Se mi metto in malattia possono licenziarmi?


Il lavoratore assente a causa del suo stato di salute ha diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Negli ultimi tempi, hai avuto un crollo del tuo equilibrio psico-fisico e sei entrato in depressione. Sono ormai tre mesi che sei assente dal lavoro a causa del tuo stato di salute e cominci a temere di essere licenziato. Ma se ti metti in malattia possono licenziarti?
Assentarsi dal lavoro a causa della propria condizione fisica è un diritto ma comporta, indubbiamente, anche un disagio organizzativo per il datore di lavoro. Per questo chi deve stare a casa molto tempo per il proprio stato di salute si chiede «Se mi metto in malattia possono licenziarmi?».
Di per sé, l’assenza determinata dallo stato di salute non è un motivo valido per licenziare un dipendente. Tuttavia, come vedremo, se la malattia dura molto a lungo, il lavoratore potrebbe oltrepassare il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro e perdere il proprio impiego. Vediamo perché.
Indice
Malattia del dipendente: cos’è?
Il dipendente ha diritto ad assentarsi dal lavoro se viene colpito da un’alterazione del proprio stato di salute che lo priva, temporaneamente, della capacità di svolgere regolarmente il proprio lavoro. Questa condizione viene detta malattia del dipendente. L’assenza, tuttavia, è giustificata solo se lo stato morboso viene certificato dal medico curante attraverso il certificato telematico di malattia. Tale attestazione indica la cosiddetta prognosi, ossia, il numero di giorni di riposo a casa prescritti dal medico. Il giorno successivo alla data di fine malattia, il dipendente deve tornare regolarmente al lavoro.
Malattia del dipendente: i doveri del dipendente
Il lavoratore in malattia deve comunicare immediatamente all’azienda che non si recherà al lavoro e deve andare prontamente dal medico curante per farsi rilasciare il certificato medico. Subito dopo, deve comunicare al datore di lavoro il codice identificativo dell’attestazione medica.
Inoltre, il lavoratore, per tutta la durata dell’assenza:
- deve restare a casa nelle fasce di reperibilità poiché potrebbe ricevere le visite fiscali Inps;
- deve mantenere un comportamento coerente con lo stato morboso dichiarato e non svolgere delle attività che possano rallentare la guarigione e, dunque, il rientro al lavoro.
Malattia del dipendente: quali diritti?
Il lavoratore assente per malattia ha una serie di diritti previsti dalla legge, tra cui:
- il diritto ad assentarsi dal lavoro per tutti i giorni di prognosi indicati nel certificato;
- il diritto a ricevere le prestazioni economiche a carico dell’Inps previste dalla legge (se ha i requisiti di legge) e/o le indennità a carico del datore di lavoro previste dal contratto collettivo;
- il diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Malattia del dipendente: cos’è il periodo di comporto?
La legge [1] prevede il diritto alla conservazione del posto di lavoro da parte del dipendente in malattia per un periodo di tempo di assenza massimo detto periodo di comporto la cui durata è disciplinata dal Ccnl applicato al rapporto di lavoro.
Il dipendente colpito da una patologia che lo costringerà a rimanere molto tempo a casa deve consultare il contratto collettivo applicato nell’impresa in cui lavora e verificare quanto dura il periodo di comporto al fine di evitare brutte sorprese. Infatti, se l’assenza perdura anche dopo il superamento di questo periodo, il datore di lavoro può procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Malattia del dipendente: può portare al licenziamento?
Come abbiamo detto, durante l’assenza per malattia, il lavoratore non può essere licenziato finché non supera il periodo di comporto.
In realtà, possono esserci dei casi in cui il licenziamento è legittimo anche all’interno del periodo protetto. In particolare, l’azienda potrà recedere dal rapporto di lavoro anche in costanza di malattia in caso di:
- licenziamento per giusta causa [2];
- licenziamento per cessazione totale dell’attività aziendale;
- licenziamento per impossibilità oggettiva della prestazione.
Per quanto riguarda il recesso disciplinare, in particolare, può accadere che il comportamento del lavoratore in malattia assuma connotazioni disciplinari e faccia venire meno la fiducia del datore di lavoro nel dipendente, portando al suo licenziamento. Ciò può avvenire, ad esempio, in caso di:
- assenza del dipendente alle visite fiscali Inps;
- svolgimento da parte del lavoratore in malattia di attività incompatibili con lo stato morboso dichiarato.
Per quanto concerne il primo profilo, la Cassazione [3] considera legittimo il licenziamento per giusta causa se il lavoratore è risultato ripetutamente assente alle visite fiscali. Con riferimento al secondo profilo, la Suprema Corte [4] ritiene che lo svolgimento di attività incompatibili con la malattia può condurre al recesso per giusta causa. Ad esempio, è stato ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente che si era assentato alle visite fiscali e si era recato in vacanza al mare nel mese di agosto.
note
[1] Art. 2110 cod. civ.
[2] Art. 2119 cod. civ.
[3] Cass. n. 64/2017.
[4] Cass. 13980/2020.