È violenza sessuale anche se la vittima sopporta passivamente i rapporti imposti con ricatto o minaccia.
Si è, di solito, abituati a pensare alla violenza sessuale come all’atto imposto con la violenza fisica, quella bruta, a volte sotto la minaccia di un’arma. Ma non è così. È possibile lo stupro anche senza lesioni o certificato medico. Il che apre la porta a un ventaglio di numerose ipotesi, non per questo meno gravi.
Ne abbiamo già parlato in “Quando c’è violenza sessuale?” e lo ha ribadito, proprio di recente, la Cassazione [1].
Secondo la Corte, può scattare ugualmente la condanna per stupro solo sulla base delle dichiarazioni della vittima, benché questa non si sia recata al pronto soccorso o da un medico che potesse certificare la presenza di lesioni compatibili con la violenza sessuale subita.
Un’ipotesi piuttosto ricorrente è quella tra partner o tra marito e moglie, laddove l’aggressore costringa la vittima, con violenze morali, a subire gli atti sessuali senza che questa sia consenziente. Il semplice ricatto è sufficiente per far scattare il reato. Il che appunto rende del tutto irrilevante l’assenza di lesioni o di certificazione medica in ordine alla specifica contestazione di violenze sessuali a carico del marito prevaricatore.
Nel caso deciso dalla Corte, si è dato rilievo alle dichiarazioni della vittima, rese anche ad amiche, secondo cui la stessa avrebbe vissuto un contesto familiare di prevaricazione. Dai racconti della donna emergeva il vero motivo dell’assenza di consenso ai rapporti sessuali coniugali: il risentimento per i numerosi tradimenti del marito. Un comportamento diffusamente fedifrago accertato anche in base alla confessione del marito e che ha reso credibile la volontà della moglie di non avere rapporti sessuali con lui.
Come specificato già in passato dalla stessa Cassazione, anche se manca un esplicito rifiuto ai rapporti sessuali con il proprio coniuge si può parlare ugualmente di stupro se la vittima subisce tali rapporti per le violenze e le minacce ripetutamente poste in essere nei suoi confronti, «con conseguente compressione della sua capacità di reazione per timore di conseguenze ancor più pregiudizievoli, dovendo, in tal caso, essere ritenuta sussistente la piena consapevolezza dell’autore delle violenze del rifiuto, seppur implicito, ai congiungimenti carnali» [2].
In generale, per aversi violenza sessuale basta l’assenza di consenso al congiungimento carnale. Ebbene, tale assenza di consenso non va esclusa solo perché la vittima non reagisce alla prevaricazione o perché l’aggressore usa la forza fisica lasciando sulla vittima delle lesioni fisiche. Ben è possibile lo stupro anche quando la vittima lo subisce in modo passivo, senza fiatare, ma comunque contro la propria volontà.
Un’altra ipotesi di stupro senza violenza è quella che avviene quando la vittima manifesta il proprio dissenso all’atto ma, al momento del congiungimento, non oppone resistenza, sotto il timore di conseguenze più gravi (ad esempio una reazione violenta dell’uomo o, addirittura, l’omicidio). Si pensi alla coppia che si apparta con l’auto in un luogo non frequentato nonostante l’invito di lei a desistere; proprio l’impossibilità di chiamare soccorso in caso di necessità potrebbe indurre la donna ad accettare passivamente il rapporto sessuale, pur non volendolo.
È anche violenza sessuale quella di chi riesca ad ottenere un rapporto sotto la minaccia di buttare fuori di casa la vittima, facendo leva sulle sue difficoltà economiche. O quella del datore di lavoro che riesca ad ottenere i favori della dipendente sotto la ritorsione di un licenziamento.
Proprio a quest’ultimo riguardo, la Cassazione ha spesso punito lo stupro perpetrato con abuso di autorità. «In tema di violenza sessuale, l’abuso di autorità, che costituisce – insieme alla violenza o minaccia – una delle modalità di consumazione del reato di violenza sessuale presuppone una posizione di preminenza che l’agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali» [3].
Senza dimenticare che integra la violenza sessuale anche il semplice bacio sulle labbra o il palleggiamento delle zone erogene quando ovviamente non voluto. È sempre la Cassazione [4] a chiarire che «L’elemento della violenza può estrinsecarsi, nel reato di violenza sessuale, oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare la sua contraria volontà, così ponendola nell’impossibilità di difendersi (nella specie, l’imputato, nell’imboccare a piedi un porticato cittadino, provenendo dall’adiacente carreggiata e passando vicino ad un gruppetto di ragazzini, aveva palpeggiato il sedere di una di loro, che indossava pantaloncini corti, dandole una stretta al gluteo)».
note
[1] Cass. sent. n. 8501/2021.
[2] Cass. sent. n. 36901/2020.
[3] Cass. sent. n. 5453/2020.
[4] Cass. sent. n. 31737/2020.