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Schiamazzi notturni: cosa dice la legge?

12 Agosto 2021 | Autore:
Schiamazzi notturni: cosa dice la legge?

Rumori e immissioni moleste nel cuore della notte: quando gli strepiti dei vicini sono intollerabili? In quali casi scatta il reato?

Uno dei motivi più frequenti di controversie riguarda i rumori molesti che provengono dalla proprietà del vicino. Gli esempi potrebbero essere molti: dalla tv ad alto volume alle liti a squarciagola, dagli elettrodomestici attivati di notte agli avventori degli esercizi commerciali. Insomma, il catalogo delle immissioni rumorose è davvero ricco e variegato. Purtroppo, quanti hanno bussato alle porte dei tribunali per ottenere giustizia hanno spesso ottenuto risultati davvero insoddisfacenti; ciò perché non è facile dimostrare il disturbo causato dai vicini. Ma cosa dice la legge sugli schiamazzi notturni?

Sin da subito, possiamo dire che le molestie derivanti dai rumori provocati di notte possono integrare un doppio illecito: uno di natura civile e l’altro di natura penale. Affinché si integri il reato, però, c’è bisogno che le immissioni rumorose arrechino fastidio a più persone: non è sufficiente, in pratica, togliere il sonno solamente al vicino di casa, essendo necessario che più soggetti, anche potenzialmente, possano udire gli strepiti.

Se l’argomento ti interessa, prosegui nella lettura: vedremo insieme cosa dice la legge a proposito degli schiamazzi notturni.

Schiamazzi notturni: la tutela civile

La legge punisce i rumori intollerabili provenienti dalla proprietà vicina. Per la precisione, il Codice civile [1] stabilisce che non si possono impedire le immissioni provenienti dal fondo altrui se le stesse non superano la normale tollerabilità.

Per immissioni si intendono tutte le propagazioni provenienti dalla proprietà del vicino, quali rumore, fumo, calore, esalazioni, scuotimenti, ecc.

Dunque, la legge non proibisce in maniera categorica le immissioni (ivi compresi gli schiamazzi), ma solamente quelle che oltrepassano la normale tollerabilità.

Il limite della normale tollerabilità deve essere valutato dal giudice, in quanto la legge non fornisce un parametro di riferimento.

Il giudice, pertanto, dovrà di volta in volta tenere in considerazione tutte le circostanze concrete del caso. Per la precisione, nel valutare la tollerabilità o meno dell’immissione rumorosa, il magistrato potrà considerare:

  • la condizione dei luoghi, per tale dovendosi intendere la concreta diffusione delle abitudini di vita e dei comportamenti sociali in quel determinato contesto [2];
  • le esigenze della produzione, accordando pertanto una sorta di preferenza alle attività commerciali;
  • il preuso, cioè la priorità dell’utilizzo. Ad esempio, se Tizio acquista un’abitazione nei pressi di una fabbrica, dopo non potrà lamentarsi dei rumori provenienti da quest’ultima, visto che, al momento dell’acquisto, era già a conoscenza della situazione.

Infine, il giudice potrà anche tener conto dei limiti posti dalla legge quadro sull’inquinamento acustico [3], secondo cui i rumori del vicino non devono superare di 3 dB il rumore di fondo (se i rumori si verificano nelle ore notturne) oppure di 5 dB il rumore di fondo (se i rumori si verificano di giorno). Il superamento di tali soglie sarebbe un’idonea prova dell’intollerabilità dei rumori anche se, di per sé, non farebbe scattare la tutela civilistica: la violazione della legge sull’inquinamento acustico, infatti, comporta solo una sanzione amministrativa.

Nel caso in cui i rumori siano ritenuti intollerabili dal giudice, la persona danneggiata può chiedere il risarcimento del danno e la tutela inibitoria, cioè la cessazione della condotta molesta.

Schiamazzi notturni: quando è reato?

Secondo il Codice penale [4], chi «mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, o ancora suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda sino a euro 309».

