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Tfr del coniuge divorziato e risposato: a quale moglie va? 

26 Luglio 2021 | Autore:
Tfr del coniuge divorziato e risposato: a quale moglie va? 

Quali sono i criteri di ripartizione della buonuscita del marito lavoratore tra le due donne? La soluzione della Cassazione.

Se un marito divorzia e poi si risposa con un’altra donna, le due mogli possono entrare in conflitto anche a distanza di tempo. Succede quando lui cessa di lavorare o muore. In questi casi, a qualcuno spetta il suo Tfr, il trattamento di fine rapporto. A quel punto, entrambe le donne possono vantare diritti su quella somma? Oppure essa spetta solo a una delle due, e se sì a quale: all’ultima moglie, cioè al coniuge attuale e superstite, oppure alla precedente moglie divorziata? In sintesi: a quale moglie va il Tfr del coniuge divorziato e risposato? 

Per rispondere a questa impegnativa domanda occorre prendere in esame diverse norme, del Codice civile e della legge sul divorzio, e combinarle tra loro. Ma i pezzi del puzzle non combaciano o, come si dice in giurisprudenza, occorre «contemperare i parametri» tenendo conto anche di altre voci spettanti alla vedova, come la pensione di reversibilità.

Così per dirimere i dubbi e chiarire a quale moglie va il Tfr del coniuge divorziato e risposato è intervenuta la Corte di Cassazione che, con una nuova ordinanza, ha fornito una soluzione ed ha fissato dei «principi di diritto» utili a risolvere casi analoghi. Questa soluzione consente di soddisfare, in base a criteri legali, le esigenze economiche di entrambe le donne, tenendo conto della durata dei rispettivi matrimoni. Ma anche i figli possono ottenere una parte del Tfr del genitore defunto, se versano in stato di bisogno e, in tal caso, hanno priorità sulla moglie divorziata. 

A chi va il Tfr del lavoratore coniugato e divorziato?

Con il divorzio, il coniuge che non dispone di mezzi economici adeguati al proprio sostentamento può ottenere un assegno divorzile, commisurato alla durata del matrimonio, all’età ed ai rispettivi redditi. La corresponsione dell’assegno divorzile cessa se il beneficiario intraprende una nuova convivenza. 

La legge [1] prevede che il coniuge divorziato, se è già titolare dell’assegno divorzile e non si è risposato, ha diritto ad ottenere il 40% del Tfr del coniuge; questa percentuale non è riferita all’intero importo, ma è commisurata agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. Ad esempio, se una coppia è stata sposata per 15 anni e poi ha divorziato, ma il marito lavorava già da 10 anni prima delle nozze, l’ex moglie avrà diritto alla quota del 40% del Tfr riferita ai soli anni di matrimonio. Per approfondire questo aspetto leggi “Quando spetta il Tfr al coniuge divorziato?“.

Se il diritto del coniuge a percepire questa quota di Tfr matura dopo la pronuncia della sentenza di divorzio (anche a distanza di molti anni), l’interessato deve proporre domanda in tribunale per ottenere il riconoscimento dell’importo spettante; se, invece, il Tfr maturato era già stato liquidato prima della cessazione del vincolo matrimoniale, è il giudice che pronuncia il divorzio a stabilire, nella sentenza, l’ammontare della somma da attribuire all’ex moglie. 

Pensione di reversibilità del coniuge divorziato: a chi spetta? 

È interessante notare che anche il diritto alla pensione di reversibilità in favore del coniuge superstite e divorziato è subordinato dalla legge [2] alla ricorrenza dei due medesimi presupposti previsti per l’attribuzione di una quota del Tfr, e cioè essere titolare di assegno divorzile e non essere passato a nuove nozze.  

Se dopo il divorzio il lavoratore si era risposato, sarà il nuovo coniuge ad avere diritto alla pensione di reversibilità. Anche in questo caso, però, il coniuge divorziato può avere diritto ad una quota della pensione di reversibilità, commisurata alla durata del rapporto matrimoniale [3]

Come ripartire il Tfr tra il coniuge divorziato e il nuovo coniuge? 

