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Il licenziamento del lavoratore

15 Ottobre 2021 | Autore:
Il licenziamento del lavoratore

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per giustificato motivo soggettivo e per giusta causa. Cos’è e come funziona il licenziamento disciplinare?

Il licenziamento è l’atto con cui il datore manifesta l’intenzione di recedere dal contratto di lavoro. In pratica, rappresenta il rovescio delle dimissioni. Il licenziamento incontra notevoli limiti: la legge infatti tutela il dipendente stabilendo in maniera piuttosto rigida i casi in cui è possibile procedervi. In buona sostanza, l’ordinamento giuridico vuole evitare che ci siano licenziamenti immotivati, tenuto conto che il dipendente è la parte più debole all’interno del rapporto di lavoro. Ciò non significa che non si possa mai licenziare. Con questo articolo ci occuperemo del licenziamento del lavoratore.

Sin da subito possiamo dire che il licenziamento può essere di due tipi: «per giustificato motivo soggettivo», quando è causato da un comportamento del lavoratore contrario ai propri doveri (in questi casi, si parla anche di “licenziamento disciplinare”); «per giustificato motivo oggettivo», ogni volta che ci sono ragioni legate all’interesse produttivo o economico dell’azienda tali da rendere necessario un licenziamento.

Il licenziamento può anche essere «per giusta causa». Mentre il licenziamento per giustificato motivo soggettivo si verifica in caso di mancanze non gravi del lavoratore e prevede la concessione del periodo di preavviso, il licenziamento per giusta causa si ha quando il dipendente commette un fatto gravissimo, tale da non consentire la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto (cosiddetto “licenziamento in tronco”). Vediamo nel dettaglio cosa dice la legge a proposito del licenziamento del lavoratore.

Licenziamento disciplinare: cos’è?

Nel licenziamento disciplinare la causa della fine del rapporto di lavoro è ricollegabile a un comportamento scorretto del dipendente. In pratica, questo tipo di licenziamento è imputabile al lavoratore che non adempie ai propri doveri violando delle norme stabilite dalla legge, dai contratti collettivi e all’interno del codice disciplinare dell’azienda.

Il licenziamento disciplinare può essere motivato da un «giustificato motivo soggettivo» oppure da una «giusta causa»: nel primo caso, il datore di lavoro può interrompere il rapporto di lavoro, ma è obbligato a rispettare un termine di preavviso; nel secondo, invece, si verifica ciò che, in gergo, è chiamato “licenziamento in tronco”.

Licenziamento per giusta causa: cos’è?

Il licenziamento per giusta causa è quello che viene intimato in tronco, senza preavviso. Si ha questo tipo di licenziamento disciplinare per tutte le condotte più gravi, generalmente determinate da malafede del dipendente, tali da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro neanche per un solo giorno. Si tratta dei casi in cui il legame di fiducia con il datore è stato irrimediabilmente interrotto tanto da far ritenere all’azienda che la futura prestazione lavorativa non sarà mai svolta in modo regolare e legittimo.

Si pensi al tentativo di furto in azienda, ai falsi certificati medici per giustificare le assenze, all’abbandono del posto di lavoro con riferimento a mansioni particolarmente delicate. Più avanti, vedremo quali sono i principali casi di licenziamento per giusta causa.

Cos’è il licenziamento per giustificato motivo soggettivo?

Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo riguarda i casi meno gravi. Si tratta di comportamenti, colpevoli o in malafede che, pur giustificando il licenziamento disciplinare, richiedono il preavviso durante il quale il dipendente dovrà continuare a recarsi in azienda e lavorare.

L’azienda può rinunciare al periodo di preavviso pagando al lavoratore l’indennità di mancato preavviso. Allo stesso modo, il dipendente ormai licenziato può decidere di non lavorare durante il periodo di preavviso: in tal caso, dall’ultima mensilità, gli sarà scalata l’indennità.

Come avviene il licenziamento disciplinare?

La procedura del licenziamento disciplinare deve rispettare le seguenti regole e fasi:

  • l’azienda deve contestare per iscritto al dipendente la violazione del contratto di lavoro;
  • con questa comunicazione l’azienda deve dare 5 giorni di tempo al dipendente per presentare memorie a propria difesa. Nelle memorie, il dipendente può chiedere un incontro di persona con il datore o il capo del personale. All’incontro può partecipare un sindacalista ma non un avvocato;
  • all’esito del termine dei 5 giorni o, se richiesto, dell’incontro, l’azienda decide se procedere o meno al licenziamento.

