Quando l’assemblea condominiale è nulla?


Invalidità delle decisioni assembleari: quando c’è nullità e quando annullabilità? Quali sono i rimedi?
Tutti sanno che l’organo decisionale del condominio è l’assemblea. È durante la riunione dei proprietari che vengono assunte le decisioni più importanti per la vita della compagine. Tocca poi all’amministratore eseguirle, instaurando un rapporto che è molto simile a quello che c’è tra Parlamento e Governo. Perché le delibera dell’assemblea siano efficaci, però, occorre che esse siano adottate nel rispetto della legge e delle disposizioni regolamentari; in mancanza, queste decisioni potrebbero essere impugnate davanti al giudice ed essere vanificate. Quando l’assemblea condominiale è nulla?
Come vedremo di qui a breve, sono due i tipi di invalidità da cui può essere affetta una delibera condominiale: l’annullabilità e la nullità. Mentre contro la prima c’è rimedio, nel senso che una delibera annullabile può comunque produrre effetti ed essere “salvata” dalla propria invalidità, nel secondo caso la decisione è radicalmente inefficace sin dall’origine. In altre parole, la nullità rappresenta la forma di invalidità più grave in assoluto, contro la quale non è possibile porre rimedio. Quando l’assemblea condominiale è nulla? Scopriamolo insieme.
Indice
Assemblea condominiale: cos’è?
L’assemblea condominiale è l’organo decisionale del condominio. Ad essa partecipano tutti i proprietari, personalmente o nominando un delegato.
Ogni condomino può esprimere un voto per ogni punto all‘ordine del giorno mentre, nel caso di soggetto fornito di più deleghe, egli voterà per ciascuno dei condòmini deleganti.
Assemblea condominiale: chi può partecipare?
All’assemblea possono partecipare non solo i proprietari delle unità immobiliari site nell’edificio condominiale, ma anche altri soggetti che sono direttamente interessati alle decisioni che verranno assunte.
All’assemblea potranno dunque prendere parte gli usufruttuari e i nudi proprietari di un appartamento, ovvero coloro che hanno acquisito il diritto di godere dell’unità abitativa per una certa durata, così come gli inquilini.
Gli usufruttuari potranno partecipare alle delibera dell’assemblea condominiali sulle questioni che riguardano l’ordinaria amministrazione e il godimento delle cose e dei servizi comuni, mentre per le decisioni riguardanti le spese straordinarie dovrà essere convocato solo il nudo proprietario.
Ad esempio, gli usufruttuari potranno decidere sulle spese relative alla pulizia ed illuminazione delle scale, al compenso dell’amministratore, all’uso dell’ascensore, ecc.
Gli inquilini dovranno invece essere convocati e potranno votare (al posto del proprietario) in merito a decisioni sui servizi di riscaldamento e condizionamento dell’aria di cui beneficiano, se le spese sono poste a loro carico nel contratto di locazione. Il conduttore può anche intervenire, ma senza diritto di voto, sulle decisioni riguardanti modifiche di altri servizi comuni.
Delibera condominiale: quando è annullabile?
In apertura abbiamo detto che la delibera condominiale può essere affetta da due tipi di invalidità: annullabilità e nullità.
Secondo il Codice civile [1], le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento sono annullabili davanti al giudice.
In pratica, ogni tipo di decisione che non rispetti le previsioni normative o quelle regolamentari è colpita da annullabilità, con la conseguenza che, se il giudice la accerta, la decisione perderà ogni effetto sin dal momento in cui è stata deliberata.
Poiché la contrarietà alla legge o al regolamento ricomprende tantissime ipotesi, di seguito si elencano solamente alcuni motivi di annullabilità della delibera condominiale:
- irregolarità e vizi riguardanti la costituzione dell’assemblea;
- mancato rispetto delle maggioranze previste dalla legge o stabilite dal regolamento di condominio;
- omessa o irregolare notifica dell’avviso di convocazione;
- avviso di convocazione senza ordine del giorno;
- deliberazione che ha deciso su un punto non contenuto specificamente all’interno dell’ordine del giorno [2];
- delibera che ripartisce una spesa con una tabella millesimale diversa da quella prescritta dalla legge;
- il punto oggetto della decisione non era previsto dall’ordine del giorno dell’assemblea;
- la decisione verbalizzata dall’assemblea non ha raggiunto la maggioranza richiesta.
Delibera condominiale: quando è nulla?
La legge non stabilisce le ipotesi in cui la delibera è nulla. Trattandosi della più grave forma di invalidità, la decisione condominiale è affetta da nullità solamente nelle ipotesi di gravissimi vizi insanabili.
Secondo la Corte di Cassazione [3], la delibera è nulla quando:
- è priva di elementi essenziali, come la volontà e l’oggetto;
- l’oggetto è illecito, perché contrario alla morale e al buon costume. Si pensi a una delibera che decide di adibire uno spazio condominiale all’attività di meretricio;
- decide su aspetti non rientranti nella competenza dell’assemblea (ad esempio, riguardo a una proprietà non condominiale);
- è lesiva della proprietà esclusiva di un condomino e dei suoi diritti individuali. Si pensi, nella prima ipotesi, al caso in cui vengano imposti determinati lavori all’interno dell’alloggio privato di un condomino; nel secondo caso, quando si impone ad un condomino di liberarsi del proprio animale domestico.
Delibera nulla: cosa fare?
La deliberazione condominiale nulla può essere impugnata in qualsiasi momento da chiunque ne abbia interesse.
A differenza dell’annullabilità, che può essere fatta valere solo entro trenta giorni e solo dai condòmini assenti, dissenzienti o astenuti, è legittimato a impugnare la delibera nulla qualunque condomino che abbia interesse a farne accertare l’invalidità, compresi coloro che votarono favorevolmente [4].
Tutto ciò significa che la nullità non si sana mai, nemmeno dopo molto tempo. In poche parole, una delibera nulla può essere impugnata anche a distanza di anni affinché il giudice ne dichiari l’invalidità con effetti retroattivi.
note
[1] Art. 1137 cod. civ.
[2] Trib. Roma, sent. n. 14537 del 22 ottobre 2020.
[3] Cass., Sez. Un., sent. n. 1439/2014.
[4] Cass., sent. n. 6714/2010.
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