La violenza psicologica può sfociare in uno dei seguenti delitti:
- minaccia;
- violenza privata;
- stalking;
- maltrattamenti.
Abusi e maltrattamenti psichici: quando è possibile sporgere querela? Il catcalling è violenza morale?
La legge non ammette la violenza fisica. Solo eccezionalmente è possibile difendersi con la forza bruta, se non ci sono alternative per salvare sé o altri da un pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Quanto detto per la violenza fisica vale anche per la violenza psicologica: sebbene sia più difficile da dimostrare, non significa che sia meno grave della prima. Gli abusi psicologici sono molto più subdoli e, a volte, più pericolosi del mero esercizio della forza fisica. La violenza psicologica è reato?
Sfogliando le pagine del Codice penale non si troverà praticamente nulla a proposito degli abusi psicologici; ciononostante, non significa che la vittima di tali maltrattamenti non possa sporgere denuncia e ottenere giustizia. E così, la persona vittima di soprusi psichici potrà presentare querela, purché però la condotta del reo superi la soglia della rilevanza penale, così come stabilito dalla legge. Quando la violenza psicologica è reato? Scopriamolo insieme.
Indice
La violenza psicologica è il sopruso che si manifesta non mediante l’esercizio della forza fisica bensì per mezzo di coercizioni e vessazioni in grado di prostrare la vittima ed, eventualmente, indurla a fare o a subire qualcosa che altrimenti non vorrebbe.
In genere, la violenza psicologica si manifesta mediante abusi verbali e comportamenti degradanti per chi li subisce: insulti, umiliazioni pubbliche, atti d’insolenza (come uno sputo o una spinta).
La violenza psicologica non lascia tracce sulla pelle ma sulla psiche della vittima, provocando a volte danni permanenti o, comunque, a cui è difficile porre rimedio.
Come spiegato nell’articolo “Violenza morale: cos’è?“, gli abusi psicologici possono avere conseguenze sia civili che penali.
Da quest’ultimo punto di vista, la violenza psicologica può sfociare in uno dei seguenti delitti:
Analizziamo brevemente ciascuno di questi reati.
Secondo la legge, chi minaccia un’altra persona di un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro. Se la minaccia è grave (ad esempio, minaccia di morte) o è perpetrata mediante l’utilizzo di armi o altri metodi particolarmente intimidatori, la pena è della reclusione fino a un anno e, in quest’ultimo caso, si procede d’ufficio [1].
La violenza psicologica può senza dubbio integrare il delitto di minaccia: quest’ultima, infatti, non è altro che una violenza verbale consistente nella prospettazione di un male ingiusto, idonea a incutere timore e ad avere ripercussioni psichiche nella vittima.
Quanto detto per il reato di minaccia vale, tutto sommato, anche per quello di violenza privata, che consiste nella condotta di chi, con violenza o minaccia, costringe un’altra persona a fare, tollerare, od omettere qualcosa. La pena è la reclusione fino a quattro anni, aumentata nei casi di violenza aggravata (ad esempio, perché fatta mediante l’uso delle armi, con l’aiuto di altre persone, ecc.) [2].
Anche nell’ipotesi di violenza privata, quindi, è possibile ravvisare un abuso psicologico tutte le volte in cui la libertà di una persona, da intendersi sia come libertà fisica di movimento che di libero convincimento, sia “violentata”, cioè costretta a percorrere una strada diversa da quella che si sarebbe voluta in realtà.
Anche lo stalking può essere integrato da una violenza psicologica, purché non si tratti di una condotta singola ma reiterata nel tempo.
È noto che il delitto di stalking scatti quando una persona, con condotte ripetute, minaccia o molesta la vittima inducendola a temere per la propria incolumità, a vivere in un grave stato d’ansia oppure a cambiare le abitudini di vita [3].
Gli atti persecutori possono tranquillamente consistere in abusi psicologici, come ad esempio in pedinamenti molesti, telefonate strategicamente effettuate per arrecare disturbo, parole insinuanti.
Secondo la legge, commette reato chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni [4].
Questa fattispecie di reato è applicabile anche a chi causa un dolore psichico, purché la vittima sia convivente. Secondo la giurisprudenza, infatti, nei maltrattamenti non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla dignità, idonei a causare sofferenze morali [5].
Chi è vittima di violenza psicologica può sporgere denuncia/querela ogni volta che ricorrano gli estremi di uno dei reati sopra indicati.
A parte il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi, tutti gli altri sono delitti punibili a querela di parte (salvo le forme aggravate): ciò significa che la vittima potrà sporgere querela entro tre mesi a far data dall’ultimo atto di violenza psicologica subito. Solo per lo stalking, il termine è di sei mesi.
I maltrattamenti sono invece denunciabili da chiunque, anche da persona diversa dalla vittima, in qualsiasi momento, senza limiti di tempo.
Anche il catcalling, cioè la deprecabile abitudine di insolentire le donne in strada, può costituire un’ipotesi di violenza psicologica. Per sapere se questa condotta costituisce reato, si rinvia alla lettura dell’articolo “Catcalling: cos’è e quand’è reato?“.
La violenza psicologica può sfociare in uno dei seguenti delitti:
[1] Art. 612 cod. pen.
[2] Art. 610 cod. pen.
[3] Art. 612-bis cod. pen.
[4] Art. 572 cod. pen.
[5] Cass., sent. n. 8396 del 12.09.1996.
Autore immagine: canva.com/
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