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Lo stalking può essere condominiale

15 Aprile 2014
Lo stalking può essere condominiale

È sufficiente che la minaccia sia tale da generare preoccupazione nella vittima, anche se rivolta a un numero indistinto e indiscriminato di persone.

Chi dice “stalking” pensa, di norma, all’immagine di un uomo – generalmente un ex partner o un corteggiatore – che perseguita una donna. O viceversa.

Ma lo stalking può verificarsi anche in presenza di altre situazioni di vita quotidiana, trattandosi di generici “atti persecutori”. È il caso, per esempio, dei rapporti di vicinato e di condominio. A dirlo è la stessa Cassazione [1] che, più volte, ha allargato i confini di tale reato, fino a creare la figura dello “stalking condominiale”.

Perché si possa parlare di stalking, è sufficiente che vi siano reiterati episodi di minaccia e molestie idonei a turbare la vittima e porla in grave stato di preoccupazione: una preoccupazione tale da costringerla a modificare le proprie abitudini di vita quotidiana. E questo a prescindere dal fatto che lo stalking sia realizzato ai danni di una sola persona o di una pluralità. Infatti, il reato non scatta solo quando la vittima è sempre lo stesso soggetto, ma – ha chiarito la Suprema Corte – ben potrebbe essere che i perseguitati siano persone diverse, come i condomini di un palazzo.

Così, per esempio, si ha stalking nel caso di un condomino molesto che un giorno rincorre la signora del sesto piano, un’altra volta chiude nell’ascensore il vecchietto del primo, un’altra ancora sbircia la studentessa dirimpettaia, ed ancora minaccia di morte e insulta la coppia del piano sottostante.

Tutti gli “eccessi” posti sempre dallo stesso condomino ai danni degli altri possono rientrare nello stalking condominiale. Non è necessario vivere sotto lo stesso tetto, ma è sufficiente che vi sia una minaccia di tale serietà da divenire molestia. Risponde, infatti, di stalking chi ha atteggiamenti ossessivi nei confronti della vittima suscitandone uno stato di ansia e paura

Non solo. Lo stalking può uscire anche dalle cornici del condominio. Basta che il “disturbatore” minacci, in modo metodico e abitudinario, uno o più soggetti. Per esempio può incappare nello “stalking da fermata d’autobus” chi molesti, ogni mattino, nel luogo stabilito, tutti coloro che attendono un mezzo di trasporto pubblico per recarsi al lavoro: il reato scatterà se il molestatore intercetta, più d’una volta, un pendolare che pure non rappresenta il suo obiettivo principale.

Ed ancora, scatta il reato nei confronti del maniaco che spia tutte le ragazze nel parco comunale e si avvicina, importunandole con frasi oscene. Questo perché “l’offesa arrecata ad una persona per la sua appartenenza a un genere turba, di per sé, ogni altra persona che faccia parte dello stesso genere”.

La minaccia dello stalker, in definitiva, può avere una direzione collettiva e indiscriminata.

Si potrebbe, in teoria, avere anche il concorso dello stalking con il reato di violenza privata. Con questa differenza: mentre gli atti persecutori influiscono sull’emotività della vittima, inducendola a cambiare abitudini e stile di vita, la violenza privata si realizza con condotte violente (non sempre e non solo così, invece, lo stalking) che costringono la parte offesa a “fare, non fare, tollerare o omettere qualche cosa”.


note

[1] Cass. sent. n. 20895/11.

Autore immagine: 123rf.com


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