Come è punito chi svela un segreto professionale?


Obbligo di riservatezza: quali soggetti sono tenuti a non divulgare le notizie apprese durante l’esercizio della propria professione?
Per legge, ci sono alcune categorie di persone che non possono rivelare le informazioni di cui hanno avuto conoscenza a causa del proprio lavoro. Si tratta perlopiù di professionisti come medici, avvocati e notai, ma anche di soggetti che ricoprono ruoli importanti all’interno delle società, come ad esempio amministratori e direttori generali. La violazione di quest’obbligo di riserbo è sanzionato severamente. Con questo articolo vedremo per l’appunto come è punito chi svela un segreto professionale.
Fin da subito va detto che la rivelazione di un segreto professionale costituisce un reato, punito pertanto con la reclusione. Affinché scatti questo crimine, però, occorre che la rivelazione del segreto sia ingiustificata oppure fatta per scopi egoistici, ad esempio per trarre vantaggio da una determinata situazione. Se l’argomento ti interessa e vuoi saperne di più, prosegui nella lettura: vedremo insieme com’è punito chi svela un segreto professionale.
Indice
Segreto professionale: cos’è?
Il segreto professionale consiste nel dovere di non rivelare a terzi quanto appreso nell’esercizio della propria professione.
Questo particolare obbligo è previsto solamente a carico di coloro che esercitano determinate professioni. Si pensi agli avvocati, che hanno l’obbligo di non rivelare quanto appreso dai propri clienti nell’esercizio del proprio mestiere, oppure ai medici, i quali non possono divulgare informazioni concernenti lo stato di salute dei propri pazienti.
La testimonianza in caso di segreto professionale
Il segreto professionale è talmente importante da costituire una causa di esonero dall’obbligo di testimoniare.
Secondo la legge [1], non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio lavoro:
- i ministri di confessioni religiose (i sacerdoti, ad esempio);
- gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
- i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
- gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale.
Questi soggetti, dunque, essendo vincolati al segreto professionale, non sono obbligati a deporre al banco dei testimoni, almeno relativamente a ciò che hanno appreso nell’esercizio delle loro funzioni.
Rivelazione segreto professionale: quando è reato?
Secondo la legge, commette reato chi, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, sempreché dal fatto possa derivare un danno [2].
Affinché la rivelazione del segreto professionale costituisca reato c’è bisogno che ricorrano alcune condizioni. Il reato può infatti integrarsi in ragione di due condotte diverse:
- la rivelazione senza giusta causa del segreto a terze persone;
- l’utilizzo del segreto a proprio o altrui vantaggio.
In pratica, la violazione del segreto professionale si integra non solo per la mera rivelazione, cioè per la comunicazione del segreto a persone non legittimate, ma anche se, pur senza alcun disvelamento, tale segreto è usato a proprio o altrui vantaggio. Facciamo un esempio.
Paolo rivela al suo avvocato di aver nascosto il bottino di un furto per cui è indagato nel tronco cavo di un albero che si trova nella sua proprietà. L’avvocato, sapendo dove si trovano gli oggetti, si reca sul posto e se ne appropria.
Insomma: secondo la legge, il reato di rivelazione del segreto professionale si integra non solo se l’informazione riservata è svelata, ma anche se la si impiega per un proprio tornaconto oppure per avvantaggiare altri.
La semplice rivelazione del segreto è illegittima solo se non c’è una giusta causa. Quest’ultima è nozione piuttosto ampia, non specificata dalla legge.
La giusta causa può essere individuata nella sussistenza di un interesse, prevalente rispetto a quello messo in pericolo dalla divulgazione, che può essere garantito solo attraverso la rivelazione del segreto. Giusta causa potrebbe essere anche il consenso da parte del titolare del segreto, nonché l’esistenza di una norma giuridica che impone la rivelazione del segreto in presenza di determinate circostanze (ad esempio, per salvaguardare un interesse pubblico, prevalente su quello individuale).
Infine, condizione essenziale perché si possa avere il reato di rivelazione del segreto professionale è che la condotta possa arrecare un danno, anche solo potenziale, alla vittima. Ciò significa che la divulgazione del segreto deve astrattamente poter causare un pregiudizio (non per forza economico) alla vittima, anche se poi di fatto non patisce alcun danno.
Rivelazione segreto professionale: come denunciare?
La rivelazione di un segreto professionale è reato procedibile a querela, nel senso che solamente la vittima (e cioè, la persona il cui segreto sia stato svelato) può segnalare il fatto alle autorità, entro tre mesi da quando ha avuto conoscenza del fatto.
In qualità di persona offesa, la vittima può costituirsi parte civile nel procedimento penale intrapreso per la divulgazione indebita del segreto professionale, chiedendo il risarcimento dei danni.
Rivelazione segreto professionale: com’è punito?
La rivelazione del segreto professionale è punita con la reclusione fino a un anno o con la multa da 30 a 516 euro.
Per legge, la pena è aumentata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.