Abbiamo visto che il coniuge divorziato, se era beneficiario dell’assegno divorzile, ha diritto a percepire il 40% del Tfr del suo ex marito, o moglie, nel momento in cui la buonuscita viene liquidata; e abbiamo constatato che l’importo è commisurato alla durata del matrimonio e, precisamente, al numero di anni in cui vi è stata coincidenza del rapporto matrimoniale con quello lavorativo. 

Ma cosa succede se nel frattempo il lavoratore divorziato si era risposato? Una nuova pronuncia della Corte di Cassazione [4] ha stabilito i criteri di ripartizione del Tfr tra il coniuge superstite e l’ex coniuge divorziato. Il caso deciso ha preso in esame un lavoratore deceduto che aveva lasciato un coniuge superstite (l’attuale moglie) e l’ex moglie da cui aveva divorziato.

Secondo la Suprema Corte, per stabilire la quota a cui ha diritto il coniuge divorziato occorre prima operare una ripartizione del Tfr tra l’attuale coniuge superstite del lavoratore deceduto ed i suoi figli; solo a quel punto la somma residua si dividerà tra il coniuge superstite e quello divorziato, in base alla durata dei rispettivi matrimoni. Facciamo l’esempio concreto, corrispondente a quello deciso dai giudici di piazza Cavour.

Un lavoratore, divorziato e risposato, è morto. Il suo Tfr ammonta a 36mila euro. Ecco come ripartirli: la prima divisione va fatta in parti uguali, a favore dell’attuale moglie e dei tre figli (che versano in stato di bisogno). Ciascuno avrà, pertanto, 9mila euro. La quota di 9mila euro di Tfr spettante alla moglie superstite andrà, però, suddivisa con l’ex moglie divorziata, in base alla durata dei rispettivi matrimoni.

Non sarebbe corretto, secondo la Cassazione, assegnare prima il 40% dell’intero Tfr al coniuge divorziato e, poi, suddividere tra il coniuge superstite e i figli la somma residua. La spettanza ai figli di una parte del Tfr del genitore defunto deriva da una norma del Codice civile [5] secondo cui, in caso di morte del lavoratore, il suo Tfr va corrisposto al coniuge, ai figli e agli altri parenti a carico entro il terzo grado, e la ripartizione tra essi, se non vi è accordo, va fatta dal giudice «secondo il bisogno di ciascuno». La nuova sentenza della Cassazione che ti abbiamo esposto definisce questo criterio del bisogno dei figli una «regola aurea», da cui non si può prescindere.

Divisione Tfr tra mogli e figli: Cassazione

Nell’ordinanza che ti abbiamo esposto, la Corte di Cassazione ha affermato i due seguenti principi di diritto, che potranno essere adottati per risolvere casi simili di conflitto tra l’ex moglie e quella attuale.

«In tema di regolazione della crisi coniugale, mentre l’art. 12 bis della legge n. 898/1970 (nel testo aggiunto dall’art. 16 della legge n. 74/1987) si inserisce nella regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi divorziati prevedendo che l’ex coniuge divorziato abbia diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno divorzile, ai sensi dell’art. 5, ad una percentuale della indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro e tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio; l’art. 9, comma 3, della legge n. 898/1970 (come sostituito dall’art. 13, della legge n. 74/1987) regola il caso del concorso con il coniuge superstite, avente i requisiti per la pensione di reversibilità, e stabilisce che una quota della pensione e degli altri assegni a esso spettante sia attribuita al coniuge divorziato, che sia titolare dell’assegno divorzile, di cui all’art. 5».

«La ripartizione del trattamento di fine rapporto tra coniuge superstite e coniuge divorziato, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata ai sensi dell’art. 9, comma 3, della legge n. 898/1970, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, e tra questi tenendo conto della durata della convivenza, ove il coniuge interessato alleghi e provi la stabilità e l’effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio con il de cuius». 

Approfondimenti

 Per altre informazioni leggi questi articoli:


note

[1] Art. 12 bis L. n. 898/1970.

[2] Art. 9, co.2, L. n. 898/1970.

[3] Art. 9., co.3, L. n. 898/1970.

[4] Cass. ord. n. 21247 del 23.07.2021.

[5] Art. 2122 Cod. civ.


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