Famiglia di fatto e famiglia legittima: differenze e tutela


Come vengono regolamentati i rapporti personali ed economici nei nuclei fondati sul matrimonio o sulla convivenza.
Certe terminologie giuridiche possono risultare strane. Separare i concetti di «famiglia legittima» e «famiglia di fatto» induce a pensare che quest’ultima, non essendo come la prima, sia una «famiglia illegittima». In realtà, ovviamente, non è così. Siamo ancora in un’epoca in cui il modello più tradizionale di famiglia, quella cioè fondata sul matrimonio, prevale sul nucleo formato da persone che convivono stabilmente senza che la loro unione sia stata benedetta in chiesa o ufficializzata in Comune. Questo comporta il fatto che tra famiglia di fatto e famiglia legittima, differenze e tutela diversa restano presenti nel nostro ordinamento.
Già la Costituzione italiana, all’articolo 29, sancisce che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Il che parrebbe voler dire che la Repubblica non riconosce i diritti degli altri tipi di famiglie. In realtà, non è del tutto così: nel tempo, si sono succedute diverse leggi che hanno via via introdotto nuove disposizioni a sostegno di chi sceglie di vivere in maniera stabile senza sposarsi. Eppure, entrambe le realtà non vengono comunque trattate allo stesso modo. Ecco, allora, le principali differenze e tutele della famiglia legittima e della famiglia di fatto.
Indice
Famiglia legittima: che cos’è?
Per famiglia legittima si intende quella fondata sul matrimonio, come recita l’articolo della Costituzione appena citato. A livello giuridico, gode di una dignità superiore rispetto alla famiglia di fatto. Viene riconosciuta dal nostro ordinamento come «società naturale» in quanto forma di organizzazione della convivenza umana autonoma e con valore originario.
La famiglia legittima si caratterizza per la certezza, la stabilità e la serietà del rapporto assunte dagli sposi di fronte alla legge e alla comunità al momento del matrimonio.
Le tutele
Per quanto riguarda le tutele della famiglia legittima, la legge le prevede in due modi. Da una parte, riceve dallo Stato delle agevolazioni economiche specifiche, in particolare per quanto riguarda le famiglie numerose: dai benefici fiscali ai criteri adottati per la successione del patrimonio. Dall’altra, la normativa pone dei vincoli alla tutela dei figli nati fuori dal matrimonio. Ad esempio, chi si sposa in seconde nozze può inserire nella nuova famiglia i figli del primo coniuge solo con il consenso del nuovo marito o della nuova moglie e dei figli che nasceranno dalla nuova coppia, purché conviventi e almeno sedicenni.
A proposito di figli: una delle precisazioni fatte dalla legge è quella che riguarda proprio la filiazione. Una volta si parlava di «figli legittimi» per riferirsi a quelli nati da una coppia sposata e di «figli naturali» a proposito di quelli nati fuori dal matrimonio. Ora, la legge [1] parla di «figli». Punto.
I rapporti tra i coniugi
Altra peculiarità della famiglia legittima riguarda i rapporti tra i coniugi. Sono quelli sanciti da quell’elenco di articoli del Codice civile che vengono letti al termine di ogni matrimonio. In sostanza, marito e moglie assumono gli stessi diritti e gli stessi doveri, si impegnano a dare pari contributo al bene della famiglia e fissano la loro comune residenza. Sono obbligati a prestarsi reciproca assistenza morale e materiale, a collaborare nell’interesse della famiglia, ad essere fedeli e a vivere insieme.
L’aspetto patrimoniale
L’appena citata collaborazione nell’interesse della famiglia legittima comporta per entrambi i coniugi l’obbligo di dare il proprio contributo in base alle sostanze e alle capacità di ciascuno, sia in ambito professionale sia in quello casalingo. Si può dire, in base a questo principio contenuto nel Codice civile, che è superato il vecchio (per alcuni mica tanto) schema tradizionale dell’uomo che lavora fuori di casa e della donna che lavora fuori di casa, pensa ai figli, fa da mangiare, stira e bada alla casa. Tra le altre cose. La normativa impone che tutti questi compiti debbano essere equamente distribuiti in base alle capacità di ciascuno. Almeno in teoria.
