Quando il video è realizzato dallo stesso minore che ha partecipato all’atto sessuale, si può ravvisare il reato di produzione di materiale pedopornografico?
Quasi tutti i ragazzi oggi hanno uno smartphone, il telefono cellulare che consente, tra le tante funzionalità, di registrare suoni, scattare foto e realizzare video. E i giovani sanno sfruttare molto bene questi strumenti tecnologici: basta cliccare un pulsante e il telefonino si trasforma in una videocamera, pronta per registrare qualsiasi cosa. La maggior parte delle scene immortalate sono innocue e ritraggono momenti di vita da postare sui social come Instagram o TikTok; ma se un minorenne filma scene di sesso con una coetanea, cosa rischia?
D’istinto, si potrebbe pensare che la cosa rimane priva di conseguenze, se il rapporto è stato consenziente e il filmato non viene diffuso. In realtà, non è così: per la legge, ciò che conta è l’età dei protagonisti e il contenuto delle scene. Bisogna tenere presente che l’età del consenso ad avere rapporti sessuali è più bassa di quella che riguarda la pedopornografia. Perciò, al di là dell’età e delle intenzioni, il semplice fatto di filmare un rapporto sessuale tra minorenni integra il grave delitto di produzione di materiale pedopornografico, come ha affermato la Corte di Cassazione in una nuova sentenza.
Siccome il tema è delicato e le conseguenze penali sono molto gravi, vediamo più da vicino cosa rischia il minorenne che filma sesso con una coetanea. Proseguendo nella lettura ti renderai conto che è meglio non fare video, nemmeno se hai deciso di tenere quelle scene per te e per la tua partner, senza divulgarle.
Qual è l’età del consenso ai rapporti sessuali?
Per avere legittimamente rapporti sessuali la legge [1] fissa in via generale l’età del consenso a 14 anni. Perciò, chi ha un rapporto sessuale con una persona che ha compiuto i 14 anni di età non è punibile per il reato di atti sessuali con minorenne. Ma bisogna tenere presenti queste due eccezioni:
- non è punibile il minorenne che ha un rapporto sessuale con un altro minorenne di almeno 13 anni, purché il rapporto sia consenziente e la differenza di età tra i due partner non superi i 4 anni;
- se il rapporto sessuale consenziente avviene tra un genitore, anche adottivo, o un ascendente, insegnante o tutore e un minore di 16 anni, sussiste a carico del maggiorenne il reato di atti sessuali con minorenne, punito con le stesse pene della violenza sessuale [2], perché l’eventuale consenso prestato non è ritenuto valido.
Il delitto di produzione di materiale pedopornografico
La legge definisce la pornografia minorile [3] come «ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali».
In base a questa definizione molto estesa, non c’è dubbio che il filmato di un rapporto sessuale che coinvolge una persona minorenne rientri nell’alveo penalmente rilevante, a prescindere dall’età per il consenso. E tra i reati di pedopornografia uno dei più gravi è quello di produzione di materiale pedopornografico [4], punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da 24mila a 240 mila euro.
Il minorenne che filma un rapporto sessuale con una coetanea commette reato?
La condotta punibile riguarda chi realizza foto o filmati contenenti scene di pedopornografia (e colpisce anche chi non è l’autore del materiale illecito, ma lo mette in vendita). È proprio questo il grave reato che è stato ravvisato dalla Corte di Cassazione [5] in una vicenda che coinvolgeva un ragazzo, non ancora maggiorenne, il quale aveva filmato un rapporto sessuale con una coetanea.
L’imputato aveva provato a difendersi sostenendo di non aver diffuso il video incriminato, ma i giudici hanno respinto questa tesi, sottolineando che «ai fini dell’integrazione del reato di produzione di materiale pedopornografico non è richiesto l’accertamento del concreto pericolo di diffusione di detto materiale».
Inoltre, il rapporto era stato consenziente, ma neanche questo è bastato a scriminare: il Collegio ha ribadito «l’esistenza del reato anche nell’ipotesi di prestazione del consenso da parte della persona offesa minorenne». La sentenza ha precisato che non occorre, per la punibilità, una finalità ulteriore alla semplice consapevolezza e alla volontà di realizzare il video: «si è comunque legata la sussistenza del reato alla mera produzione del materiale pornografico, trattandosi di reato a dolo generico che non prevede alcuna finalità ulteriore rispetto alla volontà di utilizzare il minore nella produzione del materiale».
D’altronde, lo scopo del filmato, che ritraeva atti sessuali espliciti tra i due protagonisti, era evidente, perciò il video era illecito in quanto aveva «la capacità di provocare nello spettatore il risveglio ovvero il rinnovo di istinti erotici, contestualmente al compiacimento legato alla visione del materiale così prodotto». Perciò – sottolineano gli Ermellini – il reato sussiste poiché «costituisce materiale pedopornografico la rappresentazione, con qualsiasi mezzo atto alla conservazione, di atti sessuali espliciti coinvolgenti soggetti minori di età, oppure degli organi sessuali di minori con modalità tali da rendere manifesto il fine di causare concupiscenza od ogni altra pulsione di natura sessuale».
Puoi leggere per esteso la sentenza della Cassazione che abbiamo commentato nel box in fondo a questo articolo. Per altre informazioni leggi anche “Video di sesso consenziente con minore: cosa si rischia“.
note
[1] Art. 609 quater Cod. pen.
[2] Art. 609 bis Cod. pen.
[3] Art. 600 ter, co. 7, Cod. pen.
[4] Art. 600 ter, co.1, n.1), Cod. pen.
