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Annullata la web-tax

1 Marzo 2014
Annullata la web-tax

Annullata la web-tax: chi fattura a Google Adsense potrà ancora godere dei ricavi del motore di ricerca derivanti dalla vendita degli spazi pubblicitari per finanziare le piccole iniziative editoriali sul web.

Il Governo Renzi ha cancellato la web-tax, la disposizione aspramente criticata all’alba della sua approvazione da parte del governo Letta. Si trattava di una normativa fiscale “ad personam”, ossia ritagliata apposta contro Google, per evitare che il colosso americano del web potesse sottrarsi alla fiscalità italiana. Così facendo, però, il nostro Stato correva il rischio di creare una normativa contraria ai principi della libertà di stabilimento della Comunità europea. Tant’è che si era già parlato di una probabile bocciatura da parte della giustizia UE.

Ora però il problema non si pone più. Fortunatamente l’esecutivo ha deciso di abbandonare questa via.

La web-tax constava di tre diverse misure:

1) l’obbligo delle multinazionali del web di assumere una partita Iva italiana (rinviato dal 1° gennaio al 1° luglio 2014 dal decreto legge salva Roma, n. 151, decaduto ieri). Questa disposizione avrebbe comportato una forte riduzione degli incassi per tutti coloro che, gestendo un sito internet, guadagnano attraverso la pubblicità erogata da Google (con il servizio Adsense). Infatti, in conseguenza della web tax, il motore di ricerca avrebbe dovuto limare al ribasso le revenue, dovendo infatti soggiacere alla tassazione dell’Iva italiana che al momento, invece, non è dovuta (ne avevamo parlato nell’articolo: “Web-tax: cosa cambierà per chi fattura a Google Adsense”);

2) l’obbligo per le multinazionali che vendono gli spazi pubblicitari online di determinare, a decorrere dal 1° gennaio 2014, il reddito prodotto e quindi tassato in Italia (transfer pricing), secondo criteri diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività (che di fatto ne “dirottano” gran parte in altri paesi a ridotta fiscalità dove hanno sede), salvo la facoltà di ricorrere alla procedura di ruling internazionale (e quindi “concordando” il livello del reddito italiano con l’agenzia delle Entrate);

3) infine, dal 1° gennaio 2014, l’obbligo di acquistare servizi pubblicitari online da parte delle aziende esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare i dati identificativi del beneficiario (tracciabilità).



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