Assemblea condominio: convocazione e maggioranze


Quorum costitutivo e deliberativo in prima e seconda convocazione. Quali maggioranze servono per deliberare? Chi convoca l’assemblea?
L’assemblea è la riunione di tutti i condòmini che si incontrano per prendere decisioni che riguardano l’intero edificio. Ad esempio, in assemblea si approva il bilancio annuale, si nomina e si revoca l’amministratore, si decide di eseguire lavori di manutenzione straordinaria. Possiamo dunque dire che l’assemblea è l’organo più importante del condominio. Affinché le decisioni (le cosiddette «deliberazioni») assunte dall’assemblea siano valide, occorre che alla riunione partecipi un numero minimo di condòmini, e che questi ultimi siano opportunamente informati di cosa avverrà all’interno del consesso. Con questo articolo ci concentreremo su questi aspetti: parleremo cioè della convocazione e delle maggioranze in assemblea di condominio.
Come vedremo, non è possibile votare in assemblea se non si raggiunge un determinato numero di partecipanti. Questo numero minimo di condòmini presenti alla riunione prende il nome di «quorum costitutivo». Il quorum costitutivo, però, non è sufficiente. Affinché una delibera sia valida, occorre anche che essa sia approvata con la maggioranza delle persone intervenute in assemblea. Questa maggioranza, che può essere diversa a seconda della decisione da assumere di volta in volta, prende il nome di «quorum deliberativo».
Le maggioranze sono diverse a seconda del fatto che l’assemblea sia in prima o in seconda convocazione. C’è da dire, peraltro, che quasi sempre si vota in seconda convocazione, quando i quorum sono più bassi. Se l’argomento ti interessa e vuoi saperne di più, prosegui nella lettura: spiegheremo come funziona la convocazione dell’assemblea e con quali maggioranze deve deliberare.
Indice
Assemblea condominiale: quanti tipi?
L’assemblea può essere di due tipi: ordinaria e straordinaria. La differenza risiede nel fatto che, mentre l’assemblea ordinaria deve essere convocata soltanto dall’amministratore, quella straordinaria può essere convocata anche dai condòmini, in genere per decidere su questioni particolarmente urgenti o impreviste (ad esempio, sul rifacimento immediato della facciata del condominio, oppure della pavimentazione sconnessa).
Convocazione assemblea: cos’è e come funziona?
Affinché i condòmini si riuniscano in assemblea occorre che ci sia qualcuno che provveda materialmente alla loro convocazione. Questa persona è, in genere, l’amministratore del condominio.
L’amministratore, quando deve convocare i condòmini per riunirli in assemblea, lo fa attraverso un avviso (definito, appunto, «avviso di convocazione») contenente la specifica indicazione dell’ordine del giorno.
L’ordine del giorno è l’elenco dei temi che l’assemblea dovrà affrontare e su cui dovrà decidere. L’ordine del giorno può indicare, ad esempio, l’approvazione del bilancio condominiale, il conferimento di incarichi per la riparazione delle parti comuni, il rinnovo del mandato all’amministratore, ecc.
L’avviso di convocazione deve contenere altresì l’indicazione della data, del luogo e dell’ora in cui si terrà l’assemblea in prima e in seconda convocazione. Se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione (ad esempio, attraverso «Skype», «Zoom», ecc.).
L’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condòmini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’assemblea in prima convocazione. L’avviso di convocazione può essere spedito a mezzo posta raccomandata, posta elettronica certificata (la pec), fax o tramite consegna a mano. I condòmini possono però accettare di ricevere l’avviso di convocazione in forme diverse, magari attraverso una semplice email.
Se l’avviso di convocazione non rispetta queste norme, ad esempio perché comunicato a voce oppure solo il giorno prima della riunione, la delibera adottata in assemblea è invalida e può essere impugnata davanti al giudice entro trenta giorni da quando è adottata oppure da quando è notificata ai condòmini assenti.
Chi convoca l’assemblea?
Come già detto, di norma è l’amministratore a convocare l’assemblea. Anzi: per legge, solo l’amministratore può (e deve) convocare l’assemblea ordinaria, cioè quella che si riunisce obbligatoriamente almeno una volta all’anno.
L’assemblea può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i condòmini possono provvedere direttamente alla convocazione.
In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.
Come ricordato in precedenza, dunque, l’unica differenza tra assemblea ordinaria e straordinaria sta, dunque, nel soggetto che può convocarla: l’assemblea ordinaria è convocata dall’amministratore, mentre quella straordinaria dall’amministratore o dai condòmini.
Quorum costitutivo e deliberativo: differenza
Come ricordato in apertura, l’assemblea può validamente deliberare solo se rispetta il numero legale minimo di condòmini che devono partecipare e la maggioranza stabilita dalla legge per votare sulle materie che sono all’ordine del giorno.
Il «quorum costitutivo» indica la presenza minima di condomini affinché l’assemblea sia regolarmente composta. Si tratta del cosiddetto «numero legale», insomma.
Il «quorum deliberativo», invece, indica la presenza minima di condomini affinché l’assemblea possa decidere sui vari argomenti posti all’ordine del giorno.
