La perizia grafologica (così come qualsiasi altra perizia o consulenza tecnica d’ufficio) non costituisce una prova e, pertanto, non vincola il giudice a prestarvi fede. Il giudice potrebbe dunque non ritenere attendibile la perizia e decidere in maniera difforme.
Perizia grafologica: che valore ha?


Qual è l’efficacia probatoria di una perizia grafologica redatta da un esperto? Sospetto, indizio e prova: differenze.
Quando c’è bisogno di accertare l’autenticità di una sottoscrizione in calce a un contratto oppure quella di un testamento olografo, non resta che affidarsi a un esperto che sia in grado di attestare la genuinità o meno dello scritto. Si tratta di un’operazione piuttosto frequente, volta a smascherare presunti falsi che, la maggior parte delle volte, possono costituire anche un reato. Che valore ha una perizia grafologica?
Una recente sentenza della Suprema Corte ha ridimensionato il valore probatorio della perizia effettuata per stabilire l’autenticità o meno di uno scritto. Ripercorrendo le differenze tra indizio, sospetto e prova, la Cassazione è giunta a conclusioni davvero interessanti. Se vuoi sapere quali sono, prosegui nella lettura: spiegheremo che valore ha la perizia grafologica.
Indice
Perizia grafologica: cos’è?
Come spiegato nell’articolo “Come fare una perizia calligrafica“, la perizia grafologica consiste nell’analisi della scrittura di una persona. In pratica, il perito grafologo si occupa di studiare la grafia presente su uno o più documenti, in genere al fine di determinarne la riconducibilità al suo autore.
Perizia calligrafica: quando chiederla?
La perizia grafologica (o calligrafica) va chiesta ogni volta che si dubiti dell’autenticità di una sottoscrizione; in altre parole, quando si contesta l’originalità di una firma. Ma non solo.
Per legge, il testamento olografo è valido solo se redatto completamente di proprio pugno. La perizia grafologica, in un caso del genere, potrebbe essere richiesta non solo per verificare l’autenticità della firma, ma dell’intero testo.
Dalla perizia grafologica potrebbero emergere profili di responsabilità sia civile che penale: si pensi alla truffa commessa da colui che abbia firmato diversi documenti al posto della persona realmente legittimata, per non parlare di tutti i delitti di falso previsti dal Codice penale.
Dunque, è evidente che il ricorso a un perito grafologo sia molto frequente sia in un processo civile che in uno penale. Questo ci conduce al tema del prossimo paragrafo.
Perizia grafologica: qual è il suo valore?
Secondo la Corte di Cassazione [1], la perizia grafica non costituisce una prova, ma solo un mero indizio. Ciò significa che il giudice non è vincolato a prestare fede alle risultanze della perizia svolta dal grafologo incaricato. Si tratta di un’importante pronuncia che depotenzia il ruolo del perito, anche quando incaricato direttamente dal tribunale.
Secondo la Cassazione, la prova dell’autenticità o della falsità di un atto può essere desunta anche da elementi diversi da una perizia, la quale non costringe il giudice a conformarsi alle conclusioni cui è addivenuto il tecnico all’interno del proprio elaborato.
Nella sentenza in commento, i giudici supremi sottolineano la differenza tra “sospetto” e “indizio”: il primo consiste in una congettura non supportata da prove, il secondo, invece, rappresenta un elemento capace a certe condizioni di condurre dal fatto noto a quello ignoto secondo un ragionamento logico.
La perizia grafologica non costituisce piena prova, ma solo un mero indizio. Ne deriva, allora, che siffatto elemento deve essere valutato alla luce dei criteri stabiliti dalla legge, secondo cui l’esistenza di un fatto può essere desunta da indizi solo se questi sono gravi, precisi e concordanti.
Insomma: la perizia grafologica (così come qualsiasi altra perizia o consulenza tecnica d’ufficio) non costituisce una prova e, pertanto, non vincola il giudice a prestarvi fede. Il giudice potrebbe dunque non ritenere attendibile la perizia e decidere in maniera difforme.
Ad ogni buon conto, resta comunque il fatto che la perizia grafologica, pur non costituendo una prova, rimane lo strumento principale per dimostrare l’autenticità o meno di uno scritto.
Sospetto, indizio, prova: differenze
Quanto detto nel precedente paragrafo in merito alla differenza tra sospetto e indizio merita un breve approfondimento.
Come ricordato, mentre l’indizio giustifica una conclusione ragionevole perché suffragata dalla logica o da evidenze scientifiche, il sospetto non è nient’altro che una “sensazione”, una percezione soggettiva.
Ad esempio, se l’impronta e la traccia sull’asfalto costituiscono indizi, uno sguardo torvo e la frequentazione di locali malfamati sono semplici sospetti: infatti, mentre dalla traccia nel fango o sull’asfalto si può giungere a una conclusione certa o verosimile, da un’occhiataccia o dalla frequentazione di luoghi dubbi non si ricava nulla, se non una serie di sospetti che andranno approfonditi.
La differenza tra indizi e sospetti è che solo i primi, se sono gravi, precisi e concordanti, possono giustificare una condanna. I sospetti possono essere al più lo spunto per iniziare le indagini, nient’altro.
Se gli indizi non sono sorretti da evidenze scientifiche o da massime di esperienza, allora degradano a meri sospetti, incapaci di sostenere un’accusa in giudizio. Secondo la Corte di Cassazione, congetture e sospetti sono assolutamente insufficienti a giustificare una condanna [2].
Diversa ancora è la prova. Mentre le prove sono idonee a dimostrare direttamente la colpevolezza (o l’innocenza) dell’imputato, gli indizi costituiscono solo una prova indiretta, ricavata dalla logica.
Ecco perché per condannare una persona è sufficiente anche una sola prova, mentre un solo indizio non potrebbe mai legittimare una sentenza di colpevolezza.
note
[1] Cass., sent. n. 30533 del 4 agosto 2021.
[2] Cass., sent. n. 28559 del 14 ottobre 2020.
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