8 segnali che sei vittima di violenza psicologica


Come riconoscere i maltrattamenti psicologici? I campanelli d’allarme a cui fare attenzione.
Hai conosciuto un uomo molto interessante; con il suo savoir faire è riuscito presto a farsi spazio nel tuo cuore. Un uomo presente, premuroso, attento ai piccoli dettagli. Un punto di riferimento nella tua vita. Peccato che, dopo averti conquistata, ha rivelato la sua vera natura. Si è dimostrato un uomo pieno di sé, egocentrico, egoista. Un vero e proprio narcisista. Non riesce a sopportare che tu possa essere al centro dell’attenzione, quindi non appena si presenta l’occasione, cerca il modo di sminuirti e criticarti in presenza di amici e parenti. Come mai? Devi sapere che questi sono chiari segnali che sei vittima di violenza psicologica.
Hai presente la favola di Fedro “La rana e il bue”? Ecco, proprio come la rana, lui si «gonfia» per invidia e cerca di apparire più grande di quello che è. Prova ad imitarti, ma ti umilia al tempo stesso con l’intento di accrescere la sua autostima e svilire la tua. Morale della favola: la rana alla fine esplode.
Nella vostra storia, proprio come nella favola di Fedro, non c’è alcun lieto fine, in quanto il tuo partner ti ferisce profondamente mettendo in atto una serie di comportamenti riconducibili alla violenza psicologica e, in prima persona, oltre ad essere perennemente insoddisfatto di sé e alla continua ricerca di approvazione, si renderà colpevole di una pluralità di condotte illecite che, una volta denunciate, gli costeranno molto care. Infatti, a seconda dei reati che possono configurarsi, sono previste sanzioni severe.
Piccolo inciso: nel nostro ordinamento giuridico, non c’è una norma che disciplina la violenza psicologica, ma le condotte ad essa collegate sono riconducibili ai seguenti reati: maltrattamenti contro familiari o conviventi [1], minaccia [2], atti persecutori (stalking) [3], mobbing, abuso dei mezzi di correzione e di disciplina [4], bullismo, cyberbullismo.
Pertanto, l’autore della violenza psicologica può essere tuo marito, il tuo fidanzato, un convivente, un genitore, un insegnante, un amico, un parente, un collega, il tuo datore di lavoro, un contatto conosciuto sui social.
Ma come riconoscere la violenza psicologica? Devi sapere che si tratta di una forma di maltrattamento subdola perché attraverso una serie di condotte (critiche, offese, minacce, accuse, ricatti), il responsabile mira ad esercitare il potere ed il controllo sulla vittima. Quali sono i segnali a cui fare attenzione? Per scoprirlo, prosegui nella lettura; ti indicherò 8 segnali che possono presentarsi quando sei vittima di violenza psicologica.
Indice
Umiliazione, svalutazione e disprezzo
Chiunque esercita la violenza psicologica parte proprio della svalutazione della vittima: tende ad umiliarla e a minare la sua autostima; minimizza i suoi successi ed esalta i suoi insuccessi; le ripete insistentemente che non vale nulla, che non riuscirà mai a raggiungere i suoi obiettivi e a realizzare i suoi sogni; sostiene che nessun altro la amerà come lui (se il responsabile delle condotte violente è il partner).
Chi ti maltratta psicologicamente, ti riempie di insulti e di parole di disprezzo, ti ridicolizza, ti mette a disagio in pubblico, fa del sarcasmo, evidenzia in maniera offensiva i tuoi difetti, colpisce i tuoi punti deboli, deride il tuo aspetto fisico (il cosiddetto body shaming), non riconosce il tuo valore e trova sempre la “scusa” per criticarti. Le critiche sono sempre ben accette, se costruttive, ma il responsabile di violenza psicologica muove delle osservazioni spiacevoli e acquisisce un tono inquisitorio di superiorità nei tuoi riguardi non per aiutarti a migliorare, bensì solo per farti sentire una completa nullità e calpestare la tua dignità.
Ricorda che più bassa sarà la tua autostima e maggiore sarà il controllo che il responsabile della violenza psicologica potrà esercitare su di te.