Si applica invece l’ammenda da 103 a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.

La norma prevede quindi due ipotesi diverse a seconda della fonte del rumore:

  1. nella generalità dei casi, per far scattare il reato è necessario che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo;
  2. invece, quando il rumore provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi (come quella che svolge all’interno di un pub e/o di un ristorante con musica dal vivo), si presume la turbativa della pubblica tranquillità e l’intollerabilità del rumore.

Mentre la prima ipotesi è volta a tutelare il riposo e la tranquillità del vicinato e richiede l’accertamento concreto del disturbo arrecato, la seconda prescinde dalla verificazione della misura del disturbo, integrando un’ipotesi di presunzione legale di rumorosità.

La Corte di Cassazione [5] ha stabilito che, quando i rumori provengono da un locale notturno (si pensi una discoteca o un cabaret) il reato scatta solo se i rumori sono in grado di disturbare un numero indeterminato di persone, così da soddisfare il requisito della turbativa della pubblica tranquillità. Se tale prova non viene raggiunta in giudizio, il titolare del locale in cui si è svolto lo spettacolo musicale va assolto.

Questo non significa, però, che non ci sia responsabilità civile. Come ricordato, se i suoni o rumori sono intollerabili, si potrà comunque chiedere al giudice il risarcimento del danno e la cessazione della molestia.

Schiamazzi in condominio

Abbiamo detto che, per ottenere il risarcimento dei danni derivanti da schiamazzi notturni, occorre dimostrare (con perizia tecnica oppure per testi, come vedremo nel prossimo paragrafo) l’intollerabilità dei rumori.

Questa prova, però, può essere resa più facile nel caso in cui esista un regolamento condominiale ben preciso, il quale può contenere anche regole più severe rispetto a quelle della legge.

Facciamo un esempio.

Il regolamento condominiale vieta qualsiasi attività che possa arrecare disturbo al riposo delle persone durante le ore del primo pomeriggio (cosiddetta fascia di silenzio). La violazione di questa disposizione comporterà senza dubbio la responsabilità del trasgressore.

Secondo la giurisprudenza [6], in presenza di un regolamento condominiale, deve ritenersi superato il dettato codicistico che si limita a un generico riferimento alla normale tollerabilità. Ciò significa che, se il regolamento disciplina il problema dei rumori e degli schiamazzi, la disciplina interna deve ritenersi prevalente, cosicché il condomino disturbato potrà chiedere al giudice di essere risarcito e di far rispettare la normativa.

Schiamazzi notturni: come si provano?

Come dimostrare gli schiamazzi? Non basta dar prova solo del fatto che si sia avvertito un rumore, ma bisogna anche dimostrare che esso è stato superiore alla normale tollerabilità.

Di norma, questo elemento viene valutato da perizie fonometriche che accertano l’entità dei decibel provenienti dalla fonte rumorosa. Ma non sempre ciò è possibile: si pensi al vicino che, di notte, sposti i mobili e che, allertato dall’avvio della causa, cessi i comportamenti molesti, così rendendo impossibile la determinazione dell’entità del fragore.

Consapevole di tale difficoltà, la giurisprudenza ha precisato che non devono essere prodotte necessariamente perizie tecniche, in quanto è possibile avvalersi di altri mezzi di prova per dimostrare l’intollerabilità degli schiamazzi, come ad esempio le testimonianze.

In questi casi, quindi, il giudice può basarsi anche sulla base di prove testimoniali: se altre persone affermano di aver sentito gli stessi rumori, ritenendoli insopportabili, allora si può ritenere provato il fatto lesivo.


note

[1] Art. 844 cod. civ.

[2] Legge n. 447/1995.

[3] Cass., sent.. n. 2166/2006

[4] Art. 659 cod. pen.

[5] Cass. sent. n. 25424/2016 del 20.06.2016.

[6] Trib. Milano, sent. n. 5465/2016 del 03.05.2016.

Autore immagine: canva.com/


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