Opera viziata: il risarcimento del danno e la prova a propria discolpa ai danni del committente.
Quando gli viene commissionata la realizzazione di un’opera, l’appaltatore deve osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli. Pertanto egli è tenuto, per legge, a controllare – sempre nei limiti delle proprie cognizioni – la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente. Con la conseguenza che se tali istruzioni sono palesemente errate egli è reposanbile personalmente, a meno che non dimostri di avere dissentito espressamente e di essere stato indotto ad eseguirle, proprio a causa delle insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo.
Il chiarimento proviene da una recente sentenza della Cassazione [1].
L’appaltatore può difendersi scaricando la responsabilità sul progettista e direttore lavori? No di certo, sostiene la Suprema Corte. Di conseguenza, in linea di massima, l’appaltatore risponde in caso di vizi dell’opera causati da un errore di progettazione. Questi non può evitare il risarcimento solo sostenendo di aver dato l’incarico della redazione del progetto ad un professionista-ingegnere anche direttore dei lavori.
Infatti, l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue competenze, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo.
Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente.
note
[1] Cass. sent. n. 1585 del 28.01.2015.
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