Fino a quando il figlio maggiorenne disabile ha diritto all’assegno di mantenimento dal genitore separato o divorziato?
Un nostro lettore sta per separarsi dalla moglie. La coppia ha un figlio con una disabilità certificata dalla competente commissione medica dell’Inps ed è pertanto titolare dei benefici previsti dalla legge 104 del 1992. Ci viene chiesto, in caso di separazione, qual è la tutela dei figli maggiorenni con handicap prevista dalla nostra legge.
Partiamo col dire che la presenza di un figlio disabile impedisce ai coniugi di separarsi consensualmente innanzi al sindaco. Pertanto, in caso di procedura concordata, bisognerà necessariamente rivolgersi al giudice o avviare la cosiddetta negoziazione assistita (un accordo stipulato con l’assistenza dei rispettivi legali). Il problema chiaramente non si pone se il padre o la madre non sono riusciti a trovare un accordo e, perciò, hanno deciso di avviare il giudizio, innanzi al tribunale, per la separazione giudiziale.
Per quanto invece attiene alla tutela dei diritti dei figli maggiorenni con handicap, questi vengono equiparati ai figli minorenni. A prevederlo è l’articolo 337-septies del Codice civile a norma del quale «Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori». Disposizioni che riguardano innanzitutto il diritto di abitazione all’interno della casa coniugale, insieme al genitore presso cui il figlio è stato collocato (anche se non è proprietario dell’immobile) e, in secondo luogo, il diritto all’assegno di mantenimento.
Indice
Quando si può parlare di figlio con handicap grave
Prima di entrare nel merito di tali tutele, vediamo quando si può parlare di handicap grave ai sensi del citato articolo 337-septies del Cod. civ. A dirlo è l’articolo 37 delle disposizioni di attuazione al Codice civile. Questo recita nel seguente modo: «I figli maggiorenni portatori di handicap grave previsti dall’articolo 337-septies del codice civile sono coloro i quali siano portatori di handicap ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104». Quindi, è a quest’ultima disposizione che bisogna avere riguardo per comprendere quando si è in presenza di un handicap grave e, quindi, quando è possibile equiparare il figlio maggiorenne disabile a quello minorenne.
Partiamo col dire che la gravità dell’handicap può riguardare sia la sfera fisica sia quella psichica. Secondo la norma della legge 104 appena richiamata è portatore di handicap «colui che presenta una minorazione fisica, psichica, sensoriale, stabilizzata e progressiva che è causa di difficoltà di apprendimento, relazione o integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione».
La stessa legge precisa inoltre che: «Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici».
In sintesi, possiamo dire che il figlio maggiorenne con handicap grave – e che, come tale, ha le stesse tutele del figlio minorenne – è quello che ha bisogno di un’assistenza permanente, continua e totale.
Il diritto di abitazione
Il figlio maggiorenne con handicap grave viene innanzitutto tutelato con riferimento al diritto di abitazione nella casa ove la coppia viveva stabilmente prima della separazione.
Non avendo, spesso, il figlio disabile la capacità di procurarsi un’attività che possa renderlo autonomo, si troverà di fatto costretto a stare insieme al genitore presso cui il giudice lo ha collocato, ossia con cui convive. Tale genitore quindi avrà il diritto di abitare nell’immobile coniugale, anche se di proprietà dell’ex.
Tale situazione è suscettibile di protrarsi più a lungo rispetto a quella in presenza di un figlio maggiorenne senza handicap: quest’ultimo infatti, oltre una certa età, è in grado di raggiungere l’indipendenza economica e, pertanto, sarà costretto a lasciare il tetto ove prima viveva.
L’assegno di mantenimento
La Cassazione [1] ha di recente ricordato che l’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne portatore di handicap è dovuto solo se l’invalidità è grave. Per rendere necessario un intervento assistenziale è necessario valutare in che modo la minorazione fisica o psichica svantaggi il portatore.
La Corte ha detto che «ai fini del riconoscimento di un assegno di mantenimento ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, la cui condizione giuridica è equiparata, sotto tale profilo, a quella dei figli minori dall’art. 337 septies Cod. civ., il giudice di merito è tenuto ad accertare se il figlio che richieda la contribuzione sia portatore di un handicap grave. Ossia, se la minorazione, singola o plurima, della quale il medesimo sia portatore, abbia ridotto la sua autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, essendo, in caso contrario, la condizione giuridica del figlio assimilabile, non a quella a quella dei minori, bensì allo status giuridico dei figli maggiorenni».
note
[1] Cass. ord. n. 21819/21