Accesso della Finanza in studi professionali: quali regole


Condizioni e limiti per entrare nei locali adibiti all’attività o ad uso promiscuo con l’abitazione: chi deve essere presente e quali autorizzazioni occorrono.
Se svolgi una professione, potresti ricevere la visita della Guardia di Finanza che intende eseguire un accesso nei locali dove eserciti l’attività, per controllare l’adempimento degli obblighi fiscali ed effettuare una verifica. In questo modo, i militari delle Fiamme Gialle entrano nello studio e, in determinati casi, possono accedere anche all’abitazione privata, specialmente se essa è coincidente o attigua. In caso di accesso della Finanza in studi professionali, quali sono le regole da rispettare? Vediamo a quali condizioni e limiti può essere esercitato questo potere, molto invasivo per chi lo subisce, ma espressamente previsto e disciplinato dalla legge.
Indice
- 1 I poteri della Guardia di Finanza nelle verifiche fiscali
- 2 Accessi, controlli e ispezioni della Finanza nei locali
- 3 L’accesso della Finanza negli studi professionali
- 4 La presenza del titolare è necessaria?
- 5 L’apertura di mobili chiusi e il segreto professionale
- 6 L’accesso della Finanza nell’abitazione del professionista
- 7 L’accesso della Finanza nei locali a uso promiscuo
I poteri della Guardia di Finanza nelle verifiche fiscali
Le verifiche fiscali, quando non vengono condotte “a tavolino” dagli uffici in base ai dati di cui già dispone l’Amministrazione finanziaria, iniziano con l’accesso presso la sede del contribuente: questa fase è indispensabile per acquisire la documentazione – sia contabile sia extracontabile – utile agli accertamenti da compiere.
I poteri della Guardia di Finanza sono molto ampi: riguardano la prevenzione e repressione delle violazioni alle norme tributarie e finanziarie e offrono alle Fiamme Gialle tutti gli strumenti di indagine connessi [1]. La Guardia di Finanza assomma in sé i compiti tipici di polizia tributaria [2] e quelli di polizia giudiziaria per l’acquisizione delle notizie di reato e delle relative prove [3].
Accessi, controlli e ispezioni della Finanza nei locali
L’accesso della Guardia di Finanza in tutti i luoghi destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali è previsto dalla legge [4] ed è finalizzato alla ricerca di ogni elemento ritenuto utile per l’accertamento delle imposte e per la repressione dell’evasione fiscale. Questo potere di ispezione e verifica consente di eseguire una vera e propria perquisizione dei locali, necessaria per rilevare ed apprendere i documenti e ogni altra cosa utile per quantificare la capacità contributiva del soggetto accertato, determinare la base imponibile soggetta a tassazione e constatare la commissione di illeciti fiscali.
L’accesso della Finanza negli studi professionali
Quando il soggetto da verificare fiscalmente è un professionista (come un avvocato, medico, ingegnere, commercialista, notaio, ma anche un agronomo, un biologo o un perito industriale) l’accesso viene compiuto, senza alcun preavviso, nei locali dove egli svolge l’attività professionale, ma può estendersi ad altri immobili di sua proprietà o nella sua disponibilità, compresa l’abitazione privata.
I militari devono essere muniti di un’autorizzazione del loro capo ufficio, come il foglio di servizio firmato dal comandante del reparto di appartenenza, che dovrà indicare la tipologia del controllo da svolgere e il personale incaricato.
Questo documento va esibito al contribuente al momento iniziale dell’accesso e dovrà essere richiamato nel verbale redatto: delle operazioni svolte, infatti, deve essere compilato un processo verbale che documenti le attività eseguite, i rilievi compiuti e i documenti acquisiti. La documentazione può essere esibita spontaneamente dal professionista oppure acquisita dagli operanti attraverso la loro ricerca compiuta nei luoghi oggetto dell’ispezione.
La presenza del titolare è necessaria?
