Niente TFR alla moglie divorziata se l’ex marito lavora ancora


Il coniuge titolare dell’assegno ha diritto alla all’attribuzione del trattamento di fine rapporto solo quando questo risulti ormai maturato.
La moglie divorziata non può pretendere la propria quota del Tfr dell’ex marito se quest’ultimo non ha ancora terminato il proprio rapporto di lavoro. Solo dopo che sarà maturata, a tutti gli effetti, l’indennità di fine rapporto per l’uomo, la donna – titolare dell’assegno divorzile – potrà pretendere l’attribuzione dell’esatta quota a lei spettante.
A dirlo è stato il tribunale di Milano con una recente sentenza [1].
Secondo il giudice meneghino, nel corso del giudizio di divorzio, il giudice che attribuisce alla donna l’assegno divorzile deve rigettare la richiesta di attribuzione della quota di TFR dell’uomo se quest’ultimo è ancora lavoratore dipendente.
Infatti, in tale ipotesi, non si è ancora verificato il presupposto per ottenere la percezione del Tfr, ossia la cessazione del rapporto di lavoro. È solo da questo momento che – salvo vi sia già un accordo tra le parti – il giudice dovrà valutare i presupposti per l’attribuzione (in relazione agli anni di matrimonio) alla ex moglie della esatta quota a lei riservata dalla legge [2] sul trattamento di fine rapporto dell’uomo. Ogni domanda anteriore a tale momento deve ritenersi, quindi, inammissibile.
La legge [2] stabilisce che il diritto alla quota di Tfr spetta al coniuge titolare di assegno divorzile anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza di divorzio. Il che significa che tale domanda può essere sempre fatta valere in un momento successivo al divorzio stesso, ma non già prima che il diritto al TFR maturi per il lavoratore.
note
[1] Trib. Milano, sent. n. 10474/14.
[2] Art. 12 bis della 898/70.
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