Non solo dal punto di vista pratico, ma anche da quello economico, la legge prevede che entrambi i coniugi mettano la loro parte per mandare avanti la famiglia, che si tratti di una coppia in regime di comunione o di separazione dei beni. Con la prima, condividono tutto ciò che è stato acquisito dal momento in cui si sono sposati. Con la seconda, invece, ciascuno mantiene la proprietà dei beni acquistati anche dopo il matrimonio. Se prima delle nozze non viene fatta una scelta, scatta automaticamente la comunione dei beni.
La fine della famiglia legittima
La separazione non fa cessare gli effetti del matrimonio (e, quindi, nemmeno dissolve la famiglia legittima) ma comporta il venir meno di alcuni obblighi contratti sull’altare o in Comune. Tra questi, gli obblighi di coabitazione, di fedeltà e, in parte, di assistenza. Restano i vincoli legati alla collaborazione materiale nei confronti del coniuge maggiormente in difficoltà e dei figli.
Gli effetti del matrimonio cessano definitivamente solo in due casi: con il divorzio e con il decesso di uno dei coniugi.
Famiglia di fatto: che cos’è?
Niente fiori d’arancio, niente ricevimenti, niente liste nozze: la principale differenza tra la famiglia legittima e la famiglia di fatto è proprio questa: la prima è fondata sul matrimonio, la seconda no.
La famiglia di fatto è basata sulla convivenza stabile tra due persone maggiorenni con un legame affettivo di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, senza vincoli di parentela, affinità o adozione. Ma, a differenza della famiglia legittima, senza alcun impegno giuridicamente vincolante come quello del matrimonio.
Le tutele
Non essendo una coppia sposata, la famiglia di fatto non viene definita propriamente «famiglia» dalla Costituzione, secondo la logica che abbiamo visto in precedenza, ma una «formazione sociale» che va, comunque, tutelata. Si fa capo, in questo caso, all’articolo 2 della Carta, che recita: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
Quali sono queste tutele? Una è quella già citata in precedenza che riguarda i figli: la legge non fa più distinzioni tra figli legittimi e figli naturali, ma mette tutti sullo stesso piano. Inoltre, la coppia convivente ha il diritto di ricorrere alla fecondazione artificiale.
In sintesi, e a proposito delle tutele previste per la famiglia di fatto, il convivente non sposato ha la possibilità di:
- ricorrere alla procreazione assistita;
- non testimoniare contro il proprio convivente durante un processo penale;
- proporre istanza per diventare amministratore di sostegno del partner;
- esercitare la responsabilità genitoriale sui figli riconosciuti;
- subentrare nel contratto di affitto intestato all’altro in caso di decesso di quest’ultimo;
- chiedere il risarcimento del danno in caso di uccisione del convivente;
- essere tutelato dalla violenza domestica con le stesse norme previste per la famiglia legittima;
- optare per la tutela possessoria della casa in cui è stabilita la convivenza;
- beneficiare delle prestazioni sociali dello Stato.
I rapporti tra i conviventi
A differenza della coppia sposata, all’interno della famiglia di fatto i conviventi non hanno dei diritti e dei doveri reciproci. Il rapporto può essere interrotto in qualsiasi momento, poiché si tratta di un’unione libera. Semmai, dovranno continuare a badare al mantenimento dei figli, che anche nelle famiglie di fatto hanno sempre diritto di essere mantenuti, istruiti ed educati.
Quindi, i conviventi non hanno diritto a:
- non essere traditi (non esiste il vincolo di fedeltà);
- l’assegno di mantenimento in caso di separazione, a meno che le parti abbiano stabilito qualche accordo scritto in questo senso;
- l’eredità del convivente defunto, a meno che sia stato fatto un testamento che lo dispone;
- la pensione di reversibilità;
- la possibilità di costituire un fondo patrimoniale comune diverso da quelli nell’interesse dei figli.
L’aspetto patrimoniale
Nella famiglia di fatto, ogni erogazione economica di un convivente a beneficio dell’altro viene intesa come un adempimento di obbligazione naturale in esecuzione di un dovere morale o sociale. Significa che chi ha fatto l’erogazione non può pretendere di riaverla indietro, a meno che:
- non sia stata proporzionale rispetto all’esigenza da soddisfare;
- non sia stata fatta spontaneamente;
- sia stata fatta da persona incapace.
In altre parole: quello che è stato dato di spontanea volontà durante la convivenza non deve essere per forza restituito quando la convivenza finisce.
Da segnalare, infine, che il coniuge divorziato che convive con una persona dalla quale riceve assistenza materiale perde il diritto al mantenimento o agli alimenti.
note
[1] D.lgs. n. 154/2013.