Una delle condizioni più importanti per la legittimità dell’accesso presso gli studi professionali e delle operazioni conseguenti è la presenza del titolare: se essa manca, l’accertamento potrà ritenersi illegittimo e i suoi risultati saranno da considerarsi nulli, a meno che egli non sia sostituito da un valido «delegato» incaricato dal titolare di assistere alle operazioni svolte dai finanzieri. In loro assenza, le operazioni non potranno essere svolte, salve le cautele necessarie per preservare lo stato dei luoghi, come il piantonamento dei locali.
Questa è un’importante differenza rispetto agli imprenditori commerciali, per i quali la presenza del titolare della ditta o del legale rappresentante della società nei locali aziendali al momento dell’intervento della pattuglia non è necessaria. Per approfondire questi aspetti leggi “Studi professionali: no ispezione della Finanza se manca il titolare“.
L’apertura di mobili chiusi e il segreto professionale
Il professionista o il suo delegato ha diritto di presenziare a tutte le attività compiute durante l’accesso, come l’acquisizione della documentazione, che può essere effettuata anche sui computer e dispositivi di memoria esterna, e all’apertura di armadi, cassetti, schedari, a meno che non venga eccepito il segreto professionale relativo alle informazioni riservate sui clienti.
In tal caso, come anche se occorre aprire mobili chiusi, plichi sigillati e casseforti o se è necessario procedere a perquisizioni personali, i finanzieri devono munirsi di un’apposita autorizzazione rilasciata dal procuratore della Repubblica, ferme restando le garanzie di legge previste per i difensori [5] che si applicano specificamente agli avvocati ed ai loro ausiliari o consulenti incaricati (al riguardo leggi “accertamento fiscale studio legale“).
L’accesso della Finanza nell’abitazione del professionista
Per accedere nei locali che sono adibiti ad abitazione del professionista i finanzieri devono essere muniti dell’autorizzazione del procuratore della Repubblica (che può delegare per la firma un suo sostituto procuratore e, dunque, un pubblico ministero). Se il domicilio privato coincide con il luogo di svolgimento dell’attività professionale, cioè con i locali ad uso studio, non occorre nessuna particolare motivazione per ottenerla, al di là dell’esigenza di procedere alla verifica fiscale; altrimenti, il procuratore la concederà solo in presenza di gravi indizi di violazione delle norme tributarie ed allo scopo di acquisire le prove delle violazioni.
L’accesso della Finanza nei locali a uso promiscuo
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio con una recente sentenza [6] ha annullato, per il principio di invalidità derivata, un avviso di accertamento emanato dall’Agenzia delle Entrate a seguito di una verifica fiscale intrapresa con accesso della Finanza in uno studio professionale promiscuo, per la mancanza della necessaria autorizzazione del pubblico ministero. In quel caso, i finanzieri erano entrati nell’abitazione privata del professionista ma si trattava di locali ad uso misto con lo studio, in quanto tra loro comunicanti, pur se diversi e separati gli uni dagli altri.
I giudici tributari hanno rilevato che «l’uso promiscuo dei locali si verifica non soltanto quando gli stessi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l’attività professionale, ma anche quando i locali adibiti ad abitazione e quelli adibiti ad attività commerciale risultino distinti ma adiacenti e, tra gli uni e gli altri, vi siano porte di comunicazione che consentano la possibilità di comunicazione interna e l’agevole trasferimento di documenti professionali nei locali abitativi». La sentenza ha sottolineato che in tali casi l’accesso avvenuto senza l’autorizzazione della Procura «è illegittimo anche se effettuato con il consenso del contribuente».
Per ulteriori approfondimenti leggi anche gli articoli “Ispezioni della Finanza in studio o azienda: autorizzazione della Procura” e “Ispezioni e verifiche fiscali: la Finanza può entrare?“.
note
[1] Legge di ordinamento n. 189 del 23.04.1959.
[2] Artt. 30 e ss. Legge n. 4 del 07.01.1929 e D.Lgs. n. 68 del 19.03.2001.
[3] Art. 55 Cod. proc. pen.
[4] Art. 52 D.P.R. n. 633/1972, art. 33 comma 1 D.P.R. n. 600/1973 e art. 12 Legge n. 212/2000 (“Statuto del contribuente”).
[5] Art. 103 Cod. proc. pen.
[6] Comm. Trib. Reg. Lazio, Sez. 5°, sent. n. 1323/21.