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Differenze retributive: quando si prescrivono?

10 Agosto 2021
Differenze retributive: quando si prescrivono?

Il lavoratore può far valere eventuali crediti da lavoro maturati entro i termini di prescrizione.

Sono ormai cinque anni che svolgi mansioni superiori rispetto al tuo livello di inquadramento. Sei andato dal consulente del lavoro ed hai ottenuto il conteggio di ciò che avresti avuto diritto a prendere se fossi stato correttamente inquadrato. Vuoi sapere se c’è un termine entro il quale devi chiedere queste differenze retributive al datore di lavoro.

Nel nostro ordinamento, tutti i crediti devono essere fatti valere entro un periodo di tempo massimo detto prescrizione. Questa regola vale anche nei rapporti di lavoro anche se ci sono delle regole particolari a tutela del dipendente. Ma le differenze retributive quando si prescrivono?

Come vedremo, è ancora aperta la questione della decorrenza della prescrizione per i crediti da lavoro. Ci si chiede, infatti, se il lavoratore deve attivarsi per recuperare il credito durante lo svolgimento del rapporto di lavoro o solo dopo la sua cessazione.

Differenze retributive: cosa sono?

Il contratto di lavoro deve prevedere quale sarà il ruolo svolto dal dipendente all’interno dell’azienda. Le mansioni vengono indicate nella lettera di assunzione tramite l’attribuzione al lavoratore di un determinato inquadramento nella scala di classificazione del personale del contratto collettivo (ovvero indicando il livello di inquadramento, ad esempio 1°, 2° oppure A, B, C).

Non sempre, tuttavia, il lavoratore svolge realmente le mansioni per cui è stato assunto. A volte, l’azienda richiede al dipendente di compiere attività di livello superiore, per le quali spetterebbe anche uno stipendio più alto. I Ccnl, infatti, stabiliscono i minimi salariali da corrispondere ai lavoratori proprio in base al loro livello di inquadramento.

L’adibizione a mansioni superiori produce, per il lavoratore, delle differenze retributive, ossia, un credito pecuniario pari alla differenza tra lo stipendio erogato e quello cui il dipendente avrebbe avuto diritto se fosse stato correttamente inquadrato nel livello superiore.

Crediti da lavoro: cosa sono?

Le differenze retributive non sono l’unico credito che il lavoratore potrebbe maturare nel corso del rapporto di lavoro. Ci sono, infatti, molti altri emolumenti che il datore di lavoro potrebbe omettere di pagare oppure erogare in misura ridotta e non corretta.

Tra i principali crediti da lavoro troviamo:

  • stipendi arretrati;
  • tredicesima e quattordicesima non pagate;
  • maggiorazioni per lavoro straordinario, festivo, notturno non erogate;
  • permessi retribuiti non goduti;
  • indennità previste dal Ccnl non riconosciute;
  • bonus non versati.

Crediti da lavoro: quando si prescrivono?

I crediti da lavoro, comprese le differenze retributive, si prescrivono in cinque anni. Il problema, tuttavia, è individuare il momento a partire dal quale il quinquennio deve essere calcolato. In base alle regole generali, la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il credito è diventato esigibile. Per esempio, se lo stipendio deve essere versato il 27 del mese, la prescrizione quinquennale dovrebbe decorrere a partire da quella data.

Nel rapporto di lavoro, tuttavia, il lavoratore si trova in una posizione di debolezza e di timore nei confronti del datore di lavoro che può, senza dubbio, condizionare l’esercizio del suo diritto a chiedere il pagamento di quanto gli spetta.

Per questo, la giurisprudenza ha introdotto la sospensione della prescrizione fino alla cessazione del rapporto di lavoro. Si è previsto, in sostanza, che nei rapporti di lavoro in cui non è garantita la stabilità in caso di licenziamento, il credito da lavoro inizia a prescriversi dalla fine del rapporto e non dal momento in cui è divenuto esigibile. Solo una volta cessato il rapporto, infatti, il lavoratore si sentirà libero di far valere i suoi diritti.

Sospensione della prescrizione: quando si applica?

Fino al 2012, non c’erano dubbi sull’applicazione della sospensione della prescrizione che riguardava solo le aziende con meno di quindici dipendenti nelle quali, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore non poteva ottenere il reintegro nel posto di lavoro ma solo una somma di denaro. Nelle aziende più grandi, invece, vista la forte tutela in caso di illegittimità del recesso, la prescrizione poteva decorrere anche durante il rapporto di lavoro.

Dal 2012, tuttavia, la riforma Fornero [1] ha indebolito la tutela del lavoratore licenziato senza giustificato motivo anche nelle aziende più grandi e, dunque, secondo numerose pronunce, la prescrizione resta sospesa in tutte le aziende, sia grandi che piccole, salvo che nel pubblico impiego dove continua ad applicarsi la tutela reintegratoria piena. Il dibattito, tuttavia, è ancora aperto.


note

[1] L. 92/2012.


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