I tassi applicati ed i criteri di calcolo devono essere indicati nell’atto dall’Agente di riscossione, altrimenti la pretesa è illegittima.
Ogni pretesa tributaria deve essere motivata: a questa regola non sfuggono neppure i metodi di calcolo degli interessi applicati dall’Agente di riscossione sulle cartelle di pagamento. L’entità di tali somme è consistente, specie se si riferiscono alla mora per il ritardo: queste voci contribuiscono, insieme alle sanzioni ed agli aggi di riscossione, a far lievitare parecchio l’importo del debito originario, tanto più se è passato molto tempo dalla sua insorgenza.
È quindi opportuno controllare bene tali importi, ma in concreto come si fa a capire se il calcolo fatto dall’Amministrazione è esatto quando esso non viene esplicitato? Si può affermare che è nulla la cartella esattoriale se non spiega gli interessi? La giurisprudenza ha dato una risposta affermativa a questa domanda. Infatti, la misura degli interessi è stabilita dalla legge, ma esistono diverse voci e i tassi cambiano nel tempo. Perciò, se il criterio di computo non è esplicitato in modo chiaro nella cartella stessa, il contribuente può ottenerne l’annullamento, e non solo nella parte relativa agli interessi ma per l’intero debito, come hanno affermato alcune sentenze dei giudici tributari e della Corte di Cassazione.
Cartella esattoriale: il contenuto minimo
La cartella esattoriale è l’atto inviato dall’Agenzia Entrate Riscossione per recuperare e riscuotere i debiti iscritti a ruolo dagli Enti creditori. Può trattarsi non solo di tributi, ma anche di contributi previdenziali, multe stradali ed altri tipi di sanzioni. Ogni cartella esattoriale deve essere redatta secondo un modulo predeterminato dalla legge [1] che specifica gli elementi essenziali e il contenuto di questo documento, che ha valore di titolo esecutivo e preannuncia, in caso di mancato pagamento, la riscossione forzata dei crediti in essa riportati.
Il contenuto minimo della cartella esattoriale è rappresentato da un’intimazione di pagamento, entro il termine di 60 giorni, degli importi indicati: per ciascuno di essi deve essere specificata la causale (tipo e numero di ruolo ed anno di riferimento) e la data della notifica degli atti impositivi precedentemente emanati.
La cartella deve contenere le avvertenze obbligatorie sui termini e sulle modalità di impugnazione dell’atto, deve riportare il nominativo del responsabile del procedimento ed anche il calcolo degli interessi applicati. Per maggiori dettagli leggi cartella esattoriale: quali dati deve contenere.
Cartella esattoriale: gli interessi applicati
L’esposizione degli interessi e dei criteri di calcolo è indispensabile per consentire al contribuente di verificare la metodologia adottata dall’Amministrazione e la correttezza degli importi asseritamente dovuti. Così l’indicazione degli interessi applicati diventa un elemento essenziale della motivazione dell’atto e la giurisprudenza ritiene nulla la cartella che non permette di comprendere quali sono i tassi praticati, i periodi di riferimento e i metodi di calcolo adottati.
Gli interessi considerati nelle cartelle esattoriali non appartengono ad un’unica categoria ma possono essere di quattro tipi diversi:
- interessi per mancato versamento, applicati a decorrere dalla scadenza stabilita per il pagamento;
- interessi per ritardata iscrizione a ruolo, quando dalla dichiarazione sottoposta a liquidazione o a controllo formale [2] emergono importi non versati dal contribuente;
- interessi per dilazione di pagamento, che vengono applicati alle somme rateizzate in modo da essere suddivisi e inglobati nelle singole rate previste dal piano concesso;
- interessi di mora, che sono quelli tipici e propri delle cartelle esattoriali e hanno una funzione di risarcimento e di compensazione dell’inadempimento analoga agli interessi moratori previsti dal Codice civile [3].
Gli interessi di mora: come si calcolano
Gli interessi di mora iniziano a decorrere sulle somme iscritte a ruolo in caso di mancato pagamento entro i termini e, in tal caso, la loro applicazione non scatta dal momento dell’inadempimento, cioè dal 61esimo giorno dopo l’avvenuta notifica, ma retroagisce alla data di notifica stessa, come previsto da una specifica disposizione di legge [4]. A partire da quel momento, essi continuano a maturare fino alla data dell’effettivo pagamento. A decorrere dalla medesima data sono anche dovuti gli oneri di riscossione, cioè i compensi stabiliti in favore dell’Agenzia per le attività di recupero del credito svolte.
La misura effettiva degli interessi è stabilita da appositi decreti ministeriali, periodicamente rivisti per aggiornare gli importi sulla base dell’andamento della media dei tassi bancari attivi. Il tasso praticato dipende quindi dal tipo di interesse considerato, dal momento di applicazione e dalla sua durata. In concreto, esso risulta variabile nel tempo. Ad esempio, attualmente, gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo e di rateazione sono fissati nella misura del 4% annuo, mentre quelli di mora sono stabiliti al 2,68%: fino a un anno fa, superavano di poco il 3%; negli ultimi vent’anni, l’oscillazione complessiva è stata sempre tendenzialmente al ribasso.