A questo punto, c’è da chiedersi: chi offende la tua dignità e ti provoca delle sofferenze morali commette reato? Secondo gli Ermellini, sì. Precisamente, si configura il reato di maltrattamenti; reato che non ricorre soltanto in presenza di percosse, lesioni, minacce e ingiurie, ma anche quando si manifestano atti di umiliazione e di offesa alla dignità della vittima [5].
Controllo degli affetti e tentativi di isolamento
Nei primi tempi di una frequentazione, è risaputo che, pur di conciliare amore e altri impegni di vita quotidiana, molti tendono a trascurare un po’ le amicizie e gli affetti per dedicare del tempo a chi gli fa battere il cuore. Il problema si pone quando, ad esempio, il tuo partner ti impedisce di uscire e tenta di isolarti dalla tua cerchia di amicizie o, addirittura, dai tuoi familiari. Ricorda che non sei un oggetto di sua proprietà. Non farti impietosire da frasi di circostanza e da uno pseudo intento protettivo nei confronti di coloro che ostacolano la vostra relazione e «non capiscono il suo amore».
Hai ricevuto un messaggio o una telefonata? Il tuo partner potrebbe chiederti chi ti ha contattato. Fin quando si tratta di mera curiosità, non c’è nessun problema. Ma cosa succede se tuo marito ti sottrae con forza lo smartphone dalle mani alla ricerca delle tracce di una presunta relazione? Attenzione: matrimonio e convivenza non possono comportare una limitazione al diritto di riservatezza del singolo coniuge, pertanto, in tal caso, si configura il reato di rapina, come precisato dalla Cassazione in una recente pronuncia [6].
Se invece hai lasciato il tuo cellulare sul divano, sul tavolo o sulla scrivania e tuo marito (o il tuo partner) decide di dare una sbirciatina ai messaggi, secondo la Suprema Corte [7], non può sussistere alcuna violazione della privacy, in quanto condividendo gli stessi spazi è naturale che la privacy tra coniugi o conviventi possa subire delle limitazioni.
Ipotesi ben diversa è quella in cui si ricorre a stratagemmi o inganni per spiare lo smartphone altrui: se il tuo partner riesce ad installare uno spy-software per captare le conversazioni ambientali e registrare le tue telefonate, incorre nel reato di interferenze illecite nella vita privata altrui [8].
E se dovesse leggere le tue email? Magari, hai dimenticato di fare il logout dalla tua casella di posta elettronica e sono rimaste memorizzate le credenziali di accesso. Nel frattempo, il tuo compagno ha usato lo stesso pc. Notando che non hai fatto il logout e approfittando della tua distrazione, ha deciso di controllare le tue conversazioni. In tal caso, visto che non è ricorso a nessun sotterfugio per carpire la tua password, ha commesso reato? La risposta è affermativa. Devi sapere che questo comportamento non solo configura la violazione della tua riservatezza, ma integra anche il reato di accesso abusivo a sistema informatico [9].
Gelosia ingiustificata
Il tuo compagno ti riempie di messaggi e telefonate quando esci per fare compere, per praticare attività fisica (in palestra o all’aperto) o per incontrare i tuoi amici? Oppure ti chiede di informarlo immediatamente anche se ti fermi a fare quattro chiacchiere con i tuoi colleghi una volta uscita dall’ufficio? Tu immagini che talvolta è fin troppo apprensivo e premuroso, ecco perché dovresti fare attenzione a certi comportamenti.
Magari, ti ha anche chiesto di inviargli una foto per capire se effettivamente ti trovi dove gli hai detto di essere e sapere cosa hai addosso. Come mai? Con molta probabilità, intende monitorare i tuoi spostamenti e avere il controllo sulla tua vita.
E poi, una volta rientrata a casa, potresti essere costretta a subire il suo terzo grado: «Con chi eri? Perché non hai risposto al telefono? Come mai sei in ritardo? Ma come ti sei vestita? Da chi ti devi far notare?». Potrebbe muoverti delle illazioni ingiustificate e accusarti di tradimento.
A fronte di queste domande e constatazioni, le sue giustificazioni potrebbero essere innumerevoli e tu potresti addirittura pensare che un po’ di gelosia non incrinerà mai il vostro rapporto. Finché, alla fine, non ti sentirai in gabbia e qualsiasi tua mossa farà scatenare la sua gelosia fino ad arrivare a riempirti di appellativi a dir poco sgradevoli e, nei casi più gravi, potresti ritrovarti a subire atti di violenza fisica.