[5] Cass. sent. n. 30326 del 04.08.2021.
Cass. pen., sez. III, ud. 16 giugno 2021 (dep. 4 agosto 2021), n. 30326
Presidente Rosi – Relatore Cerroni
Ritenuto in fatto
- Con sentenza del 19 novembre 2020 la Corte di Appello di Trieste sezione minorenni ha confermato la sentenza del 13 febbraio 2020 del Tribunale per i Minorenni di Trieste, in forza della quale T.A.S. era stato condannato alla pena, sospesa, di anni due mesi nove di reclusione ed Euro tredicimila di multa per i reati, uniti dal vincolo della continuazione e previo riconoscimento delle attenuanti generiche e della minore età, di cui all’art. 609 octies c.p., comma 2, (capo A); art. 110 c.p., art. 600 ter c.p., comma 1, n. 1 (capo B) in danno diS.M.F.
- Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione con unico motivo di impugnazione. 2.1. In particolare, secondo il ricorrente il materiale realizzato non poteva considerarsi penalmente rilevante in quanto non costituiva materiale pornografico, dal momento che a tal fine l’autore della condotta doveva considerarsi mosso da una finalità sessuale. In tal senso, e contrariamente alle considerazioni della sentenza impugnata, la finalità sessuale doveva porsi all’origine dell’intera azione delittuosa.
- Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
- Il ricorso è inammissibile. 4.1. In relazione al residuo motivo di censura, già la Corte territoriale ha anzitutto ricordato che ai fini dell’integrazione del reato di produzione di materiale pedopornografico, di cui all’art. 600 ter c.p., comma 1, non è richiesto l’accertamento del concreto pericolo di diffusione di detto materiale (Sez. U, n. 51815 del 31/05/2018, M.,Rv. 274087). Ricostruita la fattispecie incriminatrice in esito alla novella del 2012, la sentenza impugnata ha così dato altresì conto che, ferma l’esistenza del reato anche nell’ipotesi di prestazione del consenso da parte della persona offesa minorenne, il video realizzato dall’imputato e dal suo concorrente riprendeva il compimento di atti sessuali espliciti cui non era affatto estraneo lo scopo di natura sessuale, dovendosi intendere in tal senso la capacità del video di provocare nello spettatore il risveglio ovvero il rinnovo di istinti erotici, contestualmente al compiacimento legato alla visione del materiale così prodotto. Sì che, così interpretato lo scopo sessuale, era difficile sostenere che il video non avesse tal genere di finalità. Al riguardo, peraltro, la Corte territoriale ha comunque legato la sussistenza del reato alla mera produzione del materiale pornografico, trattandosi di reato a dolo generico che non prevedeva alcuna finalità ulteriore rispetto alla volontà di utilizzare il minore nella produzione del materiale. 4.2. Ciò posto, il ricorrente ha lamentato che per ritenere la sussistenza del reato doveva sussistere uno scopo di natura sessuale, e che in definitiva la Corte territoriale aveva adottato un’interpretazione in malam partem, mentre la lesione del corretto sviluppo della persona offesa era legata appunto al perseguimento di scopi sessuali. Il video realizzato semmai poteva essere censurato ad altri fini, ma non penalmente rilevanti. 4.3. Come è stato già rilevato dal Procuratore generale, peraltro, in realtà il ricorrente non si confronta affatto col percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata. Vero è infatti che in ogni caso la Corte territoriale aveva comunque annotato l’indubbio scopo sessuale che aveva determinato la produzione del video in questione (che aveva ripreso il compimento di atti sessuali espliciti nel momento stesso in cui gli stessi venivano compiuti). A questo riguardo, poi, questa Corte ha già osservato che costituisce materiale pedopornografico la rappresentazione, con qualsiasi mezzo atto alla conservazione, di atti sessuali espliciti coinvolgenti soggetti minori di età, oppure degli organi sessuali di minori con modalità tali da rendere manifesto il fine di causare concupiscenza od ogni altra pulsione di natura sessuale (Sez. 5, n. 33862 del 08/06/2018, R., Rv. 273897; cfr. altresì, quanto alla finalizzazione a scopi sessuali della stessa nudità statica del minore, Sez. 3, n. 36710 del 05/07/2019, G., Rv. 277832). La sentenza impugnata (v. supra) ha ravvisato comunque la presenza dello scopo sessuale, inteso in piena coerenza con l’interpretazione adottata da questa Corte, altresì ricordando da un canto la sicura ripresa di atti sessuali espliciti e, in ogni caso, le pulsioni che detta rappresentazione visiva era destinata a provocare nello spettatore. Tanto più che è stato ribadito che la definizione introdotta nell’art. 600 ter c.p., in esito alla ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lanzarote del 25 ottobre 2007 si “accontenta” della rappresentazione “per scopi sessuali” degli organi genitali del minore (cfr. Sez. 3, n. 3110 del 20/11/2013, dep. 2014, C., Rv. 259317). 4.3.1. Il ricorrente pertanto non ha inteso cogliere la complessiva articolazione dell’iter argomentativo (che ha dato conto tanto delle riprese esplicite quanto dell’esistenza del fine sessuale, nell’interpretazione che di detto fine viene data da questa Corte di legittimità), invero evitando di porsi in diretto confronto con la motivazione (quanto alle conseguenze, cfr. ex multis Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970).
- Alla stregua delle considerazioni che precedono, pertanto, le censure siccome proposte non sono in grado di consentire l’instaurazione del giudizio processuale d’impugnazione, con la conseguente inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.