Cartella nulla per omessa motivazione degli interessi
Ogni cartella di pagamento deve riportare in modo chiaro e completo quali sono gli interessi applicati, i periodi di riferimento ed il criterio adottato per conteggiarli. La loro indicazione globale, cioè solo con l’importo finale e complessivo, è insufficiente perché non consente al contribuente di poter verificare e contestare il metodo seguito dall’Agente di riscossione per giungere a tale cifra.
La Corte di Cassazione ha ribadito in diverse occasioni [5] che la cartella esattoriale deve sempre motivare non solo il tributo ma anche gli interessi, esplicitando i criteri adottati per quantificarli. Ora, una nuova sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio [6] (puoi leggerla per esteso al termine di questo articolo) si collega a questo indirizzo espresso dai giudici di legittimità ed aggiunge che, anche quando la pretesa si fonda su una sentenza passata in giudicato, la cartella esattoriale «deve essere motivata nella parte in cui venga richiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli contenuti nell’atto impositivo oggetto del giudizio come quelli afferenti gli interessi per i quali deve essere indicato, pertanto, il criterio di calcolo seguito».
Per ulteriori approfondimenti leggi anche:
note
[1] Art. 25 D.P.R. n. 602/1973.
[2] Art. 36 bis e art. 36 ter D.P.R. n. 600/1973.
[3] Art. 1224 Cod. civ.
[4] Art. 30 D.P.R. n. 602/1973.
[5] Cass. ord. n. 17765/2018 e ord. n. 21851/2018.
[6] Ctr Lazio, sent. n. 969/10/21 del 16.02.2021.
Sentenza del 16/02/2021 n. 969 – Comm. Trib. Reg. per il Lazio Sezione/Collegio 10
Intitolazione:
Riscossione – Cartella di pagamento – Interessi – Mancata specifica dei criteri di calcolo – Annullamento della cartella – Consegue.
Massima:
La cartella esattoriale fondata su una sentenza passata in giudicato deve essere motivata nella parte in cui venga richiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli contenuti nell’atto impositivo oggetto del giudizio come quelli afferenti gli interessi per i quali deve essere indicato pertanto il criterio di calcolo seguito. (G.T.).
Riferimenti normativi: art. 30 d.P.R. 602/73; d.m. 28 luglio 2000.
Riferimenti giurisprudenziali: Cass. n. 21851/18.
Testo:
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate Riscossione chiede annullarsi la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 16818/31/18 depositata il 1°.10.2018, con cui è stato accolto il ricorso del contribuente S. F. avverso la cartella di pagamento in epigrafe, relativa ad interessi liquidati su un credito tributario sospeso nel corso di un contenzioso, e all’esito dello stesso.
La Commissione Tributaria Provinciale ha accolto il ricorso rilevando il difetto di motivazione della cartella, poiché non vi era specificato il criterio di calcolo degli interessi iscritti a ruolo.
Con atto di appello, l’Agenzia delle Entrate Riscossione -eccepita la improcedibilità del ricorso per violazione dei termini della procedura di mediazione- ha dedotto che il calcolo degli interessi è normativamente previsto dall’art. 30 DPR 602/73 e dal Decreto Ministeriale D.M. 28 luglio 2000, sicché gli interessi non devono essere calcolati in seno alla cartella di pagamento. Ha concluso per la riforma della sentenza di primo grado e la conferma della cartella impugnata.
Il contribuente si è costituito con controdeduzioni di segno adesivo alla sentenza impugnata, chiedendo il rigetto del gravame e i danni per lite temeraria.
MOTIVIPreliminarmente, va affermata la ammissibilità del ricorso di primo grado.
Non sussiste alcuna causa di improcedibilità, poiché i termini della procedura di mediazione sono meramente ordinatori.
Nel merito, il gravame è infondato.
La cartella ha per esclusivo oggetto una somma dovuta a titolo di “interessi di sospensione”maturati nel periodo di un contenzioso tributario, i quali sono stati calcolati all’esito dello stesso sulle somme effettivamente dovute dal contribuente.
La Corte di Cassazione si è pronunciata di recente sulla questione specifica della cartella fondata su sentenza passata in giudicato, mediante la quale sono richiesti per la prima volta crediti da interessi, affermando il principio seguente: “La cartella esattoriale fondata su una sentenza passata in giudicato deve essere motivata nella parte in cui mediante la stessa venga anche richiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli oggetto dell’atto impositivo oggetto del giudizio, come quelli afferenti gli interessi per i quali deve essere indicato, pertanto, il criterio di calcolo seguito” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21851 del 07/09/2018 – Rv. 650331 -01).
A tale principio intende dare applicazione anche questo giudice.
Ne consegue che l’appello dell’Agenzia delle Entrate Riscossione va respinto in quanto infondato.
Va rigettata altresì la domanda di risarcimento del danno da lite temeraria formulata dal contribuente. L’atto di appello non appare infatti temerario, essendo ivi citate le norme di riferimento ritenute applicabili dal Concessionario, e trattando esso di una questione giuridica oggetto di pronunce di cassazione soltanto recenti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo per il presente grado di appello.
P.Q.M.La Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigetta l’appello e condanna l’Agenzia delle Entrate Riscossione alle spese del grado che liquida in 700,00 euro, oltre oneri e accessori per legge.