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Assegno di mantenimento una tantum: Cassazione

30 Marzo 2021
Assegno di mantenimento una tantum: Cassazione

Gli accordi preventivi stretti in sede di separazione, aventi ad oggetto l’assegno di divorzio, sono affetti da nullità.

La previsione di un assegno di mantenimento una tantum nel corso del giudizio di separazione non vincola le ulteriori richieste nel successivo giudizio di divorzio. 

Con la legge n. 898/1970 il legislatore ha dettato una specifica disciplina sulla separazione, soffermandosi sull’assegno di separazione e su quello divorzile nell’art. 5, commi 6 e 8.

Il comma 6 dispone, in particolare, che: «[..] il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive».

Il comma 8 dispone che le parti possono accordarsi per la corresponsione del suddetto assegno in un’unica soluzione, che, se ritenuta equa dal tribunale, impedisce di avanzare qualsiasi successiva domanda a contenuto economico. Ma, tale disposizione non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio, così che un eventuale accordo in tale senso dei coniugi sarebbe illegittimo se raggiunto in altra sede.

Inoltre, l’art. 160 c.c. prevede la indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale.

Coniuge beneficiario dell’assegno divorzile in unica soluzione ed eventuale relativa preclusione

La preclusione per il coniuge beneficiario di assegno divorzile in unica soluzione, di cui all’art. 5, comma 8, l. n. 898 del 1970, di future pretese di carattere economico, non riguarda anche l’azione di accertamento della comunione “de residuo” proposta dall’ex coniuge ai sensi degli artt. 177, lett. b) e c), e 178 c.c., trattandosi di pretesa fondata su presupposti e finalità del tutto diversi, atteso che la detta comunione si costituisce solo su taluni beni dei coniugi e soltanto se ancora esistenti al momento del suo scioglimento.

Cassazione civile sez. I, 19/02/2021, n.4492

Contestazione assegno di divorzio per assenza presupposti: l’accordo per sostituire l’assegno con una somma una tantum non fa cessare la materia del contendere

In tema di separazione e divorzio, l’accordo raggiunto tra marito e moglie per sostituire l’assegno di divorzio stabilito dai giudici di merito con una somma una tantum, come previsto dall’art. 5, comma 8, l. n. 898/1970, non comporta “la cessazione della materia del contendere” nel precedente giudizio, attivato in Cassazione da una delle parti per contestare l’assegno divorzile per mancanza dei presupposti.

Cassazione civile sez. I, 13/02/2020, n.3662

Accordo sull’assegno divorzile una tantum e pendenza del giudizio in cassazione

Il raggiungimento di un accordo fra gli ex coniugi per la corresponsione dell’assegno di divorzio in un’unica soluzione non comporta il venir meno dell’interesse ad agire, né la cessazione della materia del contendere nel giudizio davanti alla Corte di Cassazione, davanti alla quale pende il procedimento avverso la liquidazione dell’assegno stabilita dal giudice di merito.

Cassazione civile sez. I, 13/02/2020, n.3662

In tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il d.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, comma 1, lett. g), (al pari del d.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c)) limita la deducibilità, ai fini dell’applicazione dell’IRPEF, solo all’assegno periodico – e non anche a quello corrisposto in unica soluzione – al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tale differente trattamento è riconducibile alla discrezionalità legislativa la quale, riguardando due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l’altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta né irragionevole, né in contrasto con il principio di capacità contributiva.

Cassazione civile sez. trib., 12/11/2019, n.29178

La domanda di assegno divorzile una tantum

La domanda di assegno divorzile una tantum non può desumersi, implicitamente, dal richiamo a quanto concordato dagli stessi coniugi in sede di separazione consensuale. 

Cassazione civile sez. I, 28/02/2018, n.4764

Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, l’ex coniuge deve essere titolare dell’assegno divorzile

Affinché possa riconoscersi il diritto alla pensione di reversibilità in capo al soggetto nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, è necessario che egli sia titolare dell’assegno divorzile. Tale titolarità di cui all’art. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, nel testo modificato dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987 n. 74, ai sensi dell’art. 9 della stessa legge, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile al momento della morte dell’ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile già soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione

Cassazione civile sez. un., 24/09/2018, n.22434

L’accordo tra coniugi, in sede di separazione per fissare il regime giuridico-patrimoniale per il divorzio, è nullo

L’accordo stipulato dai coniugi in sede di separazione con il quale si fissa il regime giuridico-patrimoniale in vista di un eventuale futuro divorzio è da considerarsi nullo per illiceità della causa. Ad affermarlo è la Cassazione che nel caso di specie ha cassato la decisione del giudice di secondo grado che aveva attribuito alla dazione di un assegno con una ingente somma “la valenza di corresponsione una tantum non solo dell’assegno di separazione, ma anche di quello divorzile”.

