Responsabilità civile e penale per l’impianto di riscaldamento a norma con certificazione di conformità.
Un nostro lettore ci racconta di aver fatto installare una caldaia a gas all’interno della propria abitazione da personale autorizzato, il quale avrebbe successivamente rilasciato la relativa certificazione di conformità, così come del resto previsto dalla legge. Ciò nonostante, il vicino di casa si lamenta dei gas di scarico, a suo dire intollerabili; per questo, ha più volte minacciato di procedere con una querela nei confronti del titolare dell’impianto. È possibile ritenere responsabile il proprietario dell’immobile, nonostante questi si sia limitato a conferire l’incarico a una ditta specializzata e, quindi, nonostante l’attestazione rilasciata dal tecnico installatore? Chi risponde per i fumi della caldaia a gas? Ecco cosa prevede la legge.
L’articolo 2051 del Codice civile stabilisce una responsabilità diretta e «oggettiva» in capo al proprietario di una cosa per i danni a terzi da questa arrecati. Non rileva quindi la colpevolezza del titolare, non rileva la sua eventuale malafede o l’aver concorso a determinare l’incidente: è sufficiente il semplice rapporto intercorrente tra lui e la cosa. Insomma, basta la semplice detenzione del bene per far scattare questa forma di responsabilità civile: una responsabilità che implica l’obbligo di risarcimento del danno.
Nello stesso tempo, l’articolo 844 del Codice civile stabilisce il divieto di immissioni e propagazioni di fumi e calori che possano superare la «normale tollerabilità», soglia concretamente individuata dal giudice caso per caso, tenuto conto della situazione oggettiva e del pregiudizio arrecato alla vittima. Le conseguenze della violazione di tale norma sono, oltre al risarcimento in forza del citato articolo 2051 del Codice civile, anche l’obbligo di smantellamento dell’impianto che può generare tali turbative.
In ultimo, c’è l’articolo 674 del Codice penale che sanziona il getto pericoloso di cose: reato che (tra l’altro) scatta nel momento in cui una persona provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare danni o a molestare le persone; la legge prevede l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a euro 206. In questo caso, dunque, a differenza delle due norme appena citate, siamo in presenza di una responsabilità penale che può giustificare una querela nei confronti del responsabile.
Ma chi è il responsabile per i fumi di scarico della caldaia a gas? Se, sotto un aspetto civilistico, questi è sempre il detentore dell’impianto e, quindi, il proprietario dell’immobile su cui la caldaia è stata installata – abbiamo infatti detto che il Codice civile delinea una «responsabilità oggettiva» – sotto un profilo penale gli estremi della responsabilità sono più stretti. Qui, infatti, non è mai possibile individuare una responsabilità di tipo oggettivo. Bisogna quindi individuare i profili di colpevolezza che giustificano l’eventuale incriminazione del responsabile.
Ebbene, per quanto riguarda la caldaia a gas, non c’è dubbio che l’eventuale violazione delle regole sull’installazione possono determinare una responsabilità (sia di tipo risarcitorio che amministrativo) in capo all’installatore; tuttavia, è anche vero che il proprietario del bene ha l’obbligo di intervenire prontamente non appena informato della situazione. Su di lui quindi esiste una responsabilità derivante dall’obbligo di vigilanza e di impedire il danno, in quanto detentore del bene. Ed allora è ben possibile, a seguito di una formale diffida, denunciare il proprietario dell’appartamento per i gas di scarico della caldaia non a norma.
Le cose non cambiano quand’anche risulti che la caldaia sia a norma. Il fatto che l’impianto risponda a tutte le regole di conformità non esclude che lo stesso possa comunque costituire una fonte di molestia per il vicino, dovendo infatti essere collocato a congrua distanza, in modo tale che le immissioni di calore e di gas non superino la soglia della normale tollerabilità. In questo caso, quindi, anche con un’attestazione di conformità, il proprietario della caldaia può essere costretto ad arretrarla o, addirittura, a smantellarla per non incorrere nelle sanzioni civili (il risarcimento) o penali (il reato di getto pericoloso di cose).
Come chiarito dalla Cassazione [1], l’articolo 844 del Codice civile, che trova piena applicazione anche negli edifici condominiali, in caso di immissioni derivanti dalla caldaia di una unità immobiliare, impone al giudice di accertarne la normale tollerabilità sulla base del suo prudente apprezzamento, ferma la possibilità di discostarsi dalla normativa tecnica speciale prevista per limitare le immissioni in ragione della situazione concreta, al fine di trovare un giusto equilibrio tra le esigenze della produzione, la tutela proprietaria del singolo, ma anche gli aspetti immateriali della vita del proprietario che trovano tutela nella Costituzione.
Si potrebbe porre il problema di definire quale sia la distanza che una caldaia deve rispettare rispetto l’abitazione del vicino. Sul punto, la Cassazione [2] ha detto che l’installazione di un impianto di riscaldamento per uso domestico non è soggetto alle norme sulle distanze previste per pozzi, cisterne, fosse e tubi (due metri). Pertanto, la distanza rispetto alla proprietà del vicino va accertata dal giudice caso per caso, in base al suo prudente apprezzamento.
note
[1] Cassazione civile sez. II, 30/08/2017, n.20555
[2] Cassazione civile sez. II, 23/05/1992, n.6217
Autore immagine: depositphotos.com