Come cambia la giustizia penale


Riforma Cartabia: tutte le novità previste per i processi penali, dall’udienza filtro per le citazioni dirette alla nuova prescrizione.
La sfida economica e politica lanciata dalla pandemia riguarda anche la giustizia italiana. Il Parlamento sta per approvare un grande progetto di riforma inerente al procedimento penale. Verranno rivisti tantissimi aspetti: dalla durata delle indagini preliminari alla modalità di celebrazione delle udienze dibattimentali, dalla prescrizione alla digitalizzazione di depositi e notifiche. Con questo articolo vedremo come cambia la giustizia penale.
La riforma, che porterà la firma del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, intende accelerare la definizione dei procedimenti penali, così da alleggerire il carico che attualmente grava sui tribunali. Ma non solo. Ulteriore scopo è quello di avvicinare il procedimento penale alle tecniche di digitalizzazione del processo civile, così da garantire maggiore celerità e snellezza delle procedure. Proviamo a tracciare un quadro sintetico ma efficace di come cambierà la giustizia penale.
Indice
- 1 L’udienza filtro per il tribunale monocratico
- 2 I giudizi a citazione diretta
- 3 La prescrizione dei reati
- 4 La durata delle indagini preliminari
- 5 Iscrizione notizia di reato senza pregiudizio
- 6 Il diritto all’oblio
- 7 Digitalizzazione del processo penale
- 8 Procedimenti speciali nel processo penale
- 9 Lavoro di pubblica utilità al posto del carcere
- 10 La particolare tenuità del fatto
- 11 I reati procedibili a querela
- 12 Mediazione penale
L’udienza filtro per il tribunale monocratico
La maggior parte dei procedimenti penali si celebra davanti al tribunale monocratico, cioè innanzi all’autorità giudiziaria composta da un solo magistrato.
Per legge, quasi tutti i rinvii a giudizio di competenza del giudice monocratico sono curati dal pubblico ministero (pm). Si parla in questi casi di citazione diretta a giudizio, in quanto non viene celebrata alcuna udienza preliminare, ma è il pm a citare direttamente in giudizio l’imputato, con propria decisione unilaterale.
La riforma della giustizia penale intende introdurre un’udienza filtro per le citazioni dirette davanti al giudice monocratico.
L’udienza filtro punta a evitare il dibattimento se non necessario. La modifica è stata pensata a partire dall’alto numero delle assoluzioni nei giudizi di primo grado.
In pratica, l’udienza filtro (esattamente come avviene per l’udienza preliminare) serve ad evitare di celebrare un processo, lungo e costoso, che poi termina con l’assoluzione.
Dunque, in questi procedimenti a citazione diretta, la riforma propone di introdurre un’udienza predibattimentale in camera di consiglio, di fronte a un giudice diverso da quello davanti al quale si dovrà eventualmente celebrare il dibattimento.
In questa udienza, il giudice avrà il ruolo di filtrare le citazioni dirette formulate dal pm, per verificare l’effettiva necessità della celebrazione del dibattimento. Così, se il processo non è definito con un procedimento speciale (patteggiamento, abbreviato, ecc.), il giudice sarà chiamato a valutare se sussistono le condizioni per pronunciare sentenza di non luogo a procedere perché gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna.
I giudizi a citazione diretta
Se, da un lato, si intende istituire un’udienza filtro per i procedimenti celebrati innanzi al tribunale monocratico, dall’altro si intende ampliare la lista di reati per i quali il pm può procedere a citazione diretta.
Il rito monocratico a citazione diretta è quello riservato ai reati meno gravi. Si tratta dei reati puniti con la pena della reclusione non superiore a quattro anni o con la multa, oltre ad altri reati individuati puntualmente, come rissa aggravata, furto aggravato, lesioni personali stradali.
In questi casi, come ricordato nel precedente paragrafo, il processo si instaura senza che sia preceduto da una richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero, con la conseguente fissazione dell’udienza preliminare.
La riforma Cartabia prevede di ampliare il raggio della citazione diretta ai reati con pena fino a sei anni, che non presentino rilevanti difficoltà di accertamento.
Parallelamente, diminuiranno i reati per cui è necessaria l’udienza preliminare.
La prescrizione dei reati
Nella giustizia penale, cambierà anche la prescrizione. Pur confermando lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado (sia in caso di condanna che di assoluzione), per evitare processi infiniti viene stabilita una durata massima di due anni per i processi d’appello e di un anno per quelli di Cassazione.
È prevista la possibilità di una ulteriore proroga di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione per processi complessi relativi a reati gravi (per esempio, associazione a delinquere semplice, di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, violenza sessuale, corruzione, concussione).
Decorsi tali termini, interviene l’improcedibilità, nel senso che il processo non potrà più proseguire e, di fatto, l’imputato non potrà più essere condannato.
