Autocertificazione falsa: cosa si rischia?


Le conseguenze in caso di dichiarazioni mendaci: controlli della PA, decadenza dai benefici e reati.
È il modulo più utilizzato dagli italiani: stiamo parlando dell’autocertificazione, la dichiarazione sostitutiva che consente a tutti i cittadini di attestare i propri stati e le proprie qualità personali alle pubbliche amministrazioni. Così molti requisiti (nascita, residenza, stato di famiglia, redditi, titoli di studio, condanne penali, ecc.) possono essere dichiarati direttamente dal soggetto che li possiede, senza più necessità di produrre il consueto certificato rilasciato dagli uffici pubblici. Per la validità dell’autocertificazione basta una firma, ma non va messa a cuor leggero. Il cittadino, infatti, è responsabile di ciò che dichiara e assume un preciso impegno sulla veridicità dei contenuti. In caso di autocertificazione falsa, cosa si rischia?
Le conseguenze sono di due tipi: la revoca dei benefici (economici o di altro tipo, come un’assunzione) conseguiti attraverso l’autocertificazione e una denuncia per il reato di false dichiarazioni. In tutti i moduli c’è un’avvertenza sulle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci, che molti trascurano, ma, come vedrai, sono piuttosto pesanti. Ovviamente, l’efficacia di queste sanzioni dipende dalla capacità delle pubbliche amministrazioni di svolgere i controlli sul contenuto delle autocertificazioni, in modo da scovare quelle false.
Indice
Autocertificazione: cos’è e a cosa serve?
Dal 2000, la legge [1] consente ai cittadini di fornire alle pubbliche amministrazioni e ai privati una dichiarazione sostitutiva dei tradizionali certificati: è l’autocertificazione. Questo documento va firmato dal dichiarante, ma la sottoscrizione non deve essere autenticata.
Con l’autocertificazione si possono attestare i seguenti stati, qualità personali e fatti:
- data e luogo di nascita;
- residenza;
- propria cittadinanza;
- godimento dei diritti civili e politici;
- stato civile;
- stato di famiglia;
- esistenza in vita;
- nascita di figli, decesso del coniuge, di un ascendente o di un discendente;
- iscrizione ad albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
- appartenenza ad ordini professionali;
- titolo di studio ed esami sostenuti;
- qualifica professionale posseduta, o titolo di specializzazione, abilitazione, formazione e aggiornamento;
- situazione reddituale ed economica per ottenere i benefici di legge;
- assolvimento di obblighi contributivi;
- numero di codice fiscale, di partita Iva e di altri dati contenuti nell’anagrafe tributaria;
- stato di disoccupato, pensionato o studente;
- qualità di legale rappresentante, di tutore o di curatore;
- adempimento degli obblighi militari;
- non aver riportato condanne penali e non essere destinatario di misure di sicurezza o di prevenzione;
- non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
- non essere sottoposto a fallimento, liquidazione o concordato preventivo.
Non è consentito, invece, rilasciare un’autocertificazione in sostituzione dei certificati medici e sanitari, di origine di prodotti o di conformità alle norme Ce.
L’autocertificazione va tenuta distinta dall’atto notorio [2], che è una dichiarazione resa davanti a un pubblico ufficiale o a un notaio e riguarda fatti diversi da quelli che abbiamo elencato (i più comuni sono la qualità di erede e il possesso di beni immobili); ma le conseguenze in caso di dichiarazioni mendaci, che ora esamineremo, sono le stesse previste per i casi di autocertificazioni false.
Controlli della PA sulle autocertificazioni
Le pubbliche amministrazioni non prendono per oro colato il contenuto delle dichiarazioni, ma possono sottoporle, di loro iniziativa, a controlli per verificare se quanto dichiarato dai cittadini è vero o no. I controlli vengono solitamente effettuati a campione, dunque non su tutte le autocertificazioni presentate.
La legge [3] dispone che i controlli avvengano «in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio»: quindi, saranno più estesi ed approfonditi quando l’autocertificazione consente di percepire, ad esempio, somme di denaro o di accedere a posti di lavoro. Inoltre, nei casi di «ragionevole dubbio», i controlli possono essere anche successivi all’erogazione dei benefici; perciò, il conseguimento del risultato ottenuto con la presentazione dell’autocertificazione non mette al riparo il dichiarante per il futuro.
Falsa autocertificazione: revoca dei benefici
Se dai controlli svolti emerge la non veridicità del contenuto della dichiarazione, la legge [4] prevede espressamente la decadenza dai benefici concessi, sia di natura economica sia di altro tipo, con un’importante particolarità: il dichiarante non potrà accedere a «contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di due anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza».
Quindi, l’efficacia della revoca non riguarda solo le agevolazioni già concesse in passato, che saranno recuperate ove fruite in base ad un’autocertificazione falsa, ma si protrae anche per il futuro: aver presentato una falsa dichiarazione impedisce l’accesso a benefici analoghi per il biennio successivo.
Falsa autocertificazione: quando i benefici non decadono?
C’è un’eccezione al rigido regime della decadenza che, come hai appena visto, si applica a tutti i casi in cui viene riscontrata la falsità di una dichiarazione sostitutiva: il Decreto “Rilancio” [5] ha disposto che, a partire dal 19 maggio 2020, restano salvi gli interventi, anche economici, erogati in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio.
Questo significa che, in tali casi, la dichiarazione falsa non comporterà la revoca dei benefici concessi. Le «situazioni familiari e sociali di particolare disagio» comprendono la vasta area dei sussidi erogati dai Comuni in favore di poveri e bisognosi.
Falsa autocertificazione: quando è reato?
Chiunque rilascia autocertificazioni o atti notori contenenti dichiarazioni mendaci, cioè non rispondenti al vero, commette il reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico [6] perché, come abbiamo visto, l’autocertificazione è destinata a provare la verità di un’ampia serie di fatti, stati e qualità del dichiarante, e tutte queste sue dichiarazioni si considerano come fatte davanti ad un pubblico ufficiale.
Il reato è punito con la reclusione fino a due anni e, se si tratta di false attestazioni nello stato civile, la pena non può essere inferiore a tre mesi. Questo reato di falso può concorrere con altri reati, come quello di truffa in danno dello Stato o di altri Enti pubblici se le dichiarazioni mendaci sono servite per ottenere indebitamente contributi o altri benefici economici (per un’applicazione pratica leggi “Reddito di cittadinanza: cosa rischia chi attesta il falso“).
Per approfondire la casistica leggi la rassegna di giurisprudenza “Sentenze su autocertificazione: Cassazione“.
note
[1] Art. 46 D.P.R. n. 445/2000.
[2] Art. 47 D.P.R. n. 445/2000.
[3] Art. 71 D.P.R. n.445/2000.
[4] Art. 75 D.P.R. n. 445/2000.
[5] Art. 264 D.L. n. 34 del 19.05.2020, conv. in L. n. 77 del 17.07.2020.
[6] Art. 76 D.P.R. n. 445/2000 e art. 483 Cod. pen.