Negazione
Talvolta, chi esercita la violenza psicologica tende a destabilizzare la vittima negando fatti realmente accaduti. È il cosiddetto gaslighting: si tratta di una manipolazione mentale volta a minare ogni certezza del partner, a demolire la sua autostima e ad alterare la percezione della realtà. Viene meno la sua capacità di giudizio. In pratica, è una sorta di «lavaggio del cervello» attraverso cui la vittima arriva a dubitare di sé stessa.
Con questa particolare forma di violenza psicologica, quando la vittima tenta di evidenziare gli atteggiamenti negativi del partner (umiliazioni, offese, azioni calcolate), quest’ultimo (definito gaslighter) nega tutto e la accusa di aver reagito in maniera eccessiva.
Sensi di colpa e falso pentimento
Con molta probabilità, dopo aver pronunciato nei tuoi riguardi una serie di insulti e dopo aver esercitato diverse forme di maltrattamento, il responsabile della violenza psicologica potrebbe accusarti dicendoti che sei stata tu a provocare la sua gelosia e ad aver fatto uscire il suo lato peggiore.
Insomma, con la sua capacità di capovolgere le carte in tavola, il tuo compagno/tuo marito potrà farti venire i sensi di colpa e tu finirai per sentirti sbagliata e sola. Oppure potrebbe riconoscere i suoi errori, mostrarsi pentito e disperato, assicurarti che non capiterà altre volte e che cambierà. Il tutto al solo scopo di impietosirti e continuare a tenerti legata a sé.
Limitazione all’autonomia economica
Non solo critiche, minacce e umiliazioni; chi esercita la violenza psicologica estende il suo controllo anche sul fronte economico. Lo scopo? Evitare che la propria partner possa lavorare ed essere indipendente; oppure contestare eventuali spese extra.
Continui messaggi e telefonate
Dopo aver lasciato il tuo ex compagno o il tuo ex marito per via delle continue umiliazioni, accuse e offese nei tuoi riguardi, lui non è riuscito ad accettare e superare la vostra rottura, così ha iniziato a tartassarti di messaggi e telefonate. Un giorno, lo hai perfino sorpreso a pedinarti.
Atteggiamenti che in un primo momento possono apparire come fastidiosi, ben presto possono trasformarsi in un reato. Precisamente, nel reato di atti persecutori (meglio conosciuto come stalking).
Lo stalking rientra tra le ipotesi del Codice rosso ed è disciplinato dall’articolo 612 bis del Codice penale. Il bene giuridico tutelato è la libertà personale e morale della vittima.
Quali sono i presupposti dello stalking? Affinché possa configurarsi questa fattispecie di reato, è necessario che lo stalker metta in atto condotte di minaccia e violenza reiterate in grado di provocare nella vittima la manifestazione di almeno uno dei seguenti eventi:
- un perdurante e grave stato di ansia e/o di paura;
- il fondato timore per la propria incolumità o per quella della persona legata affettivamente;
- la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.
Lo stalking è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. La pena è aumentata se il reato è commesso dal coniuge (separato o divorziato) o dalla persona legata da una relazione affettiva con la vittima.
Lo stalking è un reato abituale: per la sua configurabilità, come ti ho già anticipato, è necessaria la reiterazione delle condotte di minaccia o violenza. A questo punto, potresti chiederti: dopo quanto tempo la vittima può rivolgersi alle autorità? Dopo quante telefonate è stalking? La Corte di Cassazione [10] ha precisato che bastano anche solo un paio di episodi minacciosi o ossessivi per far scattare il reato. Inoltre, la Suprema Corte ha sottolineato che, per parlare di stalking, non occorre verificare il numero di molestie subite dalla vittima (ad esempio, quante chiamate o quanti messaggi ha ricevuto), bensì le ripercussioni che queste condotte hanno avuto sulla sua vita (vale a dire gli eventi indicati nel precedente elenco).
Come difendersi da uno stalker? Se sei vittima di stalking, puoi sporgere querela entro sei mesi oppure puoi presentare un’istanza al questore chiedendo l’emissione di un ammonimento nei confronti dello stalker.
