Debiti delle famiglie: torna il fondo patrimoniale


La Cassazione stravolge i pronunciamenti precedenti e «sgancia» i debiti lavorativi dai bisogni familiari protetti, che diventano non aggredibili.
Dietrofront della Cassazione sul fondo patrimoniale che tutela i bisogni delle famiglie: imboccando una strada diametralmente opposta a quella seguita finora, la Suprema Corte ha stabilito con una recente sentenza [1] che i debiti assunti nell’ambito della propria impresa o di qualsiasi altro lavoro non hanno a che fare con i bisogni familiari protetti dal fondo patrimoniale. Significa che i beni inseriti nel fondo restano intoccabili e, quindi, non pignorabili quando un cittadino contrae un debito in un contesto professionale. Per dirlo ancora con parole più chiare: non c’è più, in virtù della sentenza della Cassazione, una connessione automatica tra i debiti assunti per motivi di lavoro e la soddisfazione dei bisogni della famiglia del debitore.
Contrariamente a quanto stabilito finora, i giudici supremi ritengono che i vincoli sottoscritti in ambito imprenditoriale o professionale per «nozione di comune esperienza» hanno «uno scopo normalmente estraneo ai bisogni della famiglia» e, quindi, «la finalità di sopperire ai bisogni della famiglia non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa».
Per capire meglio la portata che questa sentenza può avere per i cittadini, occorre fare un passo indietro e ricordare l’utilità del fondo patrimoniale. Si tratta di uno strumento per proteggere uno o più beni (la casa, l’auto, ecc.) oppure dei titoli di credito da eventuali condizioni economiche avverse. La coppia va dal notaio, si fa un rogito ed il professionista trascrive il fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio. Il tutto in cambio di un onorario variabile tra 900 e 1.500 euro.
I beni tutelati dal fondo resteranno intoccabili dall’esterno nel caso in cui la coppia contragga un debito di natura diversa rispetto ai bisogni della famiglia. E qui, occorre spiegare che cosa si intende per «bisogni della famiglia». La legge non ne dà una definizione precisa, ma si può dire che nel «calderone» di quei bisogni rientrano tutti i beni essenziali per la sopravvivenza: la casa e le spese relative all’immobile (affitto, spese di condominio, ecc.), l’istruzione dei figli, l’auto o la moto, il prestito per le spese sanitarie straordinarie e via dicendo.
In sostanza, chi inserisce questi beni in un fondo patrimoniale e contrae un debito in ambito lavorativo, non se li vedrà toccare. Ma se il debito è inerente ad uno dei beni protetti dal fondo, tale bene può essere preteso dal creditore. Significa che se il mutuo della casa viene inserito nel fondo patrimoniale e poi non si pagano le rate, lo «scudo» non può impedire alla banca di aggredire l’immobile.
Da aggiungere che durante il primo anno dalla sua costituzione, il fondo non interviene se un creditore trascrive un pignoramento immobiliare nei pubblici registri. Fino al quinto anno, invece, il fondo può essere oggetto di azione revocatoria se il debitore non ha altri beni oltre a quelli inseriti nel fondo stesso. In questo modo, si vuole evitare che chiunque possa «blindare» tutti i suoi beni per poi contrarre tranquillamente dei debiti e sentirsi al sicuro.
note
[1] Cass. ord. n. 2904 dell’o8.02.2021.