Green pass: serve carta d’identità al ristorante o al bar?


Il Governo esonera gli esercenti dall’obbligo di chiedere un documento, lasciando quello di pretendere la certificazione. Cosa rischia chi imbroglia.
Il commento girava già lo scorso fine settimana tra clienti e baristi e all’ingresso dei ristoranti. Usando la logica, spesso lontana da molti decreti approvati in fretta, da quando è entrato l’obbligo di esibire il Green pass per fare colazione o mangiare una pizza ai tavoli interni dei locali, oltre al cappuccino, la brioche o la «4 stagioni» è servita anche la possibilità di imbroglio.
L’esercente è tenuto a chiedere all’avventore se ha con sé il certificato verde. E l’affamato commensale, per potersi accomodare, deve mostrare il QR code salvato sul telefonino o stampato su carta per dimostrare che ha fatto una o due dosi del vaccino, che è guarito dal Covid o che ha fatto un tampone nelle ultime 48 ore. E fin qui, ci siamo.
Il punto è: come si fa a sapere che il Green pass che si sta mostrando appartiene davvero a chi lo sta mostrando? L’unico modo è chiedere al cliente un documento di identità per confrontare i dati con quelli riportati sulla certificazione anti-Covid.
Parlandone sabato mattina, cioè il giorno dopo l’entrata in vigore dell’obbligo di Green pass, una barista mi diceva: «Per ora, andiamo sulla fiducia. Sappiamo di essere tenuti a chiedere la certificazione ma nessuno ci ha ancora detto se siamo autorizzati a chiedere un documento di identità per la verifica. D’altronde, io sono una barista, non un pubblico ufficiale». Non aveva tutti i torti.
La risposta è stata ufficializzata dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, come riporta il Corriere.it: «I titolari dei locali non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti, faremo una circolare di chiarimento su questo. Noi chiediamo venga richiesto al chiuso il Green pass. Non si può pensare che l’attività di controllo venga svolta dalle forze di polizia. Significherebbe distoglierle dal loro compito prioritario che è garantire la sicurezza, anche della criminalità».
In altre parole, quello che il Governo ha appena confermato è che il barista o il ristoratore non potrà chiedere la carta d’identità, la patente o il passaporto al cliente che vuole consumare una colazione al tavolino interno del bar o che vuole cenare dentro il ristorante. L’esercente sarà obbligato, questo sì, a chiedere il Green pass ed a vietare la consumazione nei tavoli interni a chi ne sia sprovvisto. Ma non potrà chiedere altro. Continuerà ad andare sulla fiducia, come diceva la barista. A fidarsi del buon senso di chi vuole sedersi a bere l’aperitivo o a mangiare un piatto di spaghetti allo scoglio.
Aveva ragione la ragazza che, sabato mattina, mi spiegava: «Noi non siamo dei pubblici ufficiali». E nemmeno, aggiunge il Governo, incaricati di un pubblico servizio. Perché un locale pubblico non è sinonimo di un servizio pubblico. È proprio questo il motivo per cui si continuerà a chiedere solo il Green pass. E guai a loro se non lo faranno: rischiano, se la violazione è ripetuta per almeno tre volte in tre giorni diversi, la chiusura, da 1 a 10 giorni, dell’attività imprenditoriale.
Ma le sanzioni più pesanti sono previste per i furbi. Per chi tradisce quella fiducia di cui parlava la barista. Per chi approfitta del fatto che «tanto nessuno controlla se il Green pass è mio oppure di mio fratello o di un amico». Barista e ristoratore non possono chiedere la carta d’identità ma un agente di polizia, che è pubblico ufficiale, quello sì che lo può fare, eccome. E se durante un controllo si accorge che il cliente ha barato, c’è la doppia mazzata: una multa da 400 a 1.000 euro (e scommettiamo che chi vuole prendere in giro un poliziotto si prende il massimo della sanzione) e una denuncia per falso. La ministra Lamorgese avverte: non si escludono «controlli a campione nei locali insieme alla polizia amministrativa».
«Tanto, chi vuoi che controlli», si sente dire ancora in giro. Davvero vale la pena rischiare?
No Green pass, no vax. Stanno circolando un sacco di slogan, fake news e tante altre assurdità di chi è convinto che il covid sia solo un’influenza, che il vaccino ed il Green pass siano un primo passo per tenerci tutti sotto controllo e monitorare le nostre abitudini. IO non ci sto. Boicotterò ogni iniziativa dei no vax
che poi siamo sicuri che i nostri dati non vengano registrati da nessuna parte? Poi, non vi preoccupate se a controllare il green pass sono le persone comuni (camerieri, gestori locali, ecc)? Io dovrei mettere la mia libertà nelle mani di chi dice di avere l’autorizzazione del ministero…
Secondo me la ministra sbaglia: se una legge (legge, non DM) prevede che debba essere verificato il green-pass, automaticamente attribuisce al “controllore” il dovere di chiedere il documento di identità, altrimenti il principio sarebbe svuotato del tutto. Non solo: ma in casi di controllo come prova il ristoratore di avere controllato il green pass, visto che diventa una sorta di titolo di credito al portatore?