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Deposito merci: destinazione d’uso commerciale o produttiva?

1 Agosto 2021 | Autore:
Deposito merci: destinazione d’uso commerciale o produttiva?

Non è facile stabilire quale sia la destinazione d’uso di un magazzino di stoccaggio di prodotti; pertanto, con questo articolo, cerchiamo di vederci più chiaro.

Deposito, magazzino, locale di stoccaggio: nomi diversi per indicare un’area che, sotto il profilo urbanistico, è adibita alla conservazione delle merci, senza che vi si registri la presenza di persone, se non in maniera accessoria ed episodica nelle fasi di carico e scarico.

Ma qual è la destinazione urbanistica di un deposito merci? Si tratta di una destinazione d’uso commerciale o produttiva? Per saperne di più, prosegui nella lettura di questo articolo.

Le destinazioni d’uso

Prima di tutto, bisogna distinguere tra destinazione d’uso catastale e destinazione d’uso urbanistica. La prima rileva soprattutto sotto il profilo fiscale, in quanto, sulla base della categoria (A/2, C/3, ecc.) assegnata a un determinato immobile, verranno calcolate le relative imposte da versare.

La destinazione urbanistica, invece, scaturisce dai titoli abilitativi dell’immobile (per esempio, permesso di costruire, eventuale sanatoria, ecc.), i quali determinano la sua agibilità/abitabilità. Si tratta, precisamente, delle funzioni attribuite all’immobile dall’ordinamento, in virtù delle sue caratteristiche strutturali e architettoniche

Dunque, può accadere che le caratteristiche di un immobile, sotto il profilo catastale, non coincidano con l’utilizzo indicato nella destinazione d’uso.

Le categorie funzionali (o destinazioni urbanisticamente rilevanti) sono le seguenti [1]:

  • residenziale;
  • turistico-ricettiva;
  • produttiva e direzionale;
  • commerciale;
  • rurale.

L’identificazione delle tipologie di immobili riconducibili a ciascuna categoria è rimessa alle normative regionali e alle disposizioni comunali in materia urbanistica.

Un parametro molto importante, utilizzato per l’assegnazione di un immobile a una particolare categoria funzionale, è il cosiddetto carico o impatto urbanistico, ovverosia l’insieme della dotazioni – per esempio, strade, fogne, reti idriche ed elettriche – rese necessarie proprio dall’esistenza di un nuovo insediamento e la cui realizzazione o fruizione comporta il pagamento dei cosiddetti oneri di urbanizzazione.

La destinazione d’uso dei magazzini

La questione relativa alla destinazione d’uso da assegnare a un’area adibita a stoccaggio di merci è piuttosto controversa, anche perché il Testo Unico dell’edilizia non indica espressamente la destinazione urbanistica del magazzino.

Per diverso tempo, l’attività di logistica – alla quale sono riconducibili gli immobili adibiti a deposito – è stata inquadrata nell’ambito della funzione produttiva o industriale, ritenendola pertanto insediabile soltanto nelle zone aventi tali specifiche destinazioni.

Con il passare degli anni, le Regioni e le amministrazioni comunali hanno iniziato a riconoscere la possibilità di realizzare interventi edilizi aventi qualunque destinazione che non fosse espressamente esclusa dagli strumenti urbanistici nella zona interessata all’insediamento. Dunque, la problematica relativa all’eventuale incompatibilità di un insediamento di logistica con la destinazione di zona è da ritenersi superata.

Il problema della destinazione urbanistica degli immobili di stoccaggio delle merci è stato affrontato da diverse pronunce della giustizia amministrativa.

Orbene, i giudici di primo grado (cioè i Tar) sono orientati, in prevalenza, nel senso di assimilare le attività logistiche non più a quelle “produttive o industriali” bensì a quelle “commerciali”. Ciò sia perché le attività logistiche presenterebbero caratteristiche proprie di quelle commerciali e sia perché la destinazione commerciale o di vendita non comporta necessariamente l’accesso del pubblico, quanto piuttosto la concreta destinazione del locale a soddisfare le esigenze dell’impresa commerciale.

In senso contrario, va peraltro segnalata una recente sentenza, la quale stabilisce che l’uso di un magazzino di stoccaggio di merci senza accesso del pubblico generico, limitato quindi ai trasportatori, è del tutto distinto dall’utilizzo di un immobile come punto di vendita, con accesso del pubblico per l’acquisto di beni all’ingrosso e al dettaglio [2].

Dal canto proprio, il giudice amministrativo di secondo grado (cioè il Consiglio di Stato) ha espresso un orientamento diverso. In particolare, ha avuto modo di precisare che, con riferimento al deposito di merci, va ritenuto rilevante, ai fini dell’aumento del carico urbanistico – concetto al quale si è fatto sopra riferimento, il solo caso dell’accesso di pubblico per l’acquisto di beni all’ingrosso e al dettaglio, non anche la diversa ipotesi in cui l’afflusso sia limitato ai trasportatori, circostanza che porta a considerare l’immobile come magazzino di stoccaggio, ossia quale luogo finale del processo produttivo [3].

In effetti, la tesi secondo la quale la destinazione d’uso del deposito merci andrebbe qualificata come “produttiva e direzionale” e non “commerciale”, appare maggiormente condivisibile, soprattutto in virtù della considerazione per la quale il carico urbanistico – concetto del quale si è parlato poco sopra – determinato da un’area adibita a stoccaggio di prodotti, senza accesso indistinto di potenziali clienti, è sicuramente minore rispetto a spazi utilizzati con finalità commerciale, i quali prevedono un afflusso indifferenziato di pubblico.


note

[1] Art. 23bis Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001).

[2] TAR Brescia, sent. 703/2019.

[3] Consiglio di Stato, sent. 6388/2018.


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