Lo stipendio del lavoratore è composto da diverse voci che è importante conoscere per verificare la correttezza dei conteggi effettuati dal datore di lavoro.
Sei stato assunto di recente da un’azienda che applica il Contratto collettivo del commercio. Leggendo la busta paga, ti sei accorto che c’è una voce, che si chiama edr, di cui non conosci il significato.
Capita spesso che il lavoratore non riesca a comprendere il significato del proprio cedolino paga. In questo documento, infatti, si utilizzano dei termini che non sono di facile comprensione. Ad esempio, cosa vuol dire edr in busta paga?
Si tratta di una delle voci che compongono lo stipendio mensile che si ritrova in numerosi contratti di lavoro. Tale componente della retribuzione è stata introdotta nel 1993 per compensare l’abolizione dell’indennità di contingenza. Vediamo come funziona l’edr e come si applica.
Indice
Edr: cos’è?
Nella busta paga capita spesso di leggere, tra le voci che compongono lo stipendio, l’acronimo edr che sta per elemento distinto della retribuzione. Si tratta di una voce stipendiale, introdotta dal Protocollo di Intesa tra Governo e parti sociali del 1992, la cui erogazione ai lavoratori viene effettuata a partire dal 1° gennaio 1993.
L’edr è, a tutti gli effetti, una delle componenti dello stipendio che va ad aggiungersi alla paga base, alla contingenza e ad altre eventuali voci previste dal Ccnl applicato al rapporto di lavoro. Molti contratti collettivi, in realtà, hanno effettuato il cosiddetto conglobamento della retribuzione, ossia, hanno unito tutte queste componenti obbligatorie dello stipendio in un’unica voce che spesso viene chiamata paga base conglobata.
Edr: a che serve?
L’edr è stato introdotto nel 1992 in sostituzione dell’indennità di contingenza, abolita dal medesimo accordo. Prima di questa data, infatti, era previsto un meccanismo di adeguamento automatico degli stipendi all’aumento del costo della vita (detto scala mobile). Tuttavia, questo sistema era considerato dagli economisti uno dei fattori che determinava il costante aumento dell’inflazione, favorendo una continua rincorsa tra l’aumento dei prezzi e dei salari. Per questo si decise di abolirlo e, per compensare almeno in parte la perdita subita dai lavoratori, di sostituirlo con l’elemento distinto della retribuzione.
Edr: quanto spetta?
Il valore dell’edr è fisso ed ammonta ad euro 10,33, come previsto direttamente dal Protocollo del 1992. L’accordo prevede che l’elemento venga pagato mensilmente, per tredici mensilità, a tutti i lavoratori del settore privato, senza distinzione di qualifica e indipendentemente dai contratti collettivi applicati. Sono, invece, esclusi dall’edr i dirigenti. I Ccnl, tuttavia, possono introdurre una disciplina di miglior favore per i lavoratori (ad es. prevedendo che l’edr venga corrisposto per 14 mensilità).
Edr: come funziona?
Salvo diversa previsione del Ccnl che, come detto, può introdurre una disciplina più favorevole per il dipendente, si prevede generalmente che l’edr viene computato nel calcolo dei seguenti istituti:
- tredicesima mensilità;
- ferie;
- permessi retribuiti;
- tfr;
- indennità di mancato preavviso;
- indennità economiche in caso di malattia, infortunio, maternità;
- cassa integrazione guadagni;
- congedo per matrimonio.
Sempre salvo diverse indicazioni del Ccnl di riferimento, si prevede in generale che l’edr non sia computato nel calcolo dei seguenti istituti:
- quattordicesima mensilità;
- premi di produzione;
- lavoro straordinario;
- indennità sostitutiva di ferie e permessi non goduti;
- maggiorazione retributiva per i turnisti;
- diarie e festività non coincidenti con la domenica.
Edr: tassazione e contribuzione
L’edr è, a tutti gli effetti, una componente dello stipendio e, come tale, è soggetto a tassazione Irpef e a contribuzione previdenziale piena, al pari del resto della retribuzione. Ne consegue che il dipendente non riceverà 10,33 euro al mese ma un importo inferiore, corrispondente al valore netto di questa somma. L’ammontare delle trattenute fiscali e contributive che verranno effettuate su tale emolumento dipende dal reddito annuo del lavoratore posto che le aliquote Irpef applicabili dipendono dallo scaglione di reddito percepito. Per quanto concerne i contributi, invece, generalmente, la quota a carico del dipendente, che viene trattenuta dalla retribuzione lorda, è pari al 9,19%.