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Piccolo imprenditore: qual è il fatturato?

29 Ottobre 2021 | Autore:
Piccolo imprenditore: qual è il fatturato?

Le caratteristiche e i vincoli richiesti per rientrare nella categoria. I limiti per non essere considerato a rischio di fallimento.

Chi può essere considerato un «piccolo imprenditore»? Dipende dal tipo di attività o dal numero dei dipendenti che lavorano per lui? E per essere considerato un piccolo imprenditore, qual è il fatturato da non superare?

Secondo il Codice civile, nessuna di queste variabili da sola può dare una definizione di piccolo imprenditore. Ad esempio, non lo è chi lavora da solo, e quindi non ha dipendenti a suo carico, ma muove un quantitativo ingente di denaro, mentre rientra in questa categoria chi ha dei lavoratori alle sue dipendenze ma resta al di sotto di un certo fatturato. Resterebbe fuori, invece, l’imprenditore commerciale. Ma vediamo nel dettaglio il concetto del piccolo imprenditore, qual è il fatturato e quali le caratteristiche che lo contraddistinguono come tale a differenza di altri titolari di impresa.

Piccolo imprenditore: chi è?

Il Codice civile [1] inserisce nella categoria dei piccoli imprenditori:

  • i coltivatori diretti;
  • gli artigiani;
  • i piccoli commercianti;
  • chi esercita un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia rispetto al lavoro altrui.

Se ne deduce che si può ritenere un piccolo imprenditore, ad esempio, l’agricoltore, il falegname, chi fa impianti elettrici o idraulici, chi ha un’attività a conduzione familiare.

Attenzione, però: lo stesso articolo del Codice inserisce nella categoria chi esercita un’attività in grado di soddisfare questi due criteri:

  • quando l’imprenditore presta il proprio lavoro nell’impresa;
  • quando il lavoro dell’imprenditore e dei suoi familiari prevale rispetto al lavoro di altre persone rispetto al capitale investito.

Piccolo imprenditore: la prevalenza del lavoro proprio

Da quanto appena detto si deduce che la prevalenza del lavoro proprio e della famiglia sul capitale è una delle condizioni indispensabili per poter essere considerato un piccolo imprenditore. Ma che significa?

Ci sono due aspetti che definiscono questo concetto, ovvero:

  • quello qualitativo e funzionale, che si rispecchia nel citato articolo del Codice civile: riguarda il caso in cui il lavoro dell’imprenditore o dei suoi familiari è indispensabile per garantire la qualità di un prodotto;
  • quello quantitativo, che fa riferimento alla legge fallimentare.

Per quanto riguarda quest’ultimo elemento, cioè l’aspetto quantitativo, la legge considera un piccolo imprenditore non soggetto a fallimento – a differenza dell’imprenditore commerciale – colui che svolge un’attività che soddisfa queste tre condizioni:

  • attivo patrimoniale fino a 300mila euro;
  • ricavi fino a 200mila euro;
  • debiti fino a 500mila euro.

Differenza tra piccolo imprenditore e imprenditore commerciale

Come detto all’inizio, non bisogna considerare piccolo imprenditore chiunque abbia una qualsiasi attività che impegni soltanto lui o pochi dipendenti. Ci sono degli elementi che lo distinguono, ad esempio, dall’imprenditore commerciale, anch’egli magari con una realtà di dimensioni molto ridotte.

Quella appena citata è già una prima differenza fra entrambi, cioè il fatto di non poter essere considerato un soggetto sottoponibile a fallimento anche se esercita un’attività commerciale. Inoltre, il piccolo imprenditore non è tenuto:

  • a rispettare l’obbligo della tenuta di scritture contabili;
  • ad iscriversi nella sezione ordinaria del Registro delle imprese: dovrà figurare nella speciale sezione che riguarda il suo settore di attività.

Piccolo imprenditore artigiano: chi è?

Molti dei piccoli imprenditori rientrano nel settore artigianale. Un comparto piuttosto ampio che non riguarda soltanto il falegname o il sarto ma che comprende altri soggetti.

Nello specifico, viene considerato piccolo imprenditore artigiano:

  • chi produce beni, anche semilavorati (il falegname, il sarto, il fabbro, ecc.);
  • chi presta dei servizi (un elettricista, un idraulico, ecc.).

Da quest’ultima categoria bisogna escludere le attività:

  • agricole;
  • di servizi commerciali;
  • di intermediazione nella circolazione di beni;
  • di somministrazione al pubblico di cibi e bevande.

Inoltre, caratteristica principale del piccolo imprenditore artigiano è quella di svolgere in prima persona la sua attività in maniera prevalente rispetto al contributo di terze persone. Significa che non si limita alla parte gestionale del processo produttivo ma ne fa direttamente parte. È responsabile anche di eventuali rischi che derivano dal funzionamento della sua impresa.


note

[1] Art. 2083 cod. civ.


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