Il lavoratore che si ammala con una frequenza eccessiva rischia di essere licenziato se le continue assenze diventano un problema organizzativo per l’azienda.
Nell’ultimo anno, sei stato colpito da numerose problematiche di salute che ti hanno costretto ad assentarti spesso dal lavoro per brevi periodi. Ma quali sono i rischi di eccessiva morbilità? Non hai ancora superato il periodo di comporto, tuttavia temi che la frequenza delle assenze possa indurre l’azienda a licenziarti. È possibile?
Devi sapere che il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro per tutta la durata dell’assenza per malattia, a meno che non superi un periodo massimo detto comporto. Ma cosa succede in caso di eccessiva morbilità? Quali rischi corre il dipendente?
Secondo alcune pronunce, assentarsi spesso dal lavoro può costituire un giustificato motivo di licenziamento anche quando il numero di giorni di malattia non supera il periodo di comporto. Ma andiamo per ordine.
Indice
Assenza per malattia: come funziona?
Il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro se viene colpito da una patologia che gli impedisce, per un certo numero di giorni, di svolgere regolarmente l’attività di lavoro. Lo stato morboso, per giustificare l’assenza, deve essere debitamente attestato dal medico curante tramite il certificato telematico di malattia. Il documento redatto dal medico contiene la cosiddetta prognosi, ossia, il periodo di riposo a casa che viene prescritto per la guarigione. In tutte le giornate comprese in tale lasso temporale, il dipendente può stare a casa senza lavorare.
Assenza per malattia: quali diritti?
Durante l’assenza per malattia il dipendente ha diritto ad astenersi dalla prestazione di lavoro e a ricevere un’indennità economica sulla base delle previsioni di legge e del contratto collettivo. La tutela economica durante la patologia, infatti, non è uguale per tutti i dipendenti ma varia a seconda del settore di attività dell’azienda e della qualifica del lavoratore.
I dipendenti che hanno accesso all’indennità di malattia Inps ricevono dall’istituto, per il tramite del datore di lavoro, una somma di denaro sostitutiva della retribuzione che spetta dal 4° giorno di malattia sino a 180 giorni nell’anno solare e che ammonta al:
- 50% dello stipendio medio giornaliero dal 4° al 20° giorno;
- 66,66% dello stipendio medio giornaliero dal 21° al 180° giorno.
Inoltre, i contratti collettivi prevedono, molto spesso, l’obbligo del datore di lavoro di integrare tale indennità con un’ulteriore somma di denaro a proprio carico.
Assenza per malattia: può portare al licenziamento?
Essere assenti per malattia non è, di per sé, un valido motivo per essere licenziati. La legge [1] prevede, infatti, che il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro, in caso di assenza determinata dalla patologia, per un lasso temporale massimo detto periodo di comporto, la cui durata è stabilita dai Ccnl. Se, terminato il comporto, l’assenza perdura, il datore di lavoro può procedere al licenziamento. Ciò è vero a meno che il Ccnl non preveda la possibilità per il lavoratore di chiedere, dopo il superamento del periodo di comporto, l’aspettativa non retribuita per malattia. In tal caso, il diritto alla conservazione del posto si estende a tutto il periodo di congedo riconosciuto al lavoratore sulla base delle norme del Ccnl.
Licenziamento per eccessiva morbilità: cos’è?
In generale, la malattia può diventare un motivo di licenziamento solo se l’assenza supera il periodo di comporto. Ma come si può gestire un lavoratore che si assenta di continuo per malattie brevi, determinando un disagio organizzativo? In questi casi, la giurisprudenza [2] ha creato la figura del licenziamento per eccessiva morbilità. Si tratta di un recesso per giustificato motivo oggettivo [3], ossia, per fatti relativi all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.
In particolare, l’eccessiva morbilità del dipendente può giustificare il licenziamento se le assenze hanno delle caratteristiche tali da determinare un problema per l’organizzazione del lavoro. Ciò avviene, ad esempio, in caso di:
- assenze a macchia di leopardo;
- malattie brevi e reiterate;
- assenze agganciate a giorni di riposo, festività oppure comunicate all’ultimo momento.
In questi casi, il lavoratore diventa inaffidabile per l’azienda dal punto di vista organizzativo e la sua prestazione non è, dunque, proficuamente utilizzabile.
Licenziamento per eccessiva morbilità: come funziona?
Trattandosi di un licenziamento per motivi oggettivi, l’azienda potrà procedere al recesso dal rapporto di lavoro per eccessiva morbilità garantendo al lavoratore il periodo di preavviso previsto dal Ccnl sulla base dell’anzianità di servizio e del livello di inquadramento.
Il licenziamento dovrà essere comunicato per iscritto e, nella lettera, dovrà essere indicato il motivo che lo ha reso necessario.
Il lavoratore potrà impugnare il recesso con lettera stragiudiziale (una semplice raccomandata a/r in cui si contesta la legittimità del provvedimento) entro 60 giorni dalla data della comunicazione e, nei 180 giorni successivi all’invio dell’impugnativa, dovrà depositare il ricorso innanzi al giudice del lavoro.
Se il magistrato accerterà che il recesso è illegittimo condannerà l’azienda a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro oppure a pagargli una somma di denaro. Il tipo di tutela applicata dipende dalla data di assunzione, dalle dimensioni aziendali e dalla ragione che, secondo il giudice, ha reso il licenziamento illegittimo.
note
[1] Art. 2110 cod. civ.
[2] Trib. Milano 15 dicembre 2015, n. 3426; Trib. Milano 19 gennaio 2015, n. 1341; Cass. 18678/2014.
[3] Art. 3 L. 604/1966.