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Affido condiviso e turni di lavoro

11 Agosto 2021
Affido condiviso e turni di lavoro

Gli orari di lavoro dei genitori separati possono influire sulle modalità di affidamento dei figli?

Tu e tua moglie avete deciso di separarvi di comune accordo. Entrambi, infatti, non provate più alcun sentimento l’uno per l’altra, se non un rispetto reciproco. Non è stato facile giungere a questa conclusione dopo diversi anni di matrimonio, ma è la scelta più giusta per tutti. L’unica cosa che ti preoccupa è che, lavorando tutto il giorno, temi di non riuscire a vedere i tuoi bambini come vorresti. In questo articolo parleremo di affido condiviso e turni di lavoro.

Devi sapere che quando due genitori decidono di separarsi, i minori vengono quasi sempre affidati ad entrambi con collocamento prevalente presso uno dei due (solitamente, la mamma). Di conseguenza, il genitore non collocatario potrà vedere la prole nei tempi e nei modi previsti nel provvedimento di separazione. In ogni caso, i coniugi possono sempre trovare un accordo circa le modalità del diritto di visita, che tenga conto delle esigenze lavorative di entrambi e dell’interesse del figlio. Se l’argomento è di tuo interesse e desideri avere maggiori informazioni, ti consiglio di proseguire nella lettura.

Cosa si intende per affido condiviso?

Prima di entrare nel merito della questione, voglio spiegarti come funziona l’affidamento dei figli durante la separazione dei genitori.

Anzitutto, è bene non confondere l’affidamento con il collocamento. Nel primo caso, infatti, si tratta dell’esercizio della responsabilità genitoriale sul minore; nel secondo caso, invece, ciò che rileva è la residenza del figlio, ossia il luogo dove abita stabilmente.

Quindi, si parla di affidamento solamente in relazione ai minori. In tal caso, i genitori, anche se hanno intrapreso un percorso di separazione o divorzio, sono tenuti al mantenimento, all’educazione ed all’istruzione dei figli.

Come ti ho già anticipato in premessa, nella maggior parte dei casi, il giudice opta per l’affido condiviso al fine di garantire pienamente il principio di bigenitorialità, in base al quale il minore ha il diritto di conservare un rapporto stabile sia con la mamma che con il papà.

Con l’affido condiviso, quindi, i genitori adottano di comune accordo tutte le decisioni più rilevanti nell’interesse del figlio (ad esempio, se fargli frequentare la scuola pubblica o privata) ed autonomamente tutte le questioni di ordinaria amministrazione (ad esempio, quali libri scolastici acquistare). In caso di contrasto, è possibile interpellare il giudice che, valutate le divergenze, deciderà in merito.

Affido condiviso: come funziona il collocamento?

Come ti ho già spiegato, oltre all’affidamento, viene disciplinato anche il collocamento, cioè il luogo in cui il figlio minore andrà ad abitare dopo la separazione dei genitori. Ti faccio un esempio per chiarirti meglio questo concetto.

Tizio e Caia si separano e il giudice stabilisce l’affidamento condiviso di Caietto con collocamento prevalente presso la mamma. Tizio può vedere il figlio ogni martedì e giovedì dalle 17.00 alle 20.00 e tenerlo presso di sé due weekend al mese (oltre ai periodi di vacanza).

Come puoi notare nell’esempio che ti ho riportato, il figlio è stato affidato ad entrambi i genitori, ma rimarrà ad abitare con la mamma Caia. Il papà, invece, potrà esercitare il diritto di visita secondo le modalità stabilite dal tribunale.

Quindi, l’espressione “collocamento prevalente” vuol dire che il minore abiterà stabilmente con il genitore (cosiddetto collocatario) ritenuto più idoneo a garantirgli una certa stabilità.

Tuttavia, esistono delle alternative in quanto il collocamento può essere anche:

  • alternato: nel senso che il bambino dovrà spostarsi con una certa frequenza, in quanto abiterà, a periodi alternati, un po’ con il papà e un po’ con la mamma presso i loro appartamenti;
  • invariato: in questa seconda ipotesi, sono i genitori a spostarsi, nel senso che si alterneranno a vivere con il figlio nella casa coniugale.

Va detto, però, che entrambe le ipotesi (collocamento alternato e invariato) sono poco frequenti. La prima, infatti, comporta un eccessivo stravolgimento delle abitudini del minore. La seconda, invece, impone ai genitori di avere ciascuno un’abitazione in cui vivere una volta terminato il proprio “turno”.

Affido condiviso e turni di lavoro

Appurato che la soluzione più frequente è il regime dell’affido condiviso con collocamento prevalente del minore presso uno dei due genitori, vediamo adesso come regolarsi con i turni di lavoro di mamma e papà. Ti faccio un altro esempio.

Mevio e Sempronia hanno intenzione di separarsi consensualmente. La coppia ha concordato che la loro figlioletta continuerà ad abitare con la mamma e potrà vedere il papà due volte a settimana. Tuttavia, dopo qualche mese, Mevio viene assunto come infermiere presso il pronto soccorso dell’ospedale con turni di lavoro molto pesanti.

Ebbene, in base al regime lavorativo dei genitori, è possibile prevedere un ampliamento dei tempi di permanenza del figlio con ciascuno di essi. Al riguardo, però, va precisato che, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, i turni di lavoro non giustificano di per sé uno spostamento della residenza del bambino (il cosiddetto collocamento alternato). Ciò che conta, infatti, è solamente l’interesse del minore, al quale bisogna assicurare una certa stabilità ed una crescita serena ed equilibrata. Tali effetti si possono conseguire principalmente con il regime dell’affidamento congiunto che, tuttavia, non implica che mamma e papà trascorreranno con il figlio tempi assolutamente identici.

Pertanto, ciò che conta è solamente il benessere del minore. Questo vuol dire, ad esempio, che se il figlio è piccolissimo, è bene optare per il collocamento prevalente presso la madre, anche se la stessa ha orari di lavoro più scomodi.

Chiaramente, se per esigenze lavorative uno dei genitori è costretto a stare lontano da figli per diverso tempo (pensa, ad esempio, ad un medico in missione all’estero), è possibile anche accordarsi per l’affido esclusivo. Tale decisione, tuttavia, deve essere sempre sottoposta al vaglio del giudice.

L’affido condiviso può diventare esclusivo?

Se l’affido condiviso è ritenuto dannoso per il minore, il giudice può disporre il regime esclusivo. Si tratta di un’ipotesi particolare che si verifica allorquando uno dei due genitori sia completamente inadatto al suo ruolo educativo. Ti faccio un esempio.

Tizio e Caia si sono separati ed hanno l’affidamento condiviso del figlio Caietto di sette anni. Dal giorno della separazione, però, Tizio è diventato scontroso e particolarmente violento. Tale comportamento induce Caia a richiedere al giudice l’affido esclusivo del bambino.

Con l’affidamento esclusivo si crea una compressione della responsabilità genitoriale in capo al soggetto non affidatario, il quale può intervenire nelle questioni più rilevanti, chiedere l’intervento del giudice se ritiene che l’altro abbia assunto decisioni pregiudizievoli per il figlioletto e, infine, esercitare il suo diritto di visita (sempre secondo le modalità previste dal giudice).

Infine, come ti ho già anticipato poc’anzi, l’affido esclusivo può anche essere concordato dal padre e dalla madre se risponde all’interesse del minore.

Se vuoi saperne di più sull’argomento, ti suggerisco la lettura dell’articolo “Affidamento esclusivo: quando e come chiederlo“.



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