In sintesi:
- fino alla sentenza di primo grado, il reato può prescriversi, così come già avviene oggi;
- dopo il primo grado, è possibile celebrare l’appello, che dovrà concludersi entro due anni, e il giudizio di Cassazione, che dovrà terminare entro un anno.
La durata delle indagini preliminari
La riforma della giustizia penale riguarderà anche la durata delle indagini preliminari. Ad oggi, le indagini non possono durare più di sei mesi, quando si tratta di reati “ordinari”, ovvero di un anno, quando si procede per reati particolarmente gravi. In entrambi i casi, è possibile una proroga, rispettivamente, fino a diciotto e ventiquattro mesi.
La riforma della giustizia penale punta a favorire l’archiviazione di quelle notizie di reato che non consentono una “ragionevole previsione di condanna”.
Inoltre, alla scadenza del termine di durata massima delle indagini, fatte salve le esigenze specifiche di tutela del segreto investigativo, si prevede un meccanismo di discovery degli atti.
In pratica, questo significa che, se il pm supera i limiti massimi di durata delle investigazioni, l’indagato e il suo avvocato potranno accedere agli atti, i quali dunque non dovranno più ritenersi coperti dal segreto.
Iscrizione notizia di reato senza pregiudizio
La riforma della giustizia penale prevede espressamente che la persona indagata non possa subire alcun danno da questo suo particolare status.
In altre parole, il soggetto sottoposto alle indagini non può subire preclusioni solamente per questo motivo. Dunque, grazie alla riforma della giustizia penale non si dovrà più avere paura di non essere ammessi a un concorso oppure a una selezione privata solo perché si è indagati.
Il diritto all’oblio
A tutte le persone, indagate o imputate, che usciranno “pulite” dal processo penale, la riforma assicura il diritto all’oblio, attuato mediante la deindicizzazione delle notizie relative ai procedimenti penali a loro carico.
Gli indagati o imputati in procedimenti penali potranno richiedere ai siti Internet la deindicizzazione in caso di archiviazione o assoluzione.
Costituiranno dunque titolo per l’emissione del provvedimento di deindicizzazione non solo la sentenza di assoluzione, ma anche quello di non luogo a procedere (emessa dal giudice per le indagini preliminari e, in futuro, dal giudice dell’udienza filtro) e il decreto di archiviazione.
Digitalizzazione del processo penale
La riforma della giustizia punta ad avvicinare il processo penale a quello civile, almeno dal punto di vista dell’utilizzo degli strumenti telematici.
Se la giustizia civile è oramai da anni affidata alla trasmissione telematica degli atti, la riforma punta a consentire il deposito e le notifiche degli atti tramite Internet, con notevole risparmio di tempo e di danaro pubblico.
Procedimenti speciali nel processo penale
La riforma della giustizia penale, nell’ottica di un alleggerimento del numero dei processi, incentiva il ricorso agli strumenti di definizione alternativa del giudizio, come ad esempio il patteggiamento, l’abbreviato e la messa alla prova.
Sul patteggiamento si prevede che, quando la pena detentiva da applicare supera i due anni (cosiddetto patteggiamento allargato), l’accordo tra imputato e pubblico ministero possa estendersi alle pene accessorie e alla loro durata, nonché alla confisca facoltativa e alla determinazione del suo oggetto e ammontare.
Quanto al giudizio abbreviato si prevede, tra l’altro, che la pena inflitta sia ulteriormente ridotta di un sesto, nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell’imputato.
Per quanto riguarda la messa alla prova, il suo ambito di applicazione sarà esteso anche ai reati puniti con pena detentiva non superiore a 6 anni (oggi il limite massimo è di quattro anni).
Lavoro di pubblica utilità al posto del carcere
La riforma della giustizia penale a firma del ministro Cartabia non dimentica la problematica del sovraffollamento carcerario. A tal proposito, viene incentivato il ricorso a pene sostitutive alla detenzione, come ad esempio il lavoro di pubblica utilità.
Le nuove pene sostitutive (detenzione domiciliare, semilibertà, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria) saranno direttamente irrogabili dal giudice, entro il limite di quattro anni di pena inflitta. È esclusa la sospensione condizionale: in questo modo, si garantisce maggiore effettività all’esecuzione della pena.
La particolare tenuità del fatto
Per evitare inutili procedimenti riguardanti reati di poco conto, la riforma Cartabia estenderà il raggio d’azione dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
I reati procedibili a querela
La riforma della giustizia penale prevede un ampliamento delle ipotesi di procedibilità a querela di parte. Ciò significa che sempre più reati potranno essere perseguiti dalla legge solo se la vittima sporgerà querela entro tre mesi dal crimine.
Mediazione penale
Per favorire la mediazione tra le parti (autore del reato e persona offesa) ed evitare di celebrare processi che potrebbero essere definiti con un semplice risarcimento pagato dal responsabile, la riforma della giustizia penale incentiva vittima e reo del reato a partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un soggetto terzo e imparziale (un mediatore, in pratica).