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Chiusura indagini preliminari: guida rapida

30 Luglio 2021 | Autore:
Chiusura indagini preliminari: guida rapida

Investigazioni del pubblico ministero: quanto durano e quali possono essere gli esiti? I presupposti per l’archiviazione e il rinvio a giudizio.

Le indagini preliminari costituiscono la prima fase del procedimento penale; la seconda (eventuale) è quella del processo vero e proprio, cioè quello che si tratta davanti a un giudice terzo e imparziale in presenza del pm e dell’avvocato difensore. Il giudizio si svolge solamente se, a seguito delle indagini preliminari, il pubblico ministero abbia ritenuto sussistente la colpevolezza dell’indagato; in caso contrario, egli dispone l’archiviazione delle indagini, cioè la chiusura del caso. A seguito della conclusione delle investigazioni, se è intenzione chiedere il rinvio a giudizio, la Procura deve notificare all’indagato un avviso con cui lo si avverte della fine delle indagini e del suo diritto ad accedere agli uffici per prendere visione delle attività che fino a quel momento sono state svolte e documentate. Con questo articolo offriremo una guida rapida sulla chiusura delle indagini preliminari.

In buona sostanza, vedremo cosa succede a seguito della conclusione delle indagini, quali sono i diritti dell’indagato e quali i possibili esiti delle investigazioni. Inoltre, vedremo qual è la durata delle indagini preliminari: il pm non può compiere delle investigazioni a tempo indeterminato, dovendo per legge giungere a una conclusione (il rinvio a giudizio o l’archiviazione) entro un termine stabilito dalla legge. Se l’argomento ti interessa, prosegui nella lettura: vedremo insieme come funziona la chiusura delle indagini preliminari.

Indagini preliminari: cosa sono?

Le indagini preliminari costituiscono la prima fase del procedimento penale. Durante le indagini, la polizia giudiziaria, su disposizione del pubblico ministero a cui è affidato il caso, esegue le investigazioni necessarie per verificare la fondatezza della responsabilità penale dell’indagato.

Le indagini preliminari cominciano formalmente con l’iscrizione del nominativo dell’indagato all’interno del registro delle notizie di reato tenuto presso gli uffici della Procura.

A partire da questo momento, per la legge, inizia la fase investigativa della pubblica accusa, fase che, come vedremo nel prossimo paragrafo, deve terminare entro un determinato lasso di tempo.

Indagini preliminari: quanto durano?

Secondo la legge [1], il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il crimine è iscritto nel registro delle notizie di reato.

La durata ordinaria delle indagini preliminari è pertanto di sei mesi dal momento in cui è identificato il nominativo della persona sottoposta a investigazione. La durata delle indagini preliminari è, invece, di un anno se si procede per alcuni delitti che la legge reputa particolarmente gravi (associazione per delinquere, sequestro di persona, omicidio, terrorismo, violenza sessuale di gruppo, ecc.).

Non è finita qui. Il pubblico ministero che svolge le indagini, quando sussistono comprovate esigenze (ad esempio, se occorre proseguire nelle investigazioni per via di alcune obiettive difficoltà, tipo l’elevato numero di indagati), può chiedere al giudice per le indagini preliminari una proroga. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi.

La legge [2] stabilisce che, in caso di proroga, il termine massimo non può comunque superare i diciotto mesi, salvo che il pubblico ministero e l’indagato chiedano la proroga del termine delle indagini ai fini dell’esecuzione dell’incidente probatorio (cioè, dell’assunzione anticipata dei mezzi di prova).

Solamente per reati particolarmente gravi (per la precisione, quelli per i quali, in assenza di proroghe, il termine di durata massima è di un anno), si può giungere sino a due anni, sempre che il pm motivi l’impossibilità di concludere nei tempi prestabiliti.

In sintesi, la durata massima delle indagini preliminari è di diciotto mesi. Per i reati di particolare gravità, la durata massima delle indagini è invece di due anni.

Indagini: come si concludono?

Al termine delle indagini preliminari, il pubblico ministero ha due strade davanti a sé:

  • la richiesta di archiviazione, nell’ipotesi in cui ritenga che la notizia di reato sia infondata o, comunque, che l’accusa non sia sostenibile in giudizio;
  • la richiesta di rinvio a giudizio, nel caso in cui ritenga provata la responsabilità dell’indagato e ritenga, pertanto, esercitare l’azione penale.

Archiviazione delle indagini: cos’è?

