Oggi, l’audizione del ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco davanti alle commissioni unite Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Camera e Senato.
«Un priorità per il Governo e il Paese». Così il ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco ha definito il Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr), la road map più comunemente nota come Recovery Plan per guidare gli investimenti del Recovery Fund.
La cifra che arriverà in Italia dall’Europa entro la fine dell’estate è ingente: 191,5 miliardi di euro. Importo lievemente inferiore rispetto ai 196 miliardi annunciati a gennaio, tra trasferimenti (69 miliardi) e prestiti (127 miliardi), ma comunque in grado di imprimere una svolta al Paese sotto molti fronti.
Franco lo ritiene «un passaggio storico molto importante», oltre che «un’opportunità straordinaria per una crescita inclusiva, in grado di consegnare agli italiani un Paese più prospero, più sostenibile, con una Pubblica Amministrazione più efficiente».
Ma come verranno spesi i soldi del Recovery Fund? Franco ha ricordato i punti essenziali del piano, che dovrà essere pronto entro il 30 aprile 2021. Il 37% dei fondi riguarderà la trasformazione verde, il 20% la digitalizzazione.
«La transizione ecologica, come indicato dall’Agenda 2030 dell’Onu, prevede un abbattimento dei gas serra del 55% rispetto ai livelli del 1990 – ha ricordato il neoministro dell’Economia del Governo Draghi -. Un obiettivo ambizioso che avrà enormi implicazioni per il nostro sistema produttivo».
Sarà inoltre uno snodo centrale da cui passeranno l’aumento dell’occupazione e la spinta all’inclusione, nell’ottica di colmare i tanti divari esistenti in Italia. «Sappiamo tutti che il nostro Paese ha un cronico problema di disparità territoriali, di età e di genere», ha evidenziato il ministro, soffermandosi su donne e giovani, in quanto tagliati più spesso fuori dal mercato del lavoro, e sulle differenze tra il prodotto interno lordo pro capite al Sud e al Nord.
Il 70% delle risorse andrà speso entro il 2022, mentre la scadenza per portare a termine gli interventi pianificati è il 2026. «L’erogazione dei fondi – ha proseguito il ministro – avverrà sulla base del conseguimento degli obiettivi in modo chiaro e verificabile».
Nel piano sono presenti progetti che riguardano l’alta velocità, gli asili nido, la ricerca, la rigenerazione urbana, la ristrutturazione edilizia, l’industria 4.0.
A coordinare la complessa macchina degli investimenti, come precisa il titolare del dicastero di via XX Settembre, sarà «una struttura centrale presso il ministero dell’Economia, a presidio e supervisione dell’efficace attuazione del piano, affiancata da un audit indipendente per le verifiche».
Il lavoro sarà serrato: il tempo stringe, ci sono appena due mesi per avere pronto il documento e presentarlo. «Il Recovery Plan è uno strumento nato in un contesto di emergenza – ha sottolineato Franco – ma è volto a ridisegnare l’assetto dell’Europa in un orizzonte di medio e lungo periodo. L’indicazione per il Pnrr è di predisporre non solo investimenti ma anche riforme».
Molto più di un documento di pianificazione strategica. Nelle intenzioni del ministero dell’Economia e delle Finanze, il Pnrr dovrà segnare a livello nazionale «un cambio di passo nel modo di utilizzare le risorse» e a livello internazionale «una tappa importante per il progetto di integrazione economica europea».
Domani e dopodomani le prossime audizioni per fornire nuovi dettagli sul Pnrr. Parleranno i ministri della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, e della Giustizia, Marta Cartabia.