È necessario che il licenziamento sia:

  • intimato per iscritto;
  • tempestivo rispetto ai fatti contestati al dipendente;
  • sufficientemente specifico e motivato in modo da dare al lavoratore la possibilità di comprendere su quali fatti verte la contestazione e potersi così difendere.

Se il datore di lavoro intima il licenziamento soltanto in forma orale, cioè “a voce”, il lavoratore non deve tenerne conto e deve presentarsi comunque sul posto di lavoro: il licenziamento, infatti, è nullo.

Esempi di licenziamento disciplinare per giusta causa

Secondo la giurisprudenza, costituiscono giusta causa di licenziamento (cioè, il licenziamento in tronco):

  • l’abbandono del posto di lavoro, indipendentemente dall’effettiva produzione di un danno;
  • il comportamento tenuto dal lavoratore che abbia usato indebitamente, per fini personali, beni aziendali, come ad esempio il cellulare;
  • l’utilizzo del badge altrui per rilevare le presenze;
  • il furto del dipendente;
  • l’utilizzazione del congedo parentale per svolgere un’altra attività lavorativa;
  • l’abusivo sfruttamento dei permessi derivanti dalla legge 104;
  • lo svolgimento di un’altra attività lavorativa durante la malattia.

Esempi di licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo

Legittimano un licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo:

  • l’assenza dal lavoro, in mancanza di valida giustificazione, per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio;
  • il reiterato e ingiustificato rifiuto di recarsi in trasferta se l’attività dell’azienda si svolge su dimensioni internazionali e la disponibilità a effettuare trasferte costituisce un elemento essenziale della prestazione di lavoro;
  • il rifiuto di lasciare il posto di lavoro nonostante ripetuti solleciti e nonostante la già irrogata sospensione dal servizio e dalla retribuzione;
  • l’assenza ingiustificata dal lavoro per rifiuto di svolgere mansioni inferiori, a parità di retribuzione, come alternativa al licenziamento;
  • la mancata colposa custodia di beni patrimoniali dell’azienda affidati al lavoratore;
  • lo scarso rendimento del lavoratore.

Licenziamento per giustificati motivi oggettivi: cos’è?

Il licenziamento del lavoratore, oltre che dall’inadempimento del dipendente, può essere giustificato anche da ragioni oggettive, come ad esempio dalla necessità di ridimensionare il personale per via di una crisi economica oppure di una riorganizzazione aziendale.

Quando il licenziamento è dettato da motivi economici oppure organizzativi, si parla di «licenziamento per giustificato motivo oggettivo». Vediamo meglio di cosa si tratta.

Quando si può licenziare un dipendente per motivi oggettivi?

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo viene comunemente identificato con la crisi dell’azienda, che richiede la riduzione dei costi per evitare il fallimento.

In realtà, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ricorre tutte le volte in cui ci sono ragioni inerenti all’attività produttiva, motivi cioè di riorganizzazione, non necessariamente legati a una crisi economica.

Quali sono le circostanze che legittimano un licenziamento per giustificato motivo oggettivo? Una di queste è, ad esempio, la modifica della struttura organizzativa: si pensi alla soppressione della funzione cui il lavoratore è adibito; alla ripartizione delle mansioni di questi tra più dipendenti già assunti; all’innovazione tecnologica che rende superfluo il suo apporto, sostituito da robot o computer.

Dunque, per procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore non è necessariamente tenuto a dimostrare l’andamento economico negativo dell’azienda; al contrario, è sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa.

In tutti questi casi, anche in presenza di una contestazione da parte del dipendente, il giudice non può sindacare le scelte aziendali; può solo verificare che queste siano reali, effettive e non sorrette da ragioni pretestuose o discriminatorie.

La procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Il licenziamento deve essere intimato per iscritto, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o a mani sottoscritta per ricevuta dal lavoratore, per provarne l’avvenuta effettiva conoscenza.

Se l’impresa ha meno di 15 dipendenti, la procedura di licenziamento si esaurisce con la consegna della relativa comunicazione.

Diversamente, nelle imprese con più di 15 dipendenti, nel caso in cui l’azienda intenda licenziare per giustificato motivo oggettivo, deve prima attivare un tentativo di conciliazione davanti all’Ispettorato territoriale del lavoro, proponendo al lavoratore una soluzione alternativa al licenziamento oppure una buonuscita. Se l’azienda non provvede ad attivare tale procedura, il licenziamento è illegittimo.



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