La richiesta di archiviazione rappresenta la possibile fine delle indagini preliminari ogni volta che:

  • dalle indagini sia emersa l’innocenza dell’indagato e, quindi, l’infondatezza della notizia di reato;
  • dalle indagini non siano emersi elementi concreti di colpevolezza, ma solamente deboli indizi che non reggerebbero l’urto di un processo nel contraddittorio delle parti (in altre parole, elementi che sarebbero facilmente smontabili dalla difesa dell’imputato);
  • l’autore del reato sia rimasto ignoto;
  • il termine massimo per lo svolgimento delle indagini è terminato senza risultati soddisfacenti oppure senza che il presunto autore sia stato identificato;
  • manca una condizione di procedibilità (ad esempio, la querela);
  • il reato è nel frattempo prescritto.

L’opposizione alla richiesta di archiviazione è lo strumento previsto dalla legge perché la persona offesa possa chiedere al giudice la prosecuzione delle indagini oppure il rinvio a giudizio dell’indagato.

Rinvio a giudizio: cos’è?

La richiesta di rinvio a giudizio è presentata al giudice dal pubblico ministero ogni volta che, terminate le indagini, ritenga fondata la responsabilità penale dell’indagato.

Con la richiesta di rinvio a giudizio, il pm chiede che si celebri il processo a carico della persona indagata la quale, nel giudizio, acquisisce lo status di imputato.

Il giudice, ricevuta la richiesta, fissa l’udienza preliminare: si tratta di una sorta di “udienza filtro” in cui il giudice, prima di stabilire il definitivo rinvio a giudizio dell’imputato, effettua una valutazione sugli elementi di colpevolezza rinvenuti dal pm durante le indagini.

In alcuni casi, quando si procede per reati non particolarmente gravi [3], il pubblico ministero può disporre la citazione diretta a giudizio senza dover farne richiesta al giudice. In ipotesi del genere, dunque, non verrà celebrata nemmeno l’udienza preliminare.

Avviso di conclusione delle indagini: cos’è?

Prima di esercitare l’azione penale (e cioè, di chiedere il rinvio a giudizio oppure di procedere con la citazione diretta), il pubblico ministero deve necessariamente notificare all’indagato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

L’avviso di conclusione delle indagini è l’atto con cui la Procura della Repubblica comunica alla persona indagata che l’attività investigativa a suo carico si è conclusa; da questo momento in poi, è data facoltà all’indagato di recarsi in cancelleria per prendere visione ed estrarre copia del fascicolo d’indagine [4].

L’avviso di conclusione delle indagini contiene la sommaria enunciazione del reato per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. Ma non solo.

L’avviso contiene altresì l’avvertimento che l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di:

  • presentare memorie;
  • produrre documenti;
  • depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore;
  • chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine;
  • presentarsi per rilasciare dichiarazioni;
  • chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

Chiusura indagini preliminari: l’interrogatorio

Come detto nel precedente paragrafo, l’indagato ha diritto, entro venti giorni dalla ricezione dell’avviso di conclusione delle indagini, di chiedere di essere sottoposto a interrogatorio.

L’interrogatorio deve essere fissato entro il termine di trenta giorni dalla richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni.

L’interrogatorio non può essere negato; tuttavia il pm può delegare (come quasi sempre avviene) la polizia giudiziaria all’espletamento dello stesso. L’indagato deve necessariamente essere assistito da un avvocato, non potendosi presentare da solo per rendere interrogatorio.

Chiusura indagini: la richiesta di nuove investigazioni

Tra le facoltà concesse all’indagato a seguito di notifica dell’avviso di chiusura delle indagini vi è anche quella di chiedere al pm di compiere nuova attività investigativa.

In pratica, l’indagato deve dimostrare che l’attività d’indagine compiuta è stata lacunosa e che, pertanto, occorre integrarla con le indicazioni dallo stesso fornito.

A differenza dell’interrogatorio, al quale il pm è tenuto a procedere, la prosecuzione delle indagini resta una mera facoltà per la Procura, la quale quindi può disattendere la richiesta dell’indagato. Se invece il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell’indagato, decide di disporre nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni.

Avviso di conclusione delle indagini: cosa succede dopo?

A seguito dell’avviso di conclusione delle indagini, l’indagato che abbia esercitato almeno una delle sopracitate facoltà (deposito di memorie difensive, interrogatorio, richiesta di indagini supplementari, ecc.) può attendersi due esiti:

  • se il pm ha accolto le sue ragioni, allora provvederà a notificare l’atto con cui lo informa della richiesta di archiviazione avanzata al giudice;
  • in caso contrario, si procederà con rinvio a giudizio o citazione diretta, come descritto nei paragrafi precedenti.

note

[1] Art. 405 cod. proc. pen.

[2] Art. 406 cod. proc. pen.

[3] Art. 550 cod. proc. pen.

[4] Art. 415-bis cod. proc. pen.

Autore immagine: canva.com/


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