La richiesta di ammonimento può essere presentata presso il Commissariato della Polizia di Stato o la Stazione dell’Arma dei Carabinieri. Nell’istanza, devi indicare le minacce o le molestie subite, l’insorgenza di un perdurante stato di ansia e di paura, il cambiamento delle abitudini di vita allo scopo di evitare ogni possibile contatto con lo stalker. L’istanza sarà poi inoltrata al questore che, qualora dovesse ritenere fondata la tua richiesta, emetterà il decreto di ammonimento da indirizzare allo stalker, contenente l’invito a tenere una condotta conforme alla legge.
note
[1] Art. 572 cod. pen.
[2] Art. 612 cod. pen.
[3] Art. 612 bis cod. pen.
[4] Art. 571 cod. pen.
[5] Cass., sent. n. 8396/1996 del 12.09.1996.
[6] Cass. pen. sez. II n.8821 del 04.02.2021.
[7] Trib. Roma, sent. n. 6432/16.
[8] Art. 615-bis cod. pen.
[9] Art. 615 ter cod. pen.
[10] Cass. sent. n. 26588/17 del 29.05.2017.
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Ho vissuto questa situazione per troppo tempo insieme al mio ex compagno. Mi maltrattava e mi faceva sentire perennemente sbagliata. Pe quanto mi impegnassi a migliorare, tendeva sempre a sminuirmi. Mi ero convinta davvero di essere in errore. Poi, un bel giorno, stanca di tutto questo, ho deciso di darci un taglio e cambiare vita visto che non mi sentivo mai apprezzata. Quindi, meglio sola che in compagnia di un uomo che riusciva solo a vedere i miei difetti e, di conseguenza, a far uscire il peggio di me.
Nel leggere l’articolo mi sono ritrovata in tutti i segnali indicati. La cosa terribile è che mentre stavo vivendo questa storia tossica nemmeno me ne accorgevo. Mia madre, un giorno, mi disse che lui aveva spento il mio sorriso e che non mi riconosceva più. Lì, iniziai a riflettere sulle sue parole e sulla mia quotidianità. Effettivamente, facendo un elenco di pro e contro sull’andamento della mia relazione, i contro superavano di gran lunga i pro e la mia felicità non poteva essere messa all’angolo; quindi, dopo una grave discussione sfociata anche in strattonamenti e aggressioni verbali, ho trovato il coraggio di porre fine a questa storia e a ricominciare a vivere
Accorgersi e ammettere certe cose non è affatto semplice. Quando gli altri ti fanno notare la situazione magari neghi fino alla fine, trovi giustificazioni alla vicenda singola, fingi un sorriso in pubblico, stringi i denti e vai avanti. Intanto, muori dentro lentamente e cerchi di non crollare. Ma poi, tutto sommato, perché accettare tutto questo? Leggere nero su bianco questi segnali, accorgersi che tante altre persone hanno vissuto o stanno vivendo la tua stessa situazione, parlare con i tuoi cari può essere utile per farti capire che la manipolazione psicologica di cui sei vittima è qualcosa da cui puoi salvarti e non devi per forza immolarti per il narcisista patologico che hai accanto. Quindi, talvolta, è bene stringere i denti non per continuare a sopportare la situazione ma per denunciare con coraggio la persona che ti sta facendo del male
Nel mio caso, era la mia ex compagna a comportarsi in questo modo. Lei si sentiva la prima donna della coppia, come se ci fosse una competizione tra noi. Voleva fare sempre la simpatica nella cerchia dei nostri amici e finiva per essere ridicola perché era palese che per mettersi in mostra cercava di offuscarmi. E che persona sana di mente che dice di amare si comporta in questo modo? Soprattutto nel gruppo delle persone che magari mi hanno anche accompagnato nella vita a partire dall’adolescenza e mi conoscono da sempre. Magari, all’inizio, qualche aneddoto di coppia può anche essere divertente, ma ripetuto e ribadito ogni volta al solo scopo di screditarmi e non per riderci su, inizia a diventare fuori luogo. Così le ho fatto presto abbassare la cresta dopo che ho visto che la cosa iniziava a diventare una brutta abitudine. Insomma, mica stavo con una compagna di vita ma con un poliziotto che monitorava ogni mia mossa e cercava di trovare l’errore in ogni cosa che facevo e di conseguenza mi sentivo sempre in bilico e finivo per sbagliare davvero perché mi sentivo sotto pressione. Sensazioni brutte brutte che su consiglio dei miei amici sono riuscito a stroncare dopo un periodo buio della mia vita
