Quanto guadagna un rider con il contratto di categoria?


Che cosa dicono la giurisprudenza e la legge sulle tutele dei ciclofattorini e cosa prevede il primo accordo europeo a loro tutela.
Li vediamo sfrecciare ogni giorno in città, con la loro bicicletta e lo zainone termico, dietro, carico di cibo da recapitare a domicilio. La maggior parte di loro è straniera: trovare un lavoro come rider non è complicato. Basta avere, appunto, una bici, il fisico per pedalare per diverse ore al giorno e, soprattutto, sottostare alle condizioni dettate dal datore. Se accetti, bene. Altrimenti, meglio cercare occupazione altrove. In questo contesto, quanto guadagna un rider? La fatica di macinare chilometri in bici è ben pagata?
Esiste una legge che stabilisce le regole di un mestiere nato quasi per caso ma oggi diventato imprescindibile. Esiste anche un contratto collettivo della categoria, di cui parleremo tra poco. Ma ci ha dovuto pensare il tribunale di Milano a cercare di fare ordine con la sentenza che chiese alle società del food delivery di assumere 60mila lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. In pratica, decine di migliaia di ciclofattorini autonomi dovevano diventare quanto meno parasubordinati. È stato fatto? Sono migliorate le condizioni di quelli che la stessa magistratura milanese ha definito «schiavi»? Oggi, quanto guadagna un rider? Vediamo.
Indice
Rider: come funziona il lavoro?
Una bicicletta, un cellulare, ore a disposizione e voglia di pedalare. In tutti i sensi. Ecco che cosa serve per fare il mestiere del rider. Di buono c’è, tra le altre cose, il fatto che esiste una discreta flessibilità oraria: chi vuole assumersi questo impegno per arrotondare lo stipendio o per (tentare di) vivere può decidere autonomamente la fascia oraria in cui mettersi a disposizione per essere chiamato, andare nella pizzeria, fast food o ristorante di turno e recapitare l’ordine al cliente.
Il lavoro del rider è riservato a chi ha la maggiore età. In certi casi (vedi, ad esempio, Glovo), occorre pagare all’inizio una cauzione di qualche decina di euro per avere a disposizione «i ferri del mestiere»: pettorina, box termico con la scritta della società e Power Bank per il proprio cellulare con cui ricevere l’incasso alla consegna. La bici la mette il lavoratore, ma può anche chiederla al datore in cambio di una paga più bassa.
Va da sé che lo smartphone è tanto importante per il rider quanto la bicicletta o il box: sapere a memoria dove si trovano tutte le vie della città diventa complicato, quindi sarà necessario muoversi con il navigatore del telefonino. Possibilmente, senza distrarre l’occhio dal traffico.
Rider: l’algoritmo che decide i turni
La società (Glovo, Deliveroo, Justeat, Uber, ecc.) controlla ogni giorno la disponibilità dei turni dei rider per sapere chi chiamare, in quale momento e quante volte (il che si traduce per il lavoratore in un guadagno più o meno alto). In realtà, a decidere non è direttamente il datore ma un algoritmo sulla base della continuità garantita dal ciclofattorino, della velocità con cui viene effettuata la consegna e del gradimento dei clienti. Per il giudice emiliano, una palese discriminazione causata da un sistema che può anche penalizzare chi ha fatto un’assenza perché aveva 39 di febbre e non sarebbe riuscito a fare nemmeno 500 metri in bicicletta. Il tribunale bolognese, dunque, aveva condannato la società – in questo caso Deliveroo – al risarcimento del danno. Fu la prima volta che accadde in Europa.
Ciò nonostante, il sistema funziona a seconda del criterio adottato dalle società, alcune delle quali non hanno esonerato l’algoritmo dal decidere chi deve o non deve lavorare. Altre, invece, chiamano in forza tutti i rider nella stessa fascia oraria e chi si dimostra più veloce riesce a fare più consegne.
Rider: com’è intervenuta la legge?
Nel 2019, la legge di conversione del cosiddetto «decreto tutela lavoro e crisi aziendali» [1] tentò di riordinare in qualche modo il settore del food delivery e di tutelare i rider.
Il testo stabilisce che:
- i rider impiegati in maniera continuativa ed etero organizzata devono avere le tutele del lavoro subordinato;
- i rider occasionali impiegati in maniera discontinua devono avere dei livelli minimi di tutela.
Per quanto riguarda i primi, la legge ritiene che i rider lavorino in modo etero organizzato dal committente quando:
- le prestazioni sono prevalentemente e non esclusivamente personali;
- il committente organizza le modalità di esecuzione delle prestazioni, senza bisogno che lo faccia anche per tempi e luogo di lavoro.
In sostanza, il lavoratore ha diritto a tutte le tutele riservate ai dipendenti, in particolare per quanto riguarda sicurezza e igiene, retribuzione, limiti di orario, ferie e previdenza. Da ricordare, inoltre, la sentenza del tribunale di Milano secondo cui è escluso in maniera tassativa che i ciclofattorini siano davvero lavoratori autonomi: non sono liberi di scegliere se e quando dare la propria disponibilità alle piattaforme. Per questo motivo, i giudici meneghini imposero alle società del settore di assumere circa 60mila rider.
Per quanto riguarda i lavoratori saltuari, la legge garantisce alcune tutele, come il divieto di retribuire a cottimo (a consegna effettuata), la copertura antinfortunistica e contro le malattie professionali o il compenso minimo tabellare, con una maggiorazione non inferiore al 10% per chi fa le consegne di notte, durante le festività o con condizioni meteo avverse. Senza dimenticare il divieto di discriminazione sottolineato dal tribunale di Bologna che abbiamo citato in precedenza.
Rider: quanto guadagna secondo il contratto di categoria?
Lavorando a queste condizioni, quanto guadagna un rider? In parte, dipende dalla disponibilità oraria (l’intera giornata o solo qualche momento alla sera, giusto per arrotondare) e in parte, come abbiamo visto, a seconda dei capricci degli algoritmi.
Nei primi mesi del 2021, AssoDelivery, l’associazione di categoria che rappresenta l’industria italiana del food delivery e alla quale aderiscono Deliveroo, Glovo, Just Eat, Social Food e Uber Eats, ha firmato un accordo con il sindacato Ugl per un contratto collettivo nazionale, il primo in Europa a tutela dei rider che operano come autonomi.
L’accordo prevede un compenso minimo pari a 10 euro per ora lavorata. Quindi, non in base ad ogni consegna effettuata ma al tempo che occorre per portarla a termine.
Inoltre, ci sono delle indennità integrative del:
- 10% per il lavoro notturno;
- 15% per il lavoro festivo;
- 20% per il lavoro svolto con condizioni meteo avverse.
Il contratto garantisce anche:
- un incentivo orario di 7 euro per i primi quattro mesi dall’apertura del servizio in una nuova città;
- un premio di 600 euro ogni 2.000 consegne effettuate;
- dotazioni di sicurezza a carico delle piattaforme (indumenti ad alta visibilità e casco per chi va in bici);
- coperture assicurative Inail contro gli infortuni e per danni contro terzi;
- formazione sulla sicurezza stradale e nel trasporto degli alimenti;
- divieto di discriminazione;
- pari opportunità e tutela della privacy;
- contrasto al caporalato e al lavoro irregolare;
- misure per contrastare la criminalità.
note
[1] Legge n. 128/2019.