraccaricare il sistema sanitario.
Del resto, è proprio per questo motivo che il nuovo Dpcm interviene con novità che riguardano in pratica quasi solo le scuole: il grosso delle misure conferma le restrizioni precedenti. La variante inglese resta il motivo per il quale chiuderanno tutte le scuole di ordine e grado in zona rossa e in tutte le altre aree dove, settimanalmente, si conti un’incidenza pari a 250 contagi ogni centomila abitanti.
Un provvedimento che, proprio a causa della circolazione delle mutazioni, coinvolge stavolta anche la scuola materna e primaria, mentre finora gli studenti più colpiti dall’emergenza sanitaria e che più spesso hanno dovuto fare ricorso alla didattica a distanza (dad) erano stati quelli delle superiori.
Varianti, diffusione e vaccini
«La variante inglese non mostra resistenza ai vaccini – ha spiegato, ancora, Locatelli -. Quanto alla variante brasiliana, ci sono segnalazioni di soggetti che si sono reinfettati, ma mancano le pubblicazioni scientifiche che confermino questi dati. In ogni caso, anche in presenza di eventuali reinfezioni, non dovrebbe trattarsi di forme di particolare gravità».
Accanto a lui, il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Silvio Brusaferro che ha fatto il punto sulla diffusione delle varianti.
«Da quella inglese discende il 54% delle infezioni al 18 febbraio – dichiara Brusaferro -. Questo vuol dire che, se avessimo la possibilità di analizzare la situazione oggi, la percentuale crescerebbe. Poi c’è la variante brasiliana, da cui deriva il 4,3% delle infezioni, non diffusa in tutto il Paese, ma per lo più in regioni come Umbria, Toscana, Lazio e Marche. Infine, la variante sudafricana, 0,4%, e i cui casi si trovano dislocati soprattutto al confine con l’Austria ma riguardano persone provenienti da quest’area geografica e quindi si conta di riuscire meglio a isolarla».
Gli interventi dei ministri
Il ministro della Salute Roberto Speranza ha chiarito che «l’innovazione più consistente del decreto riguarda le scuole, perché le varianti hanno una maggiore penetrazione in fasce generazionali più giovani».
La collega, titolare degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, invece, ha ricordato che il provvedimento è frutto del confronto con i governatori.
«Accolta la richiesta di far scattare le misure da lunedì, anziché dal weekend, in modo che non ci siano danni per le attività economiche. Si sta valutando la proposta delle Regioni di modificare i 21 parametri in base ai quali il Paese è suddiviso in aree di rischio – ha affermato Gelmini -. Venerdì si terrà la prima riunione sul tema dei vaccini, con la Conferenza delle Regioni dei Comuni e delle Province. Per affrontare il tema dei congedi parentali (leggi qui: Scuole di nuovo chiuse: i congedi parentali) il Governo stanzierà risorse superiori ai 200 milioni di euro».