Il mio ex mi accusava sempre di fare tardi anche quando ormai ero diventata puntuale come un orologio svizzero. E poi puntava a trovare altri difetti. Finché capita qualche volta ci si ride su, ma parlare ossessivamente sempre di questo e delle vicende interne alla coppia sbandierando i fatti nostri agli amici mi dava molto fastidio. Ogni sera che si usciva in compagnia, dopo una settimana stressante, speravo di distrarmi e godermi un momento di spensieratezza e, invece, mi sentivo messa sotto processo e tornavo a casa più nervosa di prima. A questo punto, sarebbe stato meglio non uscire proprio… Dopo aver vissuto un anno così, ho deciso di lasciare il mio ex e lui non ha affatto accettato la mia scelta così mi ha accusato di tradimento, mi ha strappato il telefono dalle mani in cerca di una presunta chat con messaggi amorosi che ovviamente non ha trovato perché già stavo impazzendo con lui, figuriamoci se avevo anche il pensiero di stare con un altro uomo e poi non l’avrei tradito… Insomma, da quel momento in cui l’ho lasciato dopo alcune vicende scomode, mi sono sentita rinata e libera. Ho cambiato abitudini perché non volevo più svolgere le attività che facevo con lui e poi non volevo rivederlo nemmeno per sbaglio. Ora, dopo tanto tempo, la mia autostima mi ringrazia
La vita di coppia non è affatto semplice. Si è alla perenne ricerca dell’anima gemella, poi arriva qualcuno travestito da principe azzurro dicendoti che ti avrebbe tolto tutte le spine del cuore e poi ti infilza un coltello e peggiora il tuo stato psicologico perché tenta di manipolarti. E tu con i prosciutti sugli occhi non te ne accorgi perché sei totalmente innamorata e accecata dall’amore che finisci per assecondare le sue richieste e rinunci ai momenti con le amiche, con la famiglia, agli eventi a cui ami andare perché vuoi dedicarti totalmente a lui. E poi resti con un pugno di mosche in mano perché improvvisamente quando apri gli occhi ti rendi conto di aver rinunciato alla tua vita per un narcisista maligno che pensa solo ad esaltare il suo ego e ti tiene prigioniera in questo castello di carta da cui non riesci a liberarti…IL bello però è capirlo, anche se tardi, ma capirlo perché sei sempre in tempo a chiedere aiuto e a sbarazzarti di questo amore tossico
Ecco la mia descrizione… Ho vissuto per anni intrappolata in una storia che non mi ha portato da nessuna parte. Ho creduto che il fatto che lui volesse allontanarmi da alcune amicizie fosse per il mio bene. Effettivamente, le amicizie non erano reali. Il problema è che mentre io me ne allontanavo lui cercava di mettersi in mostra e rendersi apprezzabile ai loro occhi mettendo alla fine me in cattiva luce. Lui era un bravissimo manipolatore, si pavoneggiava ostentando fama e ricchezze ma era povero dentro… Me ne sono accorta quando un giorno ha fatto la bella faccia dispensando complimenti a chi di fronte a me aveva criticato e quindi ho capito la falsità della persona e la violenza psicologica di cui ero vittima. Il suo intento era quello di apparire, sempre e svilire le qualità altrui. Che persona infima…
Anche da innamorata ho sempre cercato di tenere gli occhi aperti. IL problema è che il cuore talvolta ti dice una cosa mentre la ragione ti spinge nella direzione opposta e tu sei combattuta. Poi, incontri il vero amore che ti porta il massimo rispetto e ti mette di fronte alla realtà delle cose e lì capisci qual è la differenza tra chi tenta di confonderti le idee e vuole avere il controllo della tua vita e chi non vuole cambiarti ma ti apprezza nella tua totalità tra pregi e difetti e con il cuore in mano ti consiglia ma non impone le sue idee. Ecco, talvolta, chi ti è accanto e ti ama in silenzio può salvarti la vita e impedirti di commettere il peggior errore della tua vita, come il fatto di sposare un manipolatore psicologico e narcisista patologico