Il quorum costitutivo è dunque un presupposto per il successivo quorum deliberativo: se non si raggiunge un numero minimo di partecipanti in assemblea, non sarà possibile votare.
Le maggioranze dell’assemblea in prima convocazione
Le decisioni adottate dall’assemblea sono valide solo se sono rispettate le maggioranze previste dalla legge. Come anticipato, per decidere validamente occorre la presenza contestuale dei due quorum, quello costitutivo e quello deliberativo.
Bisogna poi distinguere l’assemblea in prima convocazione da quella in seconda convocazione. Il Codice civile ha pensato di prevedere quorum più limitati nella seconda convocazione, ciò sulla base dell’esperienza per cui, in prima convocazione, quasi mai si raggiungono le soglie stabilite dalla legge.
L’assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio. Questo è il «quorum costitutivo», cioè il numero legale minimo di partecipanti affinché l’assemblea sia validamente costituita.
In parole più semplici, quanto appena detto significa che devono presentarsi in assemblea, alla data in cui è stata fissata in prima convocazione, un numero di condomini che rappresenti la maggioranza di quanti ne sono presenti in condominio. È inoltre necessario che, fra questi, ce ne sia un numero che rappresenti almeno i due terzi del valore dell’edificio, cioè almeno 667 millesimi.
Veniamo ora al quorum deliberativo. In prima convocazione, sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).
Facciamo un esempio.
Condominio di 7 unità immobiliari. Sono presenti solo 4 condomini che, insieme, possiedono solo 600 millesimi. Non avendo raggiunto i 667 millesimi (2/3 del valore dell’edificio), occorre rinviare l’assemblea. Qualora si presentasse un quinto condomino, per un totale di 700 millesimi (più di 667 millesimi), allora si potrebbe procedere a deliberare. In questo caso, per approvare le delibere bastano 500 millesimi (almeno la metà del valore dell’edificio) e che siano d’accordo 3 condomini su 5 intervenuti.
Le maggioranze dell’assemblea in seconda convocazione
Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni.
L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio (334 millesimi) e un terzo dei partecipanti al condominio («quorum costitutivo»).
La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio («quorum deliberativo»).
Facciamo un esempio.
Condominio di 7 unità immobiliari. Sono presenti solo 2 condomini che possiedono però 600 millesimi. Essendo solo due “teste” su 7, non raggiungono il terzo dei condomini. Occorre rinviare l’assemblea. Viceversa, con un condomino in più si sarebbe potuto procedere.
Condominio di 6 unità immobiliari. Sono presenti 3 condomini che possiedono 300 millesimi (300 è inferiore a 333). Occorre rinviare l’assemblea. Qualora si presentassero, ad esempio 400 millesimi (più di 333 millesimi), allora si potrebbe procedere con la gestione ordinaria. In questo caso, per approvare le delibere ordinarie bastano 334 millesimi di 400.
Le maggioranze per l’approvazione delle delibere
Chiarito il significato di quorum costitutivo e deliberativo, nonché il metodo di calcolo per determinare il numero legale dei partecipanti, vediamo ora quali sono le maggioranze richieste dalla legge per le decisioni più importanti:
- per la gestione ordinaria del condominio, cioè per tutti quei lavori che bisogna eseguire periodicamente per evitare che un impianto o una componente dell’edificio si deteriori, serve la maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell’edificio (in seconda convocazione, maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno 1/3 del valore dell’edificio);
- per la nomina e revoca dell’amministratore, serve la maggioranza degli intervenuti e almeno 1/2 del valore dell’edificio;
- per la ricostruzione dell’edificio o le riparazioni straordinarie di notevole entità, serve la maggioranza degli intervenuti e almeno 1/2 del valore dell’edificio;
- per le modifiche alle parti comuni aventi ad oggetto il miglioramento della sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti, occorre sempre la maggioranza degli intervenuti e almeno 1/2 del valore dell’edificio;
- per le modifiche dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, serve la maggioranza degli intervenuti ed almeno 2/3 del valore dell’edificio;
- per l’installazione sulle parti comuni dell’impianto di videosorveglianza, serve la maggioranza degli intervenuti e almeno 1/2 del valore dell’edificio;
- per l’approvazione del regolamento condominiale occorre la maggioranza degli intervenuti e almeno 1/2 del valore dell’edificio;
- per la divisione delle parti comuni (ad esempio, l’assegnazione del cortile a uno o più condomini), serve l’unanimità dei consensi, cioè che tutti i condomini siano d’accordo;
- per le modifiche delle destinazioni d’uso (ad esempio, trasformazione di giardino in parcheggio), occorre un numero di voti che rappresenti i 4/5 degli intervenuti ed almeno 4/5 del valore dell’edificio;
- per la modifica delle tabelle condominiali serve l’unanimità dei condòmini, salvo la maggioranza degli intervenuti e almeno 1/2 del valore dell’edificio nelle ipotesi di rettifica dovuta a un errore oppure alla variazione della volumetria del condominio, quando vi sia alterazione per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino (ad esempio, a seguito di costruzione di nuovi vani sul lastrico solare).