Per i giudici di legittimità, la causa di tali accordi è nulla perché si tratta di patti stipulati in violazione del principio fondamentale, espresso dall’articolo 160 del Cc, di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, che non tengono conto della natura assistenziale dell’assegno, previsto a tutela del coniuge più debole, che rende indisponibile il diritto a richiederlo. Per la Corte, dunque, la disposizione dell’articolo 5 comma 8 della legge 898/1970 secondo la quale, su accordo delle parti, la corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in un’unica soluzione, ove ritenuta equa dal Tribunale, senza che si possa in tal caso proporre alcuna successiva domanda a contenuto economico, non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio.

Gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico -patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono nulli per illiceità della causa, avuto riguardo alla natura assistenziale dell’assegno divorzile, previsto a tutela del coniuge più debole [1].

Cassazione civile sez. I, 30/01/2017, n.2224

Il sindacato del giudice sugli accordi conclusi dai coniugi nel corso del processo di divorzio

Durante il procedimento di divorzio i coniugi possono pervenire ad accordi compositivi della lite, in particolare anche prevedendo il trasferimento di diritti reali su immobili a titolo di assegno divorzile c.d. “una tantum”. All’esito dei patti raggiunti, i coniugi possono formulare conclusioni congiunte al fine di provocare una decisione conforme dell’organo giudicante. Il giudice di merito è in linea di principio tenuto a deliberare gli accordi delle parti ma mantiene il potere anche di modificarli o integrarli se ritenuti non equi.

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, n.23566

Niente reversibilità per chi ha percepito l’una tantum

In tema di divorzio congiunto, l’accordo volto a definire ogni questione di carattere patrimoniale fra gli ex coniugi, costitutivo di un diritto di abitazione ovvero di una somma di denaro una tantum, in sostituzione dell’assegno periodico, al quale il coniuge abbia espressamente rinunziato, che sia giudicato equo dal Tribunale che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, a prescindere dal nomen iuris che le parti abbiano attribuito alla pattuizione convenuta, deve ritenersi adempitivo di ogni obbligo di sostentamento nei confronti della beneficiaria e, pertanto, inidoneo a configurare la titolarità del predetto assegno, in assenza del quale viene meno il presupposto del diritto alla pensione di reversibilità.

Cassazione civile sez. lav., 05/05/2016, n.9054

Assegno una tantum e modifica condizioni di separazione e divorzio

La corresponsione dell’assegno divorzile che avvenga, su accordo delle parti, in un’unica soluzione ed anche in previsione delle esigenze di mantenimento di un minore, non pregiudica la possibilità di richiedere, ex art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, la modifica delle condizioni economiche del divorzio qualora esse, per fatti intervenuti successivamente alla relativa sentenza, si rivelino inidonee a soddisfare le esigenze predette, avendo il minore un interesse, distinto e preminente rispetto a quello dei genitori, a vedersi assicurato sino al raggiungimento dell’indipendenza economica un contributo al mantenimento idoneo al soddisfacimento delle proprie esigenze di vita.

Cassazione civile sez. VI, 13/06/2014, n.13424

Conseguenze assegno una tantum e divieto di chiedere altre prestazioni economiche 

La corresponsione dell’assegno divorzile in unica soluzione su accordo tra le parti, soggetto a verifica giudiziale, esclude la sopravvivenza, in capo al coniuge beneficiario, di qualsiasi ulteriore diritto, a contenuto patrimoniale o meno, nei confronti dell’altro coniuge, attesa la cessazione, per effetto del divorzio e della suddetta erogazione una tantum, di qualsiasi rapporto fra gli stessi, con la conseguenza che nessuna ulteriore prestazione può essere richiesta, neppure per il peggioramento delle condizioni economiche dell’assegnatario o, comunque, per la sopravvenienza dei giustificati motivi cui è subordinata l’ammissibilità della domanda di revisione del medesimo assegno periodico.

Cassazione civile sez. lav., 08/03/2012, n.3635


note

[1] Sulla nullità degli accordi preventivi aventi ad oggetto l’assegno di divorzio la Corte di Cassazione ha richiamato:

1) Cass. 18 febbraio 2000, n. 1810, in Corr. giur., 2000, 1021, con nota di BALESTRA, che ha evidenziato il loro contrasto con l’art. 160 c.c.: “Gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall’art. 160 c.c. Pertanto, di tali accordi non può tenersi conto non solo quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto è necessario per soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente dette esigenze, per il rilievo che una preventiva pattuizione specie se allettante e condizionata alla non opposizione al divorzio potrebbe determinare il consenso alla dichiarazione degli effetti civili del matrimonio”;

2) Cass. 10 marzo 2006, n. 5302, in Giust. civ. Mass. 2006, 4; Cass. 9 ottobre 2003, n. 15064, in Giust. civ. Mass. 2003, 12; Cass. 11 giugno 1981, n. 3777, in Foro it. 1982, 184, che hanno escluso tali accordi fuori dal giudizio di divorzio: “Gli accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, i reciproci rapporti economici in relazione al futuro ed eventuale divorzio con riferimento all’assegno divorzile sono nulli per illiceità della causa, avuto riguardo alla natura assistenziale di detto assegno, previsto a tutela del coniuge più debole, che rende indisponibile il diritto a richiederlo. Ne consegue chela disposizione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, nel testo di cui alla L. n. 74 del 1987 a norma del quale, su accordo delle parti, la corresponsione dell’assegno divorzile può avvenire in un’unica soluzione, ove ritenuta equa dal tribunale, senza che si possa, in tal caso, proporre alcuna successiva domanda a contenuto economico —,non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio, e gli accordi di separazione, dovendo essere interpretati “secundum ius”, non possono implicare rinuncia all’assegno di divorzio”;

3) Cass. 8 marzo 2012, n. 3635, in Giust. civ. Mass. 2012, 3, 290; Cass. 7 novembre 1995, n. 9416, in Dir.fam., 1996, 931, secondo cui l’accordo sulla corresponsione una tantum, anche ove validamente conseguito, richiede pur sempre una verifica di natura giudiziale.

In merito alla corresponsione dell’assegno di mantenimento in un’unica soluzione si individuano quattro orientamenti dottrinali:

1) un primo orientamento, ritenendo pienamente disponibile il diritto al mantenimento, sostiene che i coniugi possano validamente convenire che l’assegno sia versato in un’unica soluzione, senza che il coniuge beneficiario possa pretendere, successivamente, ulteriori attribuzioni patrimoniali a titolo di mantenimento, salvo che non venga a versare in stato di bisogno ex art. 438 c.c. (cfr. Oberto, Prestazioni “una tantum” e trasferimenti tra coniugi in occasione di separazione e divorzio, Milano, 2000, 42-43; Angeloni, Autonomia privata e potere di disposizione nei rapporti familiari, Padova, 1997, 356; Ceccherini, Contratti tra coniugi in vista della cessazione del ménage, Padova, 1999, 116 ss.);

2) altra dottrina, pur condividendo la tesi della validità dei patti sulla corresponsione dell’assegno una tantum, precisa però che ciò non esclude l’operatività della clausola rebus sic stantibus, sicché al mutare delle circostanze di fatto sussistenti al momento del versamento di quell’assegno, corrisponde il diritto del coniuge economicamente più debole alla revisione delle condizioni economiche della separazione (cfr. Doria, Autonomia privata e “causa familiare”, Padova, 1997, 263 ss.);

3) altra tesi ancora ritiene che l’accordo sulla corresponsione in un’unica soluzione escluda la possibilità di avanzare successive pretese economiche, sebbene ritiene necessaria una valutazione in ordine alla “equità” dell’ammontare dell’assegno ad opera del giudice, estendendo così alla separazione la regola prevista in materia di divorzio dall’art. 5, comma 8, L. n. 898/1970 che stabilisce che la corresponsione dell’assegno di divorzio può avvenire in un’unica soluzione ove questa sia riconosciuta equa dal tribunale e che, in tal caso, non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico (cfr. Barbiera, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati, Bologna, 1993, 38 ss.; Mantovani, voce Separazione personale dei coniugi. I) Disciplina sostanziale, in Enc. giur., XXVIII, Roma, 1992, 19; Rossi Carleo, La separazione e il divorzio, in Tratt. dir. priv. a cura di Bessone, I, Torino, 1999, 286);

4) altri escludono in modo assoluto anche la possibilità di estinguere l’obbligazione di mantenimento attraverso un’unica corresponsione, configurando il mantenimento come diritto indisponibile (cfr. Morozzo della Rocca, voce Separazione personale (dir. priv.), in Enc. dir., XLI, 1989, 1399; Punzi, Nicolò, Il divorzio e il rapporto tra coniugi, in Riv. dir. civ., 1972, 94; Scardulla, La separazione personale tra i coniugi e il divorzio, Milano